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alfano-soniadi Sonia Alfano - 16 febbraio 2012
Sulla “tirata d’orecchi” destinata al procuratore aggiunto Antonio Ingroia c’è qualcosa che non è ancora stato detto dai commentatori: il Csm adotta nei confronti dei magistrati due pesi e due misure, due metri di giudizio assolutamente inconciliabili, come il giorno e la notte, il bianco e il nero, la legalità e l’illegalità.

Ci si chiede infatti come sia possibile richiamare Ingroia per le sue affermazioni su “forze che cercano di introdurre privilegi e immunità a vantaggio di pochi”, e per la sua dichiarazione di “partigianeria” relativa alla Costituzione italiana (fondamento della nostra Repubblica), e mantenere, invece, l’inerzia complice nei confronti di un alto magistrato quale è Antonio Franco Cassata, procuratore generale di Messina, che si trova addirittura sotto processo per diffamazione pluriaggravata contro la memoria del professore Adolfo Parmaliana (che anni fa lo denunciò proprio al Csm), contro il quale, secondo il Procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, Cassata addirittura diffuse un ripugnante dossier anonimo.

Mi fa specie dover accostare i nomi di questi due magistrati: è come paragonare l’oro al piombo. Ma è necessario, purtroppo. Perché raffrontare il diverso trattamento riservato dal Csm a Ingroia e Cassata fa capire quali siano le ragioni della persecuzione del primo e della protezione del secondo.

Nei confronti di Cassata, del quale il Csm conosce i comprovati rapporti con esponenti delle cosche barcellonesi e per essere il principale animatore di un circolo paramassonico (Corda Fratres, di cui hanno fatto parte il mafioso Gullotti, mandante nell’omicidio di mio padre, suo cognato Salvatore Rugolo e Rosario Pio Cattafi, pregiudicato, destinatario di misure di prevenzione antimafia e indicato da pentiti di tutta Italia quale boss mafioso pericolosamente legato ai servizi segreti), mai nessun provvedimento è stato preso. Al di là, naturalmente, dei provvedimenti di comodo e delle promozioni, tanto da essere posto il 29 luglio 2008 a capo della magistratura inquirente del distretto giudiziario di Messina, ruolo che ancora oggi riveste.

A nessuno pare interessare che Cassata controlli un’attività come quella del museo entoantropologico di Barcellona Pozzo di Gotto, i cui finanziamenti pubblici potrebbero essere soggetti al controllo giurisdizionale, così come potrebbero esserlo i funzionari pubblici che quei finanziamenti li dispongono. Però Ingroia deve evitare di “esternare” il proprio pensiero al congresso di un partito politico extraparlamentare.

A nessuno importa se Cassata fece un viaggio da Messina a Milano in compagnia del boss mafioso Giuseppe Chiofalo, il quale ha personalmente confermato la circostanza senza mai incontrare smentita. Però guai se Ingroia “esterna” la sua partigianeria. Per la Costituzione, mica per il boss Chiofalo!

Nessuno, all’interno del Consiglio Superiore della Magistratura, si indigna se Cassata, durante la latitanza del boss Gullotti, si fermò per strada a chiacchierare amabilmente con la moglie del suddetto latitante. E nessuno si indigna se lo stesso Cassata si è adoperato per ostacolare indebitamente indagini nei confronti di persone a lui molto legate, siano esse appartenenti alle forze dell’ordine o suoi colleghi come il dr. Olindo Canali, in questo momento l’unico magistrato della Repubblica imputato per fatti di mafia eppure scandalosamente in servizio al Tribunale penale di Milano. Però che vergogna Ingroia, che pretende di poter esprimere pubblicamente le proprie opinioni contro le devianze illegalitarie del sistema.

Il Csm non reagisce alla notizia che il magistrato Cassata chiede indebitamente ad un giovane collega di rinviare un’udienza preliminare per favorire l’elezione dell’imputato alla carica di vicepresidente del consiglio comunale di Barcellona Pozzo di Gotto. Però Ingroia non deve farsi vedere al fianco dei “maledetti comunisti”.

Se poi il nome di Cassata viene fuori da un verbale di denuncia perché legato ad un giro di prostituzione, il Csm cosa fa? Nulla. E’ chiaro. Il problema è che Ingroia non deve parlare della Costituzione! Lo stesso capo del Csm, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ieri lo ha detto a chiare lettere: “i giudici mettano fine a condotte inopportune”. Per “evitare che venga lesa l’immagine di terzietà delle toghe”. Ma non si riferiva di certo al procuratore Cassata: l’importante è che i magistrati mantengano la propria terzietà rispetto alle idee. Evitino di pensare, è un’attività sovversiva. Però, evidentemente, è concessa l’amicizia con i mafiosi.

N.B.: E’ notizia dei giorni scorsi che il figlio del dott. Cassata, l’avv. Nello Cassata, è indagato dalla Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto (organo requirente sottoposto al controllo del Procuratore generale di Messina Cassata) per associazione a delinquere finalizzata alla truffa assicurativa. Si può ritenere il dott. Antonio Franco Cassata compatibile con l’ambiente nel quale esercita, essendo il figlio indagato dagli uffici a lui sottoposti? Pare che il Csm ritenga di sì, perché mica Cassata ha invocato pubblicamente il rispetto della nostra Costituzione! E ci credo…

Tratto da: soniaalfano.it

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