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ingroia-antonio-webdi Antonio Ingroia - 17 luglio 2012
Da qualche mese, pur nelle difficoltà in cui si muove il paese reale dentro una crisi finanziaria senza precedenti, e nel caos del dibattito politico che sembra ancora troppo distante dai bisogni dei cittadini, si respira un clima diverso. E' il clima promettente che, da un lato, è favorito dallo spirito di civile confronto introdotto dal governo monti e, dall'altro lato, è sostenuto da una nuova spinta propulsiva dal basso che viene dai tanti cittadini che chiedono di poter partecipare più attivamente alla costruzione di un'Italia diversa. E' una nuova stagione, forse una nuova primavera. Che può produrre frutti positivi, specie alla vigilia di quella che alcuni analisti chiamano già terza repubblica. non so quanto sia realistica una siffatta prospettiva. quel che so per certo è che ciascuno dovrebbe fare la sua parte in questa direzione. E credo che componente ineliminabile per l'avvento della nuova stagione debba essere il ripristino di buone regole del confronto anche sui terreni più delicati.

Ad esempio, si è tornato a parlare di riforma delle intercettazioni, evidenziando la necessità di un ripensamento collettivo in tema di poteri della magistratura, specialmente inquirente, al fine di scongiurare ogni forma di abuso. Non servono posizioni di pregiudiziale arroccamento da parte della magistratura, visto che negli anni si sono obiettivamente rivelati limiti e disfunzioni della normativa vigente.
Ma bisogna difendersi dai possibili abusi del potere, non dall'uso però. Voglio dire che si può e si deve discutere, ad esempio, di nuova disciplina del sistema per blindare ancora meglio la segretezza delle intercettazioni irrilevanti, ma occorre farlo affrontando il dibattito con serenità, senza estremismi ed esasperazioni pregiudiziali. Alzare la febbre del dibattito alimentando toni estremistici non serve. E non serve, anzi è controproducente e fuorviante per l'opinione pubblica agitare fantasmi come quando si avanzano accuse del tutto infondate di presunte violazioni di legge attribuite ai pm. Come hanno fatto, ad esempio, due autorevoli giornalisti come Eugenio Scalfari e Emanuele Macaluso che hanno accusato la procura di Palermo di aver commesso gravi illeciti senza esserne ben informati.
Gravi e ingiustificate le accuse di Eugenio Scalfari. Lo ha ben chiarito il procuratore capo di Palermo chiarendo ciò che andava chiarito. Ma Macaluso e perfino un giurista, seppur non penalista, come Ainis le hanno ribadite, perciò incorrendo negli stessi errori di diritto, senza
tener conto delle ovvie distinzioni, previste dalla legge e ribadite da un illustre processualpenalista come Franco Cordero, fra intercettazione diretta ed ascolto casuale di persona non sottoposta ad intercettazione ("intercettazione indiretta").
Altrettanto infondate ed ingenerose le accuse di Macaluso sulle fughe di notizie delle intercettazioni della procura di Palermo, visto che invece nessuna notizia segreta ne è effettivamente uscita. Infatti, quelle divenute pubbliche sono state solo quelle regolarmente depositate, e sono state depositate solo quelle riconducibili al tema di indagine, e che quindi possono essere ritenute rilevanti da una delle parti, pm o difese che vogliano provare la non colpevolezza dei propri assistiti. delle altre, non depositate, non è mai uscita né una riga sul contenuto e neppure esatte notizie sul numero delle stesse. se e quando se ne saprà di più, si dimostrerà che Macaluso sbaglia e di grosso. E mi auguro che avrà la sensibilità di ammettere l'errore di essere stato, quanto meno, precipitoso nei suoi (pre-)giudizi. La verità è che se si vuole voltare pagina bisogna anche smettere lo sport del tiro al piccione, dove il piccione sono certi pm, in questo momento la procura di palermo, e i tiratori sono sempre gli stessi, con qualche recente "new entry"...
Non è buon sistema per creare le condizioni di un dialogo, un confronto costruttivo al fine di preparare il terreno per un futuro di riforme condivise. Se tutto è presentato come abuso, diventa facile perfino abbracciare certi progetti di legge come la "controriforma Alfano" che, presentata come il rimedio contro l'abuso delle intercettazioni, è invece una legge contro l'uso delle intercettazioni.
Bisogna, insomma, saper distinguere. un conto è il sacrosanto esercizio del diritto di critica, altra cosa è la denigrazione gratuita, la diffamazione, la calunnia. Ogni indagine giudiziaria, ogni atto di indagine può e deve essere sottoposto a vaglio critico da chiunque, dai cittadini innanzitutto, dai giornalisti, dalla politica, e così via. purché l'uso non si trasformi in abuso, appunto. per ricostruire un clima positivo, primaverile, prodromico al cambiamento, bisogna lasciarsi alle spalle certe prassi che hanno caratterizzato il ventennio berlusconiano, con le campagne politico-mediatiche di aggressione contra personam. Ci riusciremo? per riuscirci, bisogna provarci.
Post scriptum Essendo stato da sempre lettore (ero ancora liceale quando leggevo le prime annate di Repubblica) ed estimatore di Eugenio Scalfari, non posso nascondere che mi ha fatto male quello che lui ha scritto di me. Ho commesso un errore pensando che i suoi errori giuridici sulla legislazione costituzionale in materia di intercettazioni ed immunità fossero dovuti al fatto che non sapesse di legge. Ho appreso invece di una sua laurea con lode proprio in giurisprudenza. Mi dolgo dell'errore, peraltro dettato dal tentativo - fallito - di svelenire la polemica, anche se cambia poco in merito all'infondatezza delle sue convinzioni in materia di legislazione vigente sulle intercettazioni. Scalfari, invece, ha colto l'occasione per avanzare dubbi sulle mie capacità professionali. questo mi offende perché la mia attività e la mia persona credo meritino un pò più di rispetto da un giornalista così autorevole. Quel che mi consola è che, con ben altra umiltà, un vero padre della patria come paolo borsellino non mancò mai di riconoscermi quelle qualità professionali che Eugenio Scalfari non mi riconosce. E questo mi aiuta a farmene una ragione...

Tratto da: L'Unità

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