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I rapporti di Cosa nostra con Gladio e ambienti massoni e piduisti, i trasporti di armi dal Veneto alla Sicilia, gli incontri con i servizi occidentali e orientali nel carcere inglese di Full Sutton, le timidezze investigative sulle stragi, la stagione delle bombe per cacciare Falcone dalla Sicilia e poi eliminarlo nel ‘92 e gli "amichevoli" consigli di Giovanni Tinebra a lasciar perdere rivelazioni scottanti in uno Stato che difficilmente lo avrebbe tutelato.
È l’Italia segreta delle trame eversive quella che viene a galla nell'ultima intervista rilasciata da Franco Di Carlo a Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza scritta nel libro-intervista "Dietro le stragi", edito da PaperFirst - prefazione di Antonio Ingroia - frutto di sette incontri avuti con lui tra Roma e Palermo a partire dall’autunno 2018.
Di Carlo è stato un uomo-cerniera di mondi diversi: socio del principe palermitano Vanni Calvello e problem solver di Riina per l’aggiustamento dei processi; corleonese di ferro ma amico di famiglia di Stefano Bontate; di casa al Viminale (dove andava da latitante per salutare un prefetto amico) e in rapporti cordiali con il capo del Sismi Giuseppe Santovito. Un’“enciclopedia vivente” della mafia e dei segreti corleonesi: quell’impasto di forza intimidatrice, intese con politici e apparati e violenza stragista, cieca e bestiale, tenuto insieme per decenni dal collante massonico che a un certo punto della storia italiana, prova a “farsi Stato’’ insieme alla ’Ndrangheta.
Il collaboratore ci ha lasciato “quell’eredità che ancora deve essere correttamente valutata e approfondita”, ha detto il pm di Caltanissetta Gabriele Paci.
Inoltre è stato l'unico sopravvissuto di una stagione misteriosa di intrighi con radici nel 1989 (deceduto a causa del Covid nell'aprile 2020), che con le sue dichiarazioni ha aperto uno scenario inedito per le indagini sullo stragismo italiano raccontando da protagonista, per la prima volta, i rapporti della mafia con ambienti legati alla struttura Stay Behind - Gladio e alla P2.
Partendo dalle sue parole, e dagli spunti lasciati da Falcone e Borsellino, gli autori del libro hanno scritto parole che puntano al "cuore nero" dello Stato come ad esempio le audizioni rese al Csm dai pm più vicini a Falcone e Borsellino nell’immediatezza del dopo-stragi, le difficoltà incontrate dai magistrati uccisi a Capaci e in via D’Amelio persino all’interno del loro ufficio, gli ostacoli posti dal procuratore di Palermo Pietro Giammanco e per la prima volta i temi di indagine sui quali i due magistrati palermitani erano concentrati al momento della loro uccisione, a cominciare da Gladio.
Senza troppi giri di parole Di Carlo ha consegnato del materiale che per la sua complessità impone un vaglio giudiziario il più possibile rigoroso nella ricerca non di una verità “compatibile", ma di una verità in grado di svelare finalmente i volti dei mandanti occulti delle stragi e quelli dei burattinai di una stagione lunga quasi 30 anni di depistaggi, inquinamenti probatori, disinformazione e cancellazione di pezzi di storia italiana, in nome di una malintesa ragion di Stato.

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