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nuzzi gianluigi 1Intervista a Gianluigi Nuzzi
di Corrado Zunino
Roma. Gianluigi Nuzzi, il segretario della Conferenza episcopale italiana dice che la Chiesa già sapeva tutto e che Papa Francesco non sta facendo le riforme grazie al suo libro, “Via Crucis”, e a quello di Emiliano Fittipaldi, “Avarizia”.

Nuzzi ride, si sta imbarcando per Parigi, promozione editoriale. Poi dice: «Un giornalista pubblica le notizie, che il Papa e monsignor Galantino lo sappiano o no. Il punto è che il Papa conosceva i conti fuori controllo del Vaticano, i cittadini no. Ora li conoscono anche loro».

I suoi tre libri sugli scandali della chiesa stanno modificando la chiesa?
«Segnalo due cose. I protagonisti negativi di Vaticano spa e Sua Santità via via sono usciti di scena. E, poi, tutti i tentativi di autoriforma dal Novecento a oggi sono falliti. Anche la chiesa merita un controllo esterno».

Monsignor Galantino dice che non è giornalismo ricevere una scatola piena di documenti trafugati e creare collegamenti opinabili. È solo rovistare nella spazzatura.
«Offensivo e sbagliato. I documenti non sono trafugati, erano tutti nelle disponibilità di chi me li ha dati. Le mie fonti sono religiosi, persone degno di rispetto. Mia mamma mi ha insegnato: carta canta. Per un’inchiesta si parte dai documenti. Ci ho aggiunto interviste in chiaro, ricerche di fonti aperte, sopralluoghi. Galantino e la casta cattolica vogliono spostare l’attenzione sui presunti corvi, ma il problema è l’obolo di San Pietro che non va ai poveri, il banchiere Nattino che ricicla denaro via Vaticano».

Avrebbe accettato carte da Marcinkus o Pecorelli?
«No».

Ritiene che questa chiesa rubi ai poveri?
«Un pezzo di chiesa romana non ha destinato ai poveri quello che aveva promesso».

Perché i sopralluoghi in Vaticano li affida a collaboratori?
«Non vado in Vaticano da quando mi hanno negato il pass per l’ultimo conclave, altro segno del loro concetto di libertà di stampa».

Con i primi due libri ha venduto mezzo milione di copie. Ultima accusa: scrive per soldi e fama terrena.
«Ridurre il giornalismo a una questione di soldi uccide il giornalismo. Scrivo per far conoscere quello che so, un compenso mi sembra naturale. Chi lo dice ancora oggi vive in appartamenti da 500 metri».

Tratto da: La Repubblica del 9 novembre 2015

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