Non è fuori della nostra umanità, una condizione che ci impedisce qualunque accrescimento personale. E quindi non è una deficienza di per sé, un limite. L’importante è che si possa continuare a dare, a realizzare qualcosa, e che con gli altri ci sia la fiducia reciproca.
Quando si continua a camminare insieme, mi dico sempre, allora tutto cambia. Spesso, certo, da vecchi si cammina da soli. E poi capita che ci rimproverino di ricordare solo il passato più remoto o di parlare a voce alta, a noi stessi, o con chi non c’è più. È perché torniamo indietro al tempo in cui, appunto, si avanzava insieme. E quando si procede dandosi la mano, le mani non sono mai sporche.
È una cosa che ho già detto. Anche la morte non mi spaventa, non mi intimorisce più di tanto. L’ho sempre frequentata nel mio pensiero. L’ho affrontata fin da ragazza, l’avevo messa in conto aderendo alla lotta armata. Anche se, voglio ribadirlo, io e i miei compagni di battaglia avevamo orrore della morte e volevamo vivere.
Ancora adesso amo, e tanto, la vita. E credo che non ci sia offesa maggiore per un vecchio che calpestare la sua voglia di vivere. Di godere di piccole gioie, di piccoli svaghi. Certo, in questi tempi frenetici, il nostro parlar piano, con alcune dimenticanze, capisco che possa cadere nel vuoto. Tuttavia, facendo un piccolo sforzo, vi potreste rendere conto che poi le parole arrivano.
I miei interlocutori si meravigliano, quando sono invitata a qualche manifestazione pubblica, nel constatare come ritrovi la chiarezza di sempre, allorché comincio a parlare di politica. Mentre proprio fino a qualche momento prima ero stata laconica, o poco brillante, o peggio ancora confusa.
Non so perché ciò accada, ma posso azzardare un’ipotesi: lì si sono realizzate le mie aspirazioni, lì ho trovato la mia verità, la mia ricchezza spirituale, e sono cose che non ci lasciano mai. Credo, tuttavia, che la sensazione di quanta grazia ci possa essere nella vecchiaia e la consuetudine, senza affanni, con l’idea della morte, ancora oggi che la morte si sta avvicinando, siano nate in me grazie ai miei nonni, nonna Maria e nonno Ferruccio: con la loro presenza sapevano trasformare le tragedie più terribili in momenti che poi potevano essere portatori, non dico di gioia, ma sicuramente di serenità.
Capita, adesso, anche a me con le mie nipotine. È qualcosa che ha a che fare con la leggerezza. Con gli anni si diventa leggeri, e non solo i nonni, anche le vecchie zie, forse perché ci si avvicina all’ultimo approdo e ci si libera dei bagagli inutili, ingombranti e si conserva l’essenziale.
La ventata di leggerezza che nella mia infanzia ha tante volte spazzato via la malinconia mi accompagnerà fino alla fine, e avrà sempre per me l’odore del cocomero di nonna Maria e del panetto con l’uvetta di nonno Ferruccio.
Tratto da: progettopolicoro.it