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travaglio-marco-webdi Marco Travaglio - 17 novembre 2011
Giulio Terzi di Sant’Agata, Paola Severino di Benedetto, Enzo Moavero Milanesi... Prof, Grand’uff, Cav di G. Croc... Manca soltanto la contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare, anche per via della scomparsa del ministero della Marina. Chi pensava che bastasse cambiare premier e governo per archiviare il conflitto d’interessi era un povero illuso.

Il conflitto d’interessi è ormai l’unica Costituzione riconosciuta in Italia. Infatti ieri vi si è inchinato persino il capo dello Stato, ringraziando – non si sa bene a che titolo – con peana e ditirambi l’uomo del Similhaun Gianni Letta, in arte Oetzi, che da trent’anni si prodiga per gli interessi del gruppo Fininvest-Mediaset prima in azienda e poi al governo (ammesso e non concesso che vi sia qualche differenza) e che ora, alla tenera età di 76 anni, ha deciso di compiere l’estremo sacrificio del “passo indietro”. E vi hanno giurato alcuni ministri (due a caso: quelli che gestiranno Giustizia e Comunicazioni, Severino e Passera) e sottosegretari (tipo il viceletta Catricalà, uomo dal leggendario torcicollo visto che ha passato la vita a voltarsi dall’altra parte appena incontrava un conflitto d’interessi). La Guardasigilli Severino è un’avvocatessa, più che di grandi intese, di grandi imprese, essendo riuscita a difendere Eni, Enel, Sparkle, Telecom, Rai, Total, Federconsorzi, Caltagirone padre e figlia, Geronzi padre e figlia. E poi Acampora, l’avvocato delle mazzette Fininvest. E poi democristi di ogni èra geologica: Gifuni, Prodi, Rutelli, Cesa, Formigoni, col contorno di Caliendo e Augusta Iannini (del cui marito è spesso ospite a Porta a Porta). Ma, più che i clienti, della Severino preoccupano le idee: attacchi ai pentiti di mafia e alle intercettazioni, e una bizzarra esternazione sulla condanna di Geronzi per il crac Cirio (“mina il rischio d’impresa del sistema bancario”). Poi c’è Passera. Già l’idea di affidare ai banchieri la soluzione di una crisi provocata in gran parte dalle banche, non è niente male. Ma quella di mettere allo Sviluppo il capo di banca Intesa è davvero geniale. C’è stato un equivoco: si era detto larghe intese, non larga Intesa. Se oggi l’Italia non ha un euro per lo sviluppo è anche grazie all’operazione Alitalia, che nel 2008 ha succhiato 4 miliardi di denaro pubblico per pagare i debiti della parte marcia del gruppo, mentre quella sana se la pappavano i “patrioti” scelti da Passera (come advisor e creditore), fra i quali Passera (come Ad di Intesa) e alcuni debitori di Passera. Il quale poi avrà pure la delega ai Trasporti: e fino a ieri era socio e creditore non solo di Alitalia, ma anche di Ntv, cioè dei supertreni di Montezemolo e Della Valle.   Avrà anche la delega alle Telecomunicazioni: e Intesa è socia di Telecom, vigilata dallo Stato per la telefonia e concessionaria dello Stato per la tv (La7), così Passera diventerà il controllore delle sue due vecchie compagnie. C’entra pure B.? Certo che sì: Intesa l’ha salvato dai debiti con robuste iniezioni di denaro fresco, specie ai tempi della quotazione di Mediaset; nel 2007 anticipò a Forza Italia 94 milioni di rimborsi elettorali; nel 2010 predispose la fidejussione che consentì a Fininvest di non pagare a Cir i 750 milioni a cui era stata condannata in primo grado per lo scippo Mondadori; e un mese fa, quando finalmente Fininvest staccò l’assegno da 560 milioni dopo l’appello, Intesa corse in suo soccorso con un altro fido di 400 milioni. Si dirà: diventando ministro, Passera lascia Intesa. Ci mancherebbe altro. Ma davvero si può credere che, dovendo assumere decisioni in materia aeronautica, ferroviaria, telefonica o televisiva, riuscirà a dimenticare gli amici di ieri? Il primo banco di prova sarà il beauty contest, cioè l’asta per le frequenze digitali, vendute dal governo precedente alle compagnie telefoniche per 3-4 miliardi, ma regalate a Rai e Mediaset rinunciando a incassare almeno altrettanto. Vedremo se Passera oserà farle pagare anche al mero proprietario del Biscione. Casomai, se B. non dovesse trovare i soldi, potrebbe prestargli qualche altro spicciolo banca Intesa.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

 

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