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strada-gino-webdi Stefano Bocconetti - 29 agosto 2013
No, proprio non riesco a capire”. Gino Strada, 65 anni, chirurgo - anzi “il medico”, come lo chiamano in tutto il mondo, che con la sua associazione Emergency ha curato quattro milioni di vittime di tutte le guerre - è appena arrivato a Venezia. A casa. Non conosce gli ultimi sviluppi della vicenda siriana. Ma non gli interessano neanche troppo: il suo giudizio sulla guerra, sulle guerre, lui l’ha già dato: “Davvero non riesco a capire: 58 anni fa, esattamente il 9 luglio del ‘55, Bertrand Russell e Albert Einstein si fecero promotori di un manifesto per dire che non ci sarebbe stata alternativa: o l’umanità avrebbe fatto finire le guerre o le guerre avrebbero fatto finire l’umanità. Tanti anni dopo, ci ritroviamo allo stesso punto. Non capisco”.

Ma come? Non capisce? Non obietto nulla di originale ma, insomma, ormai c’è una lunga letteratura sulle ragioni economiche delle guerre. Non è così?
In questo caso, mi fermo molto prima. Faccio un discorso pre-politico. Ma possibile che Afghanistan, Iraq, Somalia non abbiano insegnato nulla? Per questo non capisco: ho la sensazione di trovarmi di fronte a un potere privo di cervello. Stupido.

Resta però la domanda: si può restare indifferenti davanti alle immagini di quei bambini uccisi dal gas?
Trovo ipocrita quello sdegno. Di file di bambini morti ne ho viste tante. Troppe. L’unica cosa che non si può fare è provocare altre centinaia di bambini morti, con quel pretesto.

Ma in questo caso si parla di gas nervino.
Ammesso e non concesso che l’abbiano usato...

Perché usa quest’espressione dubitativa?
Perché non scordiamoci mai che hanno scatenato una guerra mostrando al mondo foto taroccate e una provetta di vetro vuota. Ma, ripeto; ammesso che sia così, ammesso l’uso di armi chimiche - magari come quelle usate dagli americani a Falluja - dico che in ogni caso un intervento militare non è giustificato. In ogni guerra, dalla più tecnologica alla più tradizionale, nove morti su dieci sono civili.

E allora? Ripeto: che si fa?
Che si fa? Tutto meno che una guerra. Occorre smetterla di pensare all’opzione più semplice. Fermiano quest’intervento militare. Sarà il primo, poi fermiamo il prossimo, e sarà la seconda volta. E via così.

Ma le crisi internazionali hanno “emergenze ” che non possono attendere i tempi della politica.
Ti stupirò ma ti dico il contrario: penso che molto spesso la storia, imprevedibile, ci sorprende. E riesce a trovare soluzioni in poco tempo. Se lo si vuole. Cominciamo a mettere all’ordine del giorno l’abrogazione delle guerre, cominciamo a dire che quest’obbiettivo deve avere lo stesso valore dell’abrogazione della schiavitù. E le cose cambieranno. Del resto, se si parla di tempi, è anche vero il contrario: la coalizione guidata dagli americani, ha impiegato dieci anni e centinaia di migliaia di soldati per trovare un uomo solo, Bin Laden. Saremmo alla comicità se non fosse una tragedia. E allora dico che se non si comincia mai, mai si arriva.

Una domanda che si sarà sentito rivolgere decine di volte: ma se a sollecitare l’intervento fosse l’Onu?
Non è un caso che si parla di “interventi militari mirati” senza l’Onu. E senza una risoluzione del Consiglio di sicurezza. Ma rispondo alla domanda: un intervento Onu potrebbe essere legale dal punto di vista del diritto internazionale. Ma resterebbe sbagliato. Insomma: quando un medico somministra una medicina ad un paziente e dieci volte su dieci il paziente muore, il medico cambia terapia. Se si insiste o è in malafede o, lo dicevo prima, si è privi di cervello.

E ora? Che farete?
Quello che facciamo sempre: la guerra civile siriana ha già provocato centinaia di migliaia di profughi. Stiamo dando una mano a costruire un centro a Sulaymaniyah in Iraq.

Il Fatto Quotidiano

in foto: Gino Strada

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