Caro Michele, mi permetto di usare il tono confidenziale perché, per tanti anni, sei stato un assiduo frequentatore di casa mia, nel senso che ti intrufolavi attraverso l’antenna e chiacchieravi, a volte sereno, altre inquieto, ma sempre interessante, infatti non ti ho mai cacciato, non ho mai cambiato canale. Ci siamo anche conosciuti davvero, sono stato tuo ospite in una trasmissione di tanti anni fa, per me devastante. Per un professionista qual eri già, una passeggiata, l’ennesima vetrina. Già quella circostanza mi aveva fatto riflettere, avevo capito che chi fa televisione come te, televisione di alto profilo, deve fare i conti con gli ascolti, l’auditel viene prima anche della propria coscienza. Pazienza, non ho cambiato canale, ho continuato a ospitarti a casa mia, fin quando hai voluto, fin quando non sei stato tu a cambiare canale!
Proprio così, sei sopravvissuto a editti, epurazioni, confini e abiure, ma ti sei arreso al grande fratello, quando il dio auditel ti ha spogliato della tua virilità. Pazienza, ho aspettato che rinascessi con nuove idee, rinnovata classe, e infine è accaduto: sei rinato come pentito, già, proprio così. Esattamente come fai parlare il tuo pentito, Maurizio, anche tu ti sei cosparso il capo di cenere e finalmente puoi liberarti di quei pesi insopportabili che ti hanno condizionato per tanti anni: a fanculo la verità, la correttezza, la lealtà, la professionalità, la curiosità e la passione, conta solo Michele, Michele che affoga e ha bisogno di respirare nuovamente l’aria contaminata dei riflettori. Che tristezza!
Almeno è quello che penso ti sia accaduto, altrimenti non so spiegarmi come mai hai messo la tua faccia per ripulire facce immonde. Esagero? Valuta tu:
Hai scritto un libro su un assassino, l’hai raccontato come una brava persona, che ammazzava dieci, cinquanta, ottanta persone, ma qualche volta con dispiacere, con una punta di rammarico. Che umanità! Financo il suo migliore amico ha ucciso, e non perché gli avesse fatto uno sgarbo, ammesso che si possa uccidere per uno sgarbo. Macché, l’ha ucciso semplicemente perché non si può mai sapere, magari poteva dire una parolaccia a Santapaola!
Ottanta omicidi, riesci a immaginare il volto di ottanta persone, di ottanta vite, di familiari di quelle ottanta persone, amici, compagne, figli, vicini, conoscenti, anche nemici, che non potranno più parlare con loro, perché una brava persona ha deciso che non avevano più diritto a campare. Per te, Michele, è invece un coraggioso, addirittura un giusto, dal momento che si indigna per la violenza subita da una povera ragazza.
Bel lavoro Michele, a leggere le tue pagine, chissà quanti ragazzi mitizzeranno Maurizio Avola. Per fortuna, i ragazzi non leggono libri.
Vogliamo poi parlare delle sconvolgenti rivelazioni che il galantuomo Avola ti fa e che con la tua inarrivabile capacità comunicativa trasferisci nelle pagine del libro?
Parliamone.
Tutto il racconto sapientemente conduce ad un assioma: i cattivi sono quelli di cosa nostra, quella di allora che adesso non si sa bene cosa sia e quindi nessun giudizio. I buoni sono lo stato e, soprattutto, i servizi segreti. Bravo Michele, messaggio arrivato, e poi arrivato al momento giusto, quando alcune sentenze hanno finalmente certificato la contaminazione irreversibile tra stato, massoneria e criminalità. Mi riferisco al Borsellino quater, alla trattativa stato-mafia, a ‘Ndrangheta stragista, per non parlare di Rinascita Scott in fase di celebrazione. Tutti vaneggiamenti, forse addirittura complotti. La verità la conosce solo Maurizio Avola e ve la racconta Michele Santoro: lo stato ci protegge, combatte la criminalità, giammai si allea con essa. Parola di Michele, forse quello della vecchia pubblicità del whisky Glen Grant!
Stefano Mormile
Tratto da: 19luglio1992.com
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