Il 16 maggio 1955 veniva assassinato il sindacalista siciliano, la cui madre Francesca Serio sfidò Cosa nostra costituendosi parte civile. Un delitto emblematico, mai davvero punito, che oggi viene ricordato da premi, libri, storici e militanti
Il 16 maggio del 1955, l’Italia fu sconvolta dall’omicidio del sindacalista socialista Salvatore Carnevale, originario di Galati Mamertino (Messina) e fondatore della Camera del Lavoro di Sciara (Palermo). Non si trattò del primo attacco politico-latifondistico-mafioso contro i sindacati siciliani. Prima di Carnevale, infatti, erano stati uccisi decine e decine di sindacalisti e capilega: dal comunista Accursio Miraglia al socialista Placido Rizzotto, dal rivoluzionario Giovanni Orcel al riformista Epifanio Li Puma, dal turatiano Lorenzo Panepinto al gramsciano Nicolò Azoti, dai martiri della strage di Portella della Ginestra alle vittime degli assalti contro le sedi sindacali.
L’omicidio Carnevale fu un delitto emblematico per tanti motivi. Per la prima volta una donna si costituì parte civile contro la mafia: era la “madre-coraggio” Francesca Serio. Il processo vide contrapposti due futuri presidenti della Repubblica: il socialista Sandro Pertini tra i banchi della Parte Civile (rappresentata dagli avvocati Nino Sorgi e Francesco Taormina) e il democristiano Giovanni Leone (difensore degli imputati). Lo scrittore Carlo Levi dedicò alla vicenda uno dei suoi bei libri: "Le parole sono pietre" (con il titolo tratto da una frase pronunciata dalla madre della vittima). Il poeta Ignazio Buttitta dedicò all’eroico sindacalista una delle sue poesie più celebri: "Lamentu ppi la morti di Turiddu Carnivali". E pure il cinema si occupò del delitto: l’attore Gianmaria Volontè interpretò Turiddu Carnevale nel film "Una vita da bruciare" dei fratelli Taviani, ispirato al suo sacrificio.
Salvatore Carnevale era inviso non solo alla mafia e ai latifondisti, ma anche a settori significativi delle forze dell’ordine dell’epoca, come raccontato dal giornalista Dino Paternostro, responsabile “Archivio e Memoria storica” della Cgil di Palermo e Provincia:
“Dai primi di agosto del 1952, il giovane sindacalista fu costretto ad andar via da Sciara, per rifugiarsi a Montevarchi, in provincia di Arezzo. Probabilmente, per sfuggire alla mafia di Caccamo, che il 7 agosto aveva assassinato Filippo Intili, sindacalista del luogo. Oppure perché temeva una dura condanna al processo per l’occupazione del feudo Notarbartolo. Tornò a Sciara due anni dopo, e subito diede impulso a nuove lotte per chiedere l’assegnazione della terra ai contadini (dei 704 ettari scorporati, infatti, ne erano stati assegnati appena 202), occupando nuovamente il feudo Notarbartolo. Ancora una volta, Carnevale fu minacciato dai mafiosi, denunciato dalle autorità e condannato a due mesi di carcere con la sospensione condizionale della pena. Dopo essere diventato disoccupato, inaspettatamente, gli fu offerto un posto di lavoro nella cava Lambertini. Carnevale accettò e il 29 aprile 1955 cominciò a lavorare. Ma anche qui continuò la sua attività sindacale. Nonostante minacce e avvertimenti, il 12 maggio Turiddu proclamò lo sciopero dei cavatori per il rispetto dell’orario di lavoro e il pagamento del salario di aprile. All’iniziativa aderirono trenta dei sessantadue operai: un successo sindacale, organizzando gli operai per rivendicare il diritto alle otto ore lavorative”.
Francesca Serio
Nella tarda notte del 16 maggio del 1955, Carnevale si incamminò, come sempre, in direzione della cava di Sciara, per raggiungere puntualmente il luogo di lavoro. La madre lo avvertì di un brutto sogno premonitore e lo avvisò di stare “attento alla cava”. All’alba, Salvatore Carnevale fu raggiunto da un commando che lo uccise a colpi di fucile.
La madre Francesca Serio si recò a Palermo e presentò un esposto contro quattro dipendenti di un latifondo. I quattro campieri furono arrestati e rinviati a giudizio dalla Sezione Istruttoria di Palermo, su richiesta del sostituto procuratore generale Pietro Scaglione (ucciso il 5 maggio del 1971), che, nella sua requisitoria, denunciò il sistema iniquo del latifondismo, esaltò l’attività sindacale di Carnevale e le lotte contadine, parlando di “febbre della terra”.
In tempi recenti si scoprì che, pochi giorni dopo l’assassinio di Salvatore Carnevale, era stato sventato un nuovo delitto eccellente ai danni del nuovo segretario della Camera del Lavoro di Sciara, come rivelato da Pippo Oddo, scrittore, storico, docente e, negli anni Settanta, leader della FederBraccianti siciliana:
“Additando ancora una volta alle nuove generazioni l’olocausto del sindacalista Salvatore Carnevale, anni fa, nel mio libro “Il miraggio della terra”, pubblicai un documento inedito mai indagato da uno studioso e ignorato dalla stessa Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere, che pure condannò all’ergastolo i quattro imputati (poi assolti in Appello e in Cassazione), ma non i mandanti dell’omicidio e ispiratori del documento intimidatorio. In buona sostanza, giovedì 19 maggio 1955, tre giorni dopo l’omicidio eccellente, sotto la soglia della porta dell’abitazione del nuovo segretario della Camera del lavoro di Sciara, Salvatore Polizzi, sua figlia Concetta trovò una lettera anonima che annunziava la morte certa del padre e dell’amico fraterno di Carnevale, Sebastiano Russo…”
Secondo Pippo Oddo, 85 anni, originario di Villafrati (Palermo), “a leggere bene le carte del processo contro gli assassini di Carnevale e le altre vicende ormai di pubblico dominio, ci sarebbero le condizioni per rendere finalmente giustizia al sindacalista di Sciara e agli altri eroi abbattuti dalla barbarie mafiosa. La mia è, però, ed è destinata a restare una vox clamantis in deserto”.
Oggi, la memoria di quel delitto eccellente impunito di 70 anni fa è tenuta viva, tra gli altri, dalla Cgil, da Libera, dal Comune di Sciara, dalla “Fondazione Socialista Antimafia Carmelo Battaglia” (guidata dal docente universitario Antonio Matasso, ideatore del meritorio “Premio Salvatore Carnevale”) e dal “Circolo Socialista Nebroideo Indipendente Italo Carcione” (presieduto dal professore Fabio Cannizzaro, promotore del meritorio “Premio Francesca Serio”).
Tratto da: famigliacristiana.it