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lupoi-francodi Nicola Tranfaglia - 14 febbraio 2014
Donnie Brasco è lo pseudonimo di un agente dell'FB, Joseph Dominik Pistone che, pur esente da una condanna a morte della mafia, ormai revocata, continua a usare il vecchio nome, ora che lavora in tutto il mondo come esperto del crimine e testimonia, persino davanti al Senato degli stati Uniti sulle imprese delle potenti "famiglie" americane.
La sua vicenda (fece condannare, a conclusione della sua missione, oltre duecento mafiosi) è stata seguita da milioni di spettatori da più di vent'anni, non tanto quando, nel suo libro del 1987, raccontò per la prima volta la sua lunga battaglia contro la mafia americana ma soprattutto, dieci anni dopo quando due noti attori, Al Pacino e Johny Depp, hanno portato sullo schermo la sua storia con un film intitolato appunto Donnie Brasco. Potenza di un grande cinema come quello americano che gode di un mercato immenso e viene proiettato di solito nelle sale cinematografiche di tutti i paesi con i quali  gli Stati Uniti intrattengono rapporti politici e commerciali (noi, come è noto, siamo tra questi e di sicuro qualcuno tra i miei lettori avrà visto il film di Al Pacino e Johny Depp).

La vicenda di cui parliamo ora non riguarda, tuttavia, quel noto agente dell'FBI ma un suo erede - noto per ora soltanto con il nome in codice di Jmmy - che si è infiltrato in una operazione di droga che ha collegato la famiglia americana dei Gambino, uno dei cinque gruppi più potenti e famosi di New York con la 'Ndrangheta calabrese e, in particolare, ha indagato sul mafioso Franco Lupoi (in foto), nato a Brooklin 44 anni fa sposato con Elisabeth Simonetta, nata a Toronto nel 1973, figlia di Nicola Antonio Simonetta, sessantacinquenne di Gioiosa Ionica. Lupoi - già indagato negli Stati Uniti per tratta di esseri umani  e riciclaggio di denaro. Simonetta ha precedenti di droga sia in Italia che in Canada ed è in ottimi rapporti con la cosca Ursino, gli ndranghetisti di Gioiosa Ionica. Lupoj chiarisce subito che l'affare si farà in euro e i contraenti si accordano su una cifra variabile tra 22.000 e 23.000 euro al chilo.
Grazie a un'ottima collaborazione tra l'FBI e la polizia italiana che ha già portato all'interno dell'operazione New Bridge è stato possibile rivelare le nuove dinamiche del narcotraffico tra le due sponde dell'Atlantico. Come i giornali, americani e italiani ricordano in questi giorni, negli anni ottanta e novanta i Gambino stringevano accordi con la mafia siciliana, dai Bontate ai corleonesi di Totò Riina; oggi fanno affari con la 'Ndrangheta calabrese - lo ha dichiarato il capo della polizia italiana Alessandro Pansa - "arrivata ormai ai livelli più alti dei circuiti criminali internazionali." Di qui il rapporto che si è realizzato in questo ultimo episodio tra i Gambino e i calabresi facilitato dal rapporto - matrimoniale e organizzativo - tra Franco Lupoi ed Elisabeth Simonetta.
Centrale è stato - nelle indagini durate più di due anni e coordinate dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria di cui fa parte come procuratore aggiunto il magistrato scrittore Francesco Gratteri - l'apporto dell'agente dell'FBI Jmmy interessato a comprare e a vendere cocaina  e per il quale ha ritenuto di poter garantire Franco Lupoi.
Gli incontri tra l'Italia e gli Stati Uniti per concludere il maxi affare sono avvenuti con il solito linguaggio figurato (della droga si parla come se si trattasse di una automobile) e tramite una scheda telefonica acquistata per le converazioni riservate. Lupij I referenti calabresi per la fornitura di eroina sono stati, secondo l'indagine condotta dalla procura antimafia di Reggio, Francesco di Ursino (figlio di Antonio, capo ndranghetista detenuto) e Giovanni Morabito, detto u'scassaporti, della nota famiglia di Africo. Ma Jmmy consegna tutta la droga sequestrata all'FBI lasciando fuori la polizia italiana.
Da qui ripartono le indagini su un piano più ampio guardando a tutta la cocaina di provenienza sudamericana che va dagli Stati Uniti alla Calabria. L'infiltrato Jmmy nell'ottobre 2012 comunica alla polizia italiana un nuovo piano di Lupoi che ha "intrapreso (tramite il cinese Alexander Chan) proficui rapporti con un cartello criminale messicano ("Freddy") per realizzare  un traffico di cocaina su larga scala tra il Sud America e l'Italia. Un progetto che avrebbe dovuto concretizzarsi con l'acquisto di un milione di euro di cocaina da parte di alcune famiglie calabresi che avrebbero saldato l'intera partita in contanti."
Ma, a questo punto, per un sequestro di 76 chili di cocaina in Malesia, l'affare salta e, con l'intervento congiunto dell'FBI e della polizia italiana, le manette si saldano intorno a Lupoi e ai referenti calabresi.
L'operazione rivela non soltanto il primato e il protagonismo della mafia calabrese nel gioco grande tra gli Stati Uniti e l'Italia, la libertà sostanziale di cui godono mafiosi detenuti in Italia con il carcere duro che danno ordini e istruzioni ai propri figli per concludere affari di milioni di euro.
Come è possibile che tutto questo continui ad accadere malgrado le assicurazioni che arrivano dalle fonti ufficiali?

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