Una delle cose che caratterizzano questo governo neofascista è il progetto di voler formare una cultura di destra e sostituirla a quella, sinora maggioritaria, della sinistra. Il termine “maggioritaria” è inesatto, in quanto si presume che esista una cultura di destra, magari minoritaria. La destra, particolarmente quella italiana, ha da sempre avuto questo complesso d’inferiorità e il motivo è semplice: non esiste e non può esistere nessuna cultura di destra: i valori essenziali di rispetto delle altrui idee, dell’altrui persona di qualsiasi appartenenza etnica, di libertà come principio di cui ogni uomo ne detiene una parte, il diritto di ogni uomo a poter vivere in una società in cui ci sia un’equa distribuzione della ricchezza, la sostituzione dell’amore reciproco all’odio, insomma una lettura aggiornata dei tre immortali principi della Rivoluzione Francese, tutto ciò non ha nulla a che fare con la destra. Detto ciò non si vuole negare che esista una subcultura di destra, che in alcuni momenti e in ogni parte del mondo sia stata anche dominante. Verga, Nietzsche, D’Annunzio, Marinetti, Pirandello, Ezra Pound, Giovanni Gentile, sono aspetti della genialità umana, con valori che sarebbe difficile definire di destra, ma che sono tali per scelta personale, a monte delle caratteristiche della loro opera e che rendono molto labili i confini tra destra e sinistra. In Italia è successo che, dopo la seconda guerra mondiale, il meglio dell’intelligenza italiana ha trovato nella Resistenza e nei principi della costituzione le linee guida della sua produzione. La felice stagione della casa Einaudi, con Vittorini, Leone Ginzburg (1909), Massimo Mila (1910), Norberto Bobbio (1909), Cesare Pavese (1908), affiancati successivamente da altre figure come Natalia Ginzburg (moglie di Leone) e Giaime Pintor, ma anche le produzioni delle maggiori case editrici italiana, da Il Mulino a Laterza erano punti di riferimento della cultura di sinistra con il contributo di artisti di grande levatura: ne cito solo alcuni: Giorgio Bassani, Vasco Pratolini, Beppe Fenoglio, Mari Luzi, Eugenio Montale, Alberto Moravia, Ignazio Silone, Leonardo Sciascia, Danilo Dolci, Italo Calvino, Carlo Cassola, Elsa Morante, Paolo Volponi, Pier Paolo Pasolini, Umberto Eco, Franco Fortini, Carmelo Bene, ma anche i registi del neorealismo, Rossellini, De Sica, e poi Visconti, Fellini, Taviani, Antonioni, Tornatore, Sorrentino, gli innumerevoli docenti e ricercatori universitari, le grandi firme del giornalismo, a partire da Eugenio Scalfari, per non citare i riferimenti europei della Scuola di Francoforte (Adorno, Horkheimer, Marcuse, Habermas), Jean Paul Sartre, Jacques Prevert, Eugene Ionesco, Vladimir Maiakovskij, Bertold Brecht, Federico Garcia Lorca, Picasso, Guttuso, Pablo Neruda, Erich Hobsbown, ecc. Non c’è partita. Mi fermo perché la grandezza di questi uomini ha avuto come “brodo di cultura” e quindi come Weltangshaung le nobili idee della sinistra, rispetto alle quali la destra europea nazifascista sconfitta ben poco poteva opporre, se non il liberalismo ondivago di Montanelli, l’analisi storica di Rosario Romeo e tutte le strategie della destra democristiana più retriva, arroccata su un anticomunismo feroce, ma senza proposta o risposta. Ci provò, dopo la rivoluzione giovanile del 68, uno dei più raffinati intellettuali di sinistra, improvvisamente transitato a destra, Armando Plebe, con la collaborazione di alcuni docenti universitari, ma senza alcuna fortuna. Adesso che le condizioni stanno cambiando o sono cambiate, si ritorna all’obiettivo di creazione di una cultura di destra, iniziato con Berlusconi, (che ha risucchiato la Einaudi) e oggi affidato al ministro Giuli, in Italia, e ai padroni dei network su scala mondiale. La cosa non funziona o stenta a decollare perché non ci sono uomini, soprattutto scrittori, pensatori, artistiche possano ispirarsi a principi poco nobili su cui sviluppare le loro opere. In questo senso la politica precede spesso la cultura, prima di orientarla, e di politiche di destra è pieno il mondo: sono stati rispolverati termini come “sovranismo”, “populismo” accanto a quelli comuni di xenofobia , omofobia, antidivorzio, antiaborto ecc, ma il principio base è quello di cancellare radicalmente quel che resta nel mondo dell’ideologia di sinistra. Ho letto di uno stato americano che ha cancellato o vuole cancellare l’evoluzionismo e di qualche altra scuola che ritiene pornografico, e quindi da bandire dalla cultura scolastica, il David di Michelangelo. Quando si arriva a tanto, abbiamo trasmesso. E’ pacifico che quest’obiettivo, non può che avere dietro tutti i grandi nomi della finanza, i proprietari di mezzi di comunicazione, i mercanti di armi, i mafiosi, gli sfruttatori delle ricchezze del pianeta, insomma ciò che riesce ad aspirare costantemente risorse economiche per costituire costanti ricchezze e saperle mantenere. Tutto ciò non potrebbe avere il consenso della maggioranza della gente se non fossero state elaborate tutte le strategie di convincimento secondo cui il capitalismo, come metodo, strategia di governo e regola della storia, è l’unica soluzione possibile, con la conseguente criminalizzare tutto ciò che può avere un vago riferimento di sinistra. E così si arriva al ridicolo che la parola “comunista” è considerata un’offesa o un modo di operare di un qualsiasi rappresentante di un organismo istituzionale, qualora il suo operato sia conforme, anche a scontati principi legislativi e costituzionali. Le definizioni di “comunista” che Trump da a chi , pur essendo stato un suo sostenitore o un uomo da lui scelto che non sottostà ai suoi ordini ne sono un esempio. La definizione è stata anche affibbiata a Papa Bergoglio: del nuovo è ancora presto per valutare. E’ chiaro che in questo panorama la subcultura di destra, con tutte le sue bassezze, i suoi odi, la necessità di contrapporsi a qualcosa o a qualcuno, la sua concezione piramidale della vita, ha lo spazio che riesce a conquistarsi come cultura delle idee dominanti che sono quelle che appartengono alle classi dominanti, come dice il cattivissimo comunista Marx. Non siamo più ai tempi in cui i comunisti mangiavano i bambini, poiché non c’è più bisogno di ricorrere a queste rozze panzane: il crollo dell’impero sovietico, la dissoluzione dell’ideologia che è andata perdendo sempre più punti di riferimento, il divario troppo grande tra chi sta nel posto di comando e chi è costretto ad eseguire, ha chiuso molti spazi e dato la stura alla disumanità, alla menzogna, alla prepotenza, allo sfruttamento, alle nuove schiavitù, all’appropriazione delle conquiste dell’Intelligenza artificiale per dominare il mondo. In Italia la situazione è ancora agli inizi: squallidi pennivendoli con profonde convinzioni neo-fasciste, come Sallustri, Vittorio Feltri, Sechi, Porro, Veneziano, Sgarbi, Vannacci, ci provano giornalmente, a costo di mistificare qualsiasi notizia e di presentarla come critica della sinistra e apologia della destra. Non sembra che tali strumenti abbiano portato grandi risultati concreti, a parte i consensi degli inguaribili lettori che ci credono come vangelo. La RAI è stata interamente normalizzata, allineata alle direttive provenienti da Mediaset, e qualche residua voce alternativa è stata rimossa e costretta a cercarsi uno spazio in altri canali, non ancora del tutto allineati alle strategie governative. Quindi possesso dell’informazione, proprietà delle case editrici, delle testate giornalistiche, apoteosi del leader, qualche vaga verniciatura di sinistra, ove occorra, per attirare gli sciocchi, smobilitazione dell’associazionismo e di tutto ciò che può creare gruppo e cultura, poiché il gruppo valuta, discute, critica e la cultura contiene germi di analisi che possono aprire spazi al dissenso. E’ possibile che questa gigantesca offensiva produca un topolino o che diventi il modo di essere e di pensare della maggioranza nel presente secolo; in mezzo c’è quella vasta marea di gente a cui non fotte niente, che è priva di riferimenti e vuole esserlo, tanto destra e sinistra, dicono, sono la stessa cosa, che mugugna, ma non sa fare altro per essere presente anche alla propria dignità. Cioè il nulla. Se volessimo essere coerenti con il materialismo dialettico marxista, prima o poi la ruota girerà, le regole della storia cambieranno, ma Marx non poteva prevedere che la struttura sedimentata del potere, ad oggi ha creato anche le strategie affinchè ciò non avvenga. Rispetto alla inevitabilità dell’antitesi dei movimenti storici, cioè dell’emergere dei conflitti sociali in grado di cambiare le regole del gioco i padroni del vapore hanno predisposto una capillare griglia di protezione che li accredita come salvatori rispetto alle insidie o alle “malefatte” di quelli che chiamano terroristi, o peggio ancora “anarchico-insurrezionalisti”. Quindi un buio medioevo senza che ancora spunti una luce in fondo al tunnel, a meno che ognuno non cominci a dire: “Io sono la luce”.
Tratto da: ilcompagno.it
Foto © Imagoeconomica

La sub-cultura di destra tra rigurgiti e progettualità
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