Oggi ho visto il volto di ciò che siamo diventati: ed era sepolto nella spazzatura.
È stato dopo l'ospedale. Le mie mani odoravano ancora di sangue e iodio, come se avessi appena estratto la morte dai polmoni di qualcuno. Sono sceso in strada non come un uomo che cammina, ma come un'ombra che inciampa: logoro, senza volto, cancellato.
E poi li ho visti.
In mezzo alla strada.
Sei anime. Una famiglia. Rannicchiate insieme, non sul ciglio dove di solito muoiono i dannati, ma nel cuore della strada; come se avessero preso posto all'altare di un Dio invisibile che non risponde più.
Avrei dovuto voltarmi.
Ma la curiosità è una cosa malvagia.
Non è meraviglia; è fame.
E a volte, ti divora vivo.
Mi sono avvicinato a loro.
Erano silenziosi. Troppo silenziosi.
Un cerchio di ossa e respiro.
Ed eccolo lì.
Un pasto. O quello che pensavo fosse un pasto.
Un miracolo, forse, per un secondo.
Ma no.
Non era cibo.
Era immondizia.
Un mucchio di spazzatura.
Puzzolente. Infecondo. Un cimitero di involucri e rifiuti.
E da quella tomba avevano raschiato qualche filo di spaghetti: freddi, appiccicosi, aggrappati alla terra come se si vergognassero di essere mangiati.
E poi l'ho visto.
Il padre.
Con le mani non più mani, ma tremanti strumenti di disperazione.
Allungò la mano nella spazzatura e sollevò il cibo: non per mangiare, no, ma per nutrire.
Lo diede in pasto a sua figlia.
Una bambina.
I suoi occhi erano troppo grandi per il suo viso. Le sue labbra, screpolate. Il suo vestito, strappato come se fosse caduta nella storia stessa.
E lui le diede da mangiare la spazzatura, con amore.
Con tenerezza.
Come se fosse zuppa.
Come se fosse oro.
La tenne delicatamente.
Gliela portò alle labbra come un'offerta sacra.
E lei la prese.
Masticò lentamente.
Sorrise.
E io...
mi distrussi.
Perché in quel momento, l'universo si capovolse.
Il sacro divenne immondo.
L'immondo divenne sacro.
E non ero più un testimone;
ero un criminale.
Come oso esistere?
Come oso camminare eretto mentre quel bambino mangia dalla bocca della morte?
Non feci nulla.
Rimasi lì, paralizzato dal peso della mia inutilità.
Io, che ho parole, mani e respiro, non feci nulla.
E peggio ancora: me ne andai.
Ma no, è una bugia.
Non me ne sono mai andato.
Sono ancora lì.
#GenocidioGaza
Tratto da: x.com/ezzingaza
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