Fin dalle prime ore del mattino, io e la mia famiglia viviamo in uno stato di totale collasso psicologico.
Oggi abbiamo appreso che le nostre case, la nostra terra e l'intero quartiere, ogni casa appartenuta alla nostra famiglia e ai nostri vicini, sono state completamente rase al suolo. Rase al suolo. Ridotte a una distesa arida di polvere gialla.
Fin dalle prime luci dell'alba, abbiamo vissuto appieno il significato della sconfitta.
Abbiamo perso più di settanta membri della nostra famiglia. Abbiamo perso la nostra terra.
Ora non abbiamo una casa in cui tornare, nessun muro a proteggerci, nessun posto da chiamare nostro.
E poi, uno dei leader di Hamas appare in televisione dichiarando che "il popolo non è stato sconfitto", che "Gaza ha resistito e ha combattuto una guerra storica".
Che la storia lo registri:
Io, il dottor Ezzideen Shehab, di Gaza, insieme alla mia famiglia, ai miei amici e alle loro famiglie, non abbiamo combattuto alcuna guerra. Siamo stati vittime di un annientamento innescato da Hamas dalle nostre case, solo per vedere l'esercito israeliano piombare su di noi e scatenare tutta la sua crudeltà sui civili di Gaza, mentre i combattenti di Hamas sparivano nei loro tunnel.
Che la storia registri la verità: siamo stati sconfitti, completamente, dolorosamente e completamente.
E siamo noi, il popolo di Gaza, ad avere il diritto di dire se siamo stati sconfitti o meno, non coloro che se ne stanno comodamente seduti in Qatar o in Turchia.
Siamo stati schiacciati, umiliati e distrutti dopo che la nostra città è stata distrutta, occupata e cancellata dall'esistenza.
Siamo stati sfollati, spogliati di tutto ciò che avevamo costruito, abbandonati a vagare tra le rovine delle nostre vite.
E da qualche parte in mezzo a tutto questo, ho capito qualcosa di semplice e terribile:
le lacrime di mia madre sono più sacre della patria stessa, e la disperazione di mio padre conta per me più di qualsiasi bandiera. Perché che senso ha una patria quando divora chi ami, quando glorifica la morte ma dimentica i vivi?
Non eravamo saldi. Eravamo tenuti in ostaggio nella nostra stessa terra.
Non potevamo andarcene. Non potevamo cambiare coloro che pretendevano di governarci.
Eravamo intrappolati tra un occupante spietato e governanti che si nutrono della nostra sofferenza.
E se c'è un momento nella mia vita in cui devo dire la verità, senza paura, senza esitazione, allora è proprio questo.
Sia scritto chiaramente:
Non eravamo soldati in guerra.
Eravamo i corpi sepolti sotto di essa.
#GenocidioGaza
Tratto da: x.com/ezzingaza
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