Dal cessate il fuoco, ho vagato come un uomo tornato dalla tomba. La nostra casa era stata distrutta; le fotografie me lo dicevano, eppure avevo ancora paura di vederla con i miei occhi. Perché nel vedere, la ferita diventa reale; l'anima è costretta a confessare ciò che già sa. E quando finalmente mi sono trovato davanti alle rovine, ho sentito una presenza strana e orribile al loro interno. La casa, la nostra casa, sembrava respirare. Giuro di aver sentito il suo dolore premere contro il mio, come se volesse sussurrare: perdonami, non sono riuscito a proteggerti.
Un uomo è attratto dal suo dolore come la terra è attratta dalla sua stessa gravità. In rovina, si cerca la prova che il mondo esista ancora. Mentre raggiungevo Gaza City, ho sentito rumori in lontananza, risate, canti, il boato di una folla. Per un attimo ho pensato che la gente stesse celebrando la pace. Ma a Gaza non c'è pace, solo il rumore di uomini distrutti che fingono di essere sopravvissuti. E lì, in mezzo alla strada, l'ho visto, lo spettacolo della nostra dannazione.
Un cerchio di uomini mascherati stava in piedi come sacerdoti di una falsa religione, con fucili e bastoni in mano. Davanti a loro giacevano tre uomini legati, picchiati, sanguinanti, silenziosi. La folla gridava "Dio è grande", ma non riuscivo a vedere Dio lì. Vedevo solo la Sua assenza, immensa, fredda, che echeggiava nell'aria come una preghiera senza risposta. I bambini applaudivano, le donne guardavano dai balconi, e il rumore del legno che colpiva la carne riempiva la luce del giorno. E improvvisamente capii: questa non è giustizia; questa è adorazione senza Dio, fede senza misericordia, legge senza anima. Questo è il momento in cui l'uomo inizia a divorare se stesso.
Dicono che quegli uomini fossero traditori, collaborazionisti, ladri di aiuti durante l'assedio. Forse lo erano. Ma anche se la colpa fosse incisa sulla loro fronte, chi ha dato a un altro uomo il diritto di giocare a fare Dio? Chi di noi è abbastanza puro da scagliare la prima pietra? La chiamiamo resistenza, ma è lo stesso antico rituale, Caino che si erge sopra Abele, giustificando l'omicidio in nome della virtù.
Quando la legge muore, la bestia nell'uomo risorge e si proclama giusta. Non uccide per fame, ma per dimostrare a se stesso di avere ancora potere. E il potere senza coscienza è la forma finale dell'inferno. Quella notte ho sognato i tre uomini, e tacevano. La folla applaudiva e applaudiva, e sentivo il loro sangue sulle mie mani. E una voce, calma, spietata, divina, diceva: Siete tutti colpevoli. Siete tutti carnefici.
Ieri ho saputo che quegli uomini erano stati fucilati, giustiziati per strada, la loro morte applaudita da lontani patrioti. Scrivono parole come "fermezza" e "onore", mentre bevono caffè e dormono tranquilli, senza sapere che la fede senza giustizia è bestemmia.
E io, che l'ho visto con i miei occhi, non posso più pregare. Perché come si prega in una terra dove persino Dio è taciuto? Come si può parlare di salvezza quando i bambini acclamano la morte? Ho visto la Giustizia stessa, fragile, tremante, denudata, trascinata nella polvere e sputacchiata da coloro che affermano di difenderla. E in quel momento ho compreso la verità più terribile di tutte: non siamo più vittime della storia; ne siamo complici.
Ero lì, e la rovina della mia casa e la rovina del mio popolo sono diventate la stessa cosa. E ho pensato: se c'è un Dio che ancora veglia, deve piangere non per ciò che abbiamo perso, ma per ciò che siamo diventati.
#GenocidioGaza
Tratto da: x.com/ezzingaza
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