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Partinico non è nuova a fatti di sangue, anzi non lo è mai stata. Un vecchio motto, molto noto nei paesi vicini, diceva: “Partinicu paisi di scunfortu: o tira ventu o sona a campana a mortu”. Terribile anche il giudizio che ne ebbe a dare il noto antropologo Salamone Marino: “Partinico adora un solo dio: l’omicidio; a un solo santo si raccomanda: alla carabina. Par nato dal sangue e pel sangue; e lo sparge in pubblica piazza in pieno mezzodì, senza scrupoli e senza paura. Inorridisco a dirlo, ma fu in Partinico che si ammazzò... un assai dabben notaio!”.



riina roberta zanini emilio

Sorvolando sui delitti del secolo scorso, entriamo nel 2000, anzi nel 18 ottobre 2005, allorché il corpo di Roberta Riina veniva scoperto dalla sorella Rosalinda, con il cranio fracassato, riverso sul suo letto. Aveva 22 anni ed era una bella ragazza, senza particolari legami sentimentali, studentessa di scienze della comunicazione. Alcuni mesi dopo, in una notte del giugno 2006, al pronto soccorso di Partinico si presentava una giovane, Rita Greco che diceva di essere sfuggita a un maniaco, dopo avergli strappato una ciocca di capelli. Venne individuato il responsabile, Emilio Zanini, di 42 anni, detto Diabolik, perché abile nei furti d’appartamento. Pare che tra i tanti episodi aggressione e di violenza sessuale, dei quali è stato denunciato, ci sia pure quello nei confronti di sua nonna, 90 anni. Le analisi del DNA e i riscontri individuano in lui anche l’omicida di Roberta Riina, il quale sta scontando in carcere 22 anni.

2.6.2016. Due fratelli di Partinico, Francesco (48 anni) e Giuseppe Autovino uccidono a coltellate Antonio Salvia (24 anni). a Pare che tutto sia cominciato con il danneggiamento dell'auto, una Fiat Uno di Francesco Autovino avvenuta il 13 maggio 2016 in via Cimabue a Partinico. A incendiare la vettura sarebbe stato Gianluca Rizzo (26 anni) che fa il carrozziere. Rizzo si era recato la sera prima a casa di Autovino, assieme ad Antonino Salvia, per dire che non era stato lui a dare fuoco alla vettura. Qui aveva trovato il fratello Francesco, con il quale avrebbe avuto una colluttazione, a conclusione della quale Rizzo è stato costretto ad andare in ospedale per farsi medicare, assieme a Salvia che è deceduto poco dopo. Francesco Autovino, è stato condannato in primo grado a 22 anni di reclusione per omicidio volontario e rissa aggravata. Dopo aver scontato più di 2 anni e mezzo in carcere, è tornato in libertà.



borgia lacramioara

22 novembre 2019. Antonino Borgia, 56 anni, noto imprenditore partinicese, padre di tre figli, uccide Ana Maria Lacramioara Di Piazza, di appena 30 anni, che aveva messo incinta e che era già madre di un altro figlio. L’omicidio scuote la città per la sua efferatezza, poiché, è scritto nella sentenza, “è tale da destare profondo senso di ripugnanza in ogni persona di media normalità". La vittima è una rumena da anni abitante a Giardinello: Borgia accoltella a più riprese la donna, che riesce a sfuggirgli, ma egli la riprende, la carica sul furgone e la finisce in una campagna lontana, con un colpo alla testa ("per non farla soffrire", ebbe a dire). Dopo aver sepolto il cadavere, Borgia se ne va dal barbiere, poi al bar, poi addirittura al commissariato di Partinico, per chiedere alcuni documenti. Al processo si difende sostenendo che la donna lo ricattava, minacciando di rivelare alla moglie la loro relazione, e che aveva agito in preda a un raptus. In primo grado la corte d’Assise ha condannato all’ergastolo l’imputato, non avendo creduto alla tesi del raptus, ma a quella della premeditazione: dalle intercettazioni in carcere, si evince la scarsa stima di Borgia per la donna, definita "troia", "buttana", ritenendo giusto di averle "schiacciato la testa" perché "era romena e mi chiedeva il pizzo, mi ha portato all'esaurimento”. Alla moglie avrebbe detto che “rappresentava se stesso come il risoluto castigatore", e di avere programmato la morte della poveretta: 'io già avevo la legna, tutto preparato... io lo sapevo cosa dovevo fare... la facevo scomparire completamente... avevo anche preparato l'acido cloridrico per poi...' In primo appello è ergastolo, in secondo la Cassazione non riconosce l’aggravante della crudeltà e con una serie di motivazioni discutibili riduce la pena a 19 anni e quattro mesi sino alla successiva definitiva conferma dell’ergastolo.



la rosa paolo

14 gennaio 2024. Davanti a una discoteca di Balestrate muore, nel corso di una rissa, un giovane partinicese di 22 anni, Francesco Bacchi. Sette sono gli indagati per la rissa, ma l’omicida confesso è Andrea Cangemi, 21 anni, il quale sostiene di essere stato provocato da Bacchi e di averlo poi ucciso a calci. Un ruolo di primo piano sembra averte avuto anche Christian Leto, 21 anni, un ragazzo che vive in una comunità, che, dopo l’arresto iniziale, è stato rilasciato. Non è la prima volta che succedono omicidi del genere in zona: il 23.2.2020 è stato ucciso a coltellate, nel corso di una rissa davanti alla discoteca Millennium di Terrasini, a pochi chilometri da Partinico, Paolo La Rosa (21 anni): l’assassino, Pietro Alberto Mulè, dopo i tre gradi della sentenza, è stato condannato dalla Cassazione a 23 anni 6 mesi e 24 giorni. La ricostruzione ha accertato che Mulè, aveva appena finito di litigare con un buttafuori, e all’uscita si è scagliato contro La Rosa, che ben conosceva, e che era contrario alla sua frequentazione amorosa con la sorella di Paolo. Un taglio di coltello alla giugulare e Paolo non ha avuto neanche il tempo di sentirsi morire. Alla rissa avrebbero partecipato anche il cugino Alberto Pietro e Rosario Namio, tutti originari di Camporeale.

17.3.2025. Anche se non c’è stato un omicidio, non si può non citare, in questo contesto, l’accoltellamento, con due feriti non gravi, avvenuto a Partinico in via Cammarata, a causa di un fidanzamento tra i rispettivi figli non accettato dalle due famiglie. A finire in ospedale i due consuoceri, di quarantaquattro e quarantasette anni, il primo per due coltellate subite alla mano e ad un fianco, il secondo per un forte colpo alla testa. Pare che i genitori della ragazza avrebbero cercato e trovato i due ragazzi appartati, qui sarebbe nata una prima lite, a seguito della quale il ragazzo, in un momenti di rabbia avrebbe rubato l’auto della madre della compagna abbandonandola il mezzo a qualche chilometro di distanza completamente distrutta Nel frattempo in via Cammarata i due capifamiglia consumavano uno scontro violento, facendo volare piatti, bicchieri, persino mattonelle e coltellate.



vaccaro gioacchino

29.3.25. Gioacchino Vaccaro, 46 anni, muore a causa delle ferite alla testa riportate nel corso della colluttazione con due altri uomini. La vittima ha un piccolo negozio di frutta e verdura. La prima versione è che in un certo momento, sentendo un’auto transitare a velocità sostenuta, il figlio del Vaccaro, 17 anni, si mette ad inveire: la macchina si ferma, ne scendono i fratelli Leonardo (45) e Antonio Failla (30 anni), i quali cominciano a colpire il ragazzo. La madre corre ad avvertire il marito, che cerca di difendere il figlio, ma viene fatto oggetto di pugni e calci, rimane a terra dolorante, e muore all’ospedale di Partinico, dove è andato a farsi controllare. I fratelli Failla, che la sera si presentano in caserma, sostengono di essere stati provocati da Vaccaro padre, che il figlio sarebbe intervenuto dopo e che la vittima sia morta per altre cause, non per il loro pestaggio. Le immagini di una telecamera confermano questa versione: i Failla avrebbero fatto un sorpasso azzardato nei confronti dell’auto della famiglia Vaccaro, padre e figlio, i quali avrebbero iniziato la lite con Antonino Failla. Nel frattempo sarebbe intervenuto con la sua auto Leonardo Failla e sarebbe iniziata una violenta rissa, Vaccaro, dopo le botte, si sarebbe messo alla guida dell’auto, in apparente buono stato di salute, ed sarebbe tornato a casa. Poco dopo si è sentito male, è andato all’ospedale, e qui poco dopo è morto a causa di un collasso. Il Gip ha escluso al momento il nesso di causalità tra la rissa e il decesso perché nella Tac effettuata su Vaccaro all’ospedale sono state escluse lesioni interne.
Molto più denso è l’elenco dei delitti di mafia.


Delitti di mafia

2.1995: Nei pressi di Terrasini, all’interno del bagagliaio di una macchina, una Golf, è ritrovato il corpo di Francesco Brugnano, (63 anni), un commerciante di vini partinicese, abitante a Carini, che, si presume, essere stato un informatore del maresciallo Lombardo. Qualche mese (4 marzo 1995) dopo Lombardo, che aveva incontrato Gaetano Badalamenti in America, e si apprestava a reincontrarlo, venne trovato morto dentro la sua macchina, nei pressi della caserma di Palermo Bonsignore, e le indagini conclusero che il suo era stato un suicidio, cosa a cui la famiglia non ha mai creduto.

4.1.1997. Viene ucciso a colpi di pistola, nei pressi del suo terreno in contrada Cambuca, Giuseppe La Franca, un avvocato già dipendente del Banco di Sicilia e in pensione. Franca stava preparando un libro sul passaggio dei Garibaldini a Partinico e sugli eventi sanguinosi ad esso connessi. E’ ucciso dai fratelli Vitale, soprannominati Fardazza, Leonardo e Vito, nuovi capimafia di Partinico, che si erano impossessati di un casolare di proprietà di parenti del La Franca, il quale si rifiutava di vender loro i suoi terreni. L’omicidio fece molto scalpore, al punto che a Partinico venne lo stesso presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, il quale ebbe a dire: “Non un palmo di territorio deve essere fuori dal controllo dello stato”. Mentre lui parlava, a pochi metri di distanza i Fardazza continuavano a sversare sulla strada i liquami delle loro vacche.

23.11.97. Nei pressi dell’Ospedale Civico di Partinico viene ucciso a pistolettate Antonino Geraci, detto Nenè il Giovane per distinguerlo da suo zio Nenè Geraci, il Vecchio, boss assoluto di Partinico, il cui nome si trova in tutti i delitti di mafia avvenuti durante “il regno” dei Corleonesi. L’omicidio è stato consumato da Marcello Fava, già condannato a 14 anni per l’omicidio di Tommaso Lo Presti. Fava ha raccontato che suo fratello, che, al contrario di lui non è pentito, assieme ad un altro pentito, Giuseppe Arena, ha dovuto fare un favore a Vito Vitale-Fardazza, poiché Nenè il giovane sembrava voler raccogliere l’eredità dello zio e sostituirlo come capomafia a Partinico. Nell’omicidio sembra essere stato coinvolto anche Giuseppe Landolina. Per questo omicidio Vito Vitale è stato condannato all’ergastolo.

20.6.1998. Esecuzione di Salvatore Reina, salumiere di Partinico. L’omicidio è commissionato da Giusy Vitale, che, dopo l’arresto dei suoi fratelli ha preso le redini e la reggenza della cosca, mostrando di essere capace di guidarla. In una intercettazione si sente Giusy che parla con Michele Seidita, il quale, poco prima di mezzanotte esegue il delitto, avendo come palo il marito della Vitale Angelo Caleca.

10.4.1999: È ricordato come “il delitto del panificio”: Salvatore Bagliesi irrompe nei locali del forno in cui stava lavorando Francesco Paolo Alduino e lo uccide assieme a Roberto Rossello. Bagliesi, assolto in primo grado e condannato all’ergastolo in appello, poche ore prima della sentenza fugge facendo perdere le sue tracce. Ben poco si sa di questo doppio delitto, se non che gli Alduino non volessero accettare le pretese di comando della cosca mafiosa dei Vitale-Fardazza.

3.10.2005. E’ la volta di Maurizio Lo Iacono (35 anni): un vero e proprio agguato mafioso nei confronti di un sorvegliato speciale, accusato di associazione mafiosa, abitante in via Piero Della Francesca a Partinico, sorpreso nel momento in cui usciva di casa: due killer, col volto coperto da due caschi integrali sparano 15 colpi contro il figlio del boss Francesco Lo Iacono, in carcere sotto il 41 bis, schierato con Bernardo Provenzano, indicato da Giovanni Brusca come il traditore di Totò Riina, favorendone l’arresto. Interessante, in tal senso, la deposizione di Giovanni Brusca: «L'ipotesi però che sia io sia Bagarella - disse Giovanni Brusca - prediligevamo era che la soffiata giusta fosse arrivata da Partinico e, al riguardo, pensavamo a Francesco Lo Iacono e Antonino Geraci. Quest'ultimo, infatti, non aveva gradito l'omicidio del suo consuocero Gaetano Carollo e di suo figlio». «Geraci - aggiunse Brusca - era molto vicino a Francesco Lo Iacono, a sua volta, legatissimo a Bernardo Provenzano. In altri termini la mia ipotesi è che Geraci (o Lo Iacono oppure, in ultima analisi, Domenico Salvia) avesse fornito a Brugnano (un confidente assassinato a Terrasini) indicazioni sui Ganci per pervenire all'arresto di Riina e che Brugnano avesse girato la notizia al maresciallo Raffaele Lombardo, morto suicida”. Maurizio Lo Iacono era agli arresti domiciliari poiché i giudici della corte d’Appello avevano annullato, per un vizio di forma, il processo con cui era stato condannato a nove anni di reclusione.

13 7.2007. Tocca a Giuseppe Lo Baido (36 anni), figlio naturale del vecchio capomafia Francesco Lo Iacono. Su di lui grava il sospetto, se non la certezza, che sia stato il killer dell’omicidio di Maurizio Lo Jacono. A eliminarlo è Corrado Spadaro, (39 anni) con la collaborazione di Sergio Macaluso, suo cognato, al quale avrebbe poi dato 5 mila euro. I due aspettano che Lo Baido Rientri a casa, e parcheggi l’auto In un primo momento il fucile a canne mozze usato da Spataro non funziona, e così l’assassino va a cercare una Smith&Wesson e spara due colpi, uno al collo e uno alla tempia di Lo Baido. I due danno fuoco alla Uno dalla quale erano scesi e salgono su una Seat Ibiza, allontanandosi verso Palermo e sbarazzandosi dell’arma del delitto. Due mesi prima del delitto gli era stata bruciata la macchina. L’omicidio di Lo Baido e quello di Cusumano erano stati commissionati da Francesco Lo Jacono, per vendicare l’assassinio del figlio Maurizio.

12.2.2008. Uccisi intorno alle sette di mattina, nei pressi del bar Bono, a Piazza Santa Caterina Giampaolo (29 anni) e Giuseppe Riina (33 anni): figli di Salvatore, ucciso dieci anni prima. Le due vittime erano titolari di una piccola impresa edilizia che si occupava di movimento terra e che aveva ottenuto piccoli appalti dai comuni di Partinico e Giardinello. Per i due delitti sono stati condannati all’ergastolo Leonardo Vitale e sua sorella Giusy, diventata intanto collaboratrice di giustizia, è stata condannata a 12 anni. Anche Michele Seidita sembra essere coinvolto nel delitto.

2.9.2011. Nell’androne della sua casa è ritrovato il corpo di Giuseppe Cusumano (34 anni), freddato con tre colpi di una calibro 7,65, dopo essere stato pestato a sangue. A ucciderlo, assieme a Sergio Macaluso, è stato un altro suo cognato, Domenico, fratello di Corrado, che in quel momento era agli arresti domiciliari. Giuseppe Cusumano l’8 luglio del 2001, era stato infatti arrestato, insieme ad altri due partinicesi, uno dei quali figlio del boss Giovanni Bonomo, a seguito della scoperta, a Menfi, nell’agrigentino, di una grande piantagione di marijuana, 13 mila piante, in serra, e 33 chili di “erba” pronta per essere spacciata, con un profitto stimato in circa 80 miliardi. Avrebbe dovuto sposarsi tra pochi giorni.

Conclusione: il panorama è tragico: per un banale litigio, per un gesto, per un amore clandestino, si corre il rischio di essere uccisi in un clima di assoluta mancanza dei più elementari valori di rispetto dell’esistenza altrui e in presenza di tracotanza, culto dell’esibizione di forza, convinzione che tutto sia possibile, al di là di qualsiasi regola di civile convivenza. Ci sono poi faide, agguati, sparatorie da western, coltellate, selvagge violenze sui corpi feriti.
   

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