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Lo storico israeliano: “Israele è guidato da una élite messianica che sogna di modellare il nuovo Medioriente con la complicità di un mondo sempre più a destra e in spregio dell’ONU”

Israele non avrà mai pace né sicurezza finché non metterà fine all'occupazione di milioni di palestinesi”. “La pulizia etnica iniziata nel '48 è la causa, la guerra la risposta”. A dirlo, in una lunga intervista a La Stampa, è il noto storico israeliano Ilan Pappé. “Hamas ha indubbiamente compiuto un massacro di civili”, ha detto Pappé rispondendo a una domanda sul 7 ottobre. “Ritengo però che la risposta d'Israele sia stata del tutto sbagliata, non tanto all'inizio, a caldo, ma dopo, quando ha deciso di punire con Hamas l'intera popolazione di Gaza. Il 7 ottobre non è la causa di quella politica genocidiaria ma il pretesto, l'opportunità per il movimento dei coloni di fare pulizia etnica a Gaza e in Cisgiordania. La vita stessa degli ostaggi, per la prima volta nella storia dello Stato ebraico, è stata tutt'altro che una priorità”.
Quei kibbutz definiti pacifisti (gli stessi in cui sono entrati i miliziani di Hamas, ndr) - ha aggiunto l’analista israeliano - sono stati costruiti sulle rovine dei villaggi palestinesi distrutti prima e dopo la nascita d'Israele mentre chi li ha attaccati appartiene alla terza generazione di profughi. Nel '48 è stato il sionismo di sinistra a incoraggiare i coloni, cacciando le popolazioni indigene e creando a Gaza il mega campo profughi che dopo il '67 sarebbe diventato una mega prigione. Non puoi vivere accanto a una prigione e pensare che là dentro ti amino perché li aiuti. Sto con tutte le vittime del 7 ottobre ma non con il loro progetto sionista che è stato e sarà sempre un problema perché è immorale e non funziona”.
Un anno dopo il 7 ottobre Israele “è quel che era prima”, ha affermato. “Un Paese fratto dove lo Stato di Giudea guadagna terreno. I più laici stanno facendo le valigie e quelli che restano si condannano al silenzio, perché rifiutano la teocrazia ma non hanno un piano per la Palestina. Israele è ormai guidato da una élite messianica che sogna di modellare il nuovo Medioriente con la complicità di un mondo sempre più a destra e in spregio delle Nazioni Unite”. E sull’altro fronte (quello palestinese), che rivendica una lotta di liberazione nazionale: “Il movimento anticolonialista palestinese non è diverso dagli altri: quando la sinistra ha ottenuto dei risultati è stata premiata dal consenso, quando lo ha mancato la gente ha cercato un'alternativa. Penso che gran parte dei palestinesi non voglia Hamas ma la liberazione e che veda il movimento islamico come l'unica forza in lotta per la liberazione. Se Oslo avesse funzionato i laici guiderebbero oggi i palestinesi, invece dal 1993 le cose sono andate sempre peggio e l'islam è rimasto l'estrema trincea della resistenza. Mi spaventa più l'involuzione israeliana delle oscillazioni ideologiche palestinesi perché storicamente, fuori dall'occidente, l'islam e la sinistra sono riusciti a lavorare nella stessa direzione”.
Pappé ha precisato di non idealizzare Hezbollah né Hamas. “La violenza politica è evidente, la sua radice meno. In Libano prima della fase coloniale, esisteva un'identità collettiva in cui le religioni convivevano. Il settarismo è arrivato con le potenze straniere”.
Lo storico ha commentato anche la soluzione due popoli-due stati che però ritiene un’opzione ormai sepolta. “Quella di due popoli per due Stati è una strada morta. E non vedo speranza nella politica israeliana futura: continuerà a virare a destra. Inoltre, non sono i popoli ma i regimi a volere gli accordi di Abramo. E se gli Stati arabi diventassero democratici sarebbero ancora più ostili a Israele perché la causa palestinese incarna un sogno che essendo ancora in potenza potrebbe correggere gli errori dei Paesi già decolonizzati. L'unica via d'uscita dalla violenza è un'iniziativa internazionale volta a far nascere uno Stato democratico dal fiume al mare”. L’unica soluzione possibile è “uno Stato per gli ebrei e i palestinesi, rifugiati compresi. Il nome non conta, potrebbe chiamarsi Nuova Palestina. Gli ebrei dovrebbero accettare di non essere più maggioranza nel nuovo Stato. L'alternativa è la guerra, seguita dalla scomparsa d'Israele. Non puoi pensare di vivere opprimendo un altro popolo in eterno”. L’alternativa è l’escalation continua, sostiene Ilan Pappé.
Dividersi la terra è impossibile. Forse non lo era nel '67 ma ora le colonie sono ovunque. Alla Palestina toccherebbe il 22%: non si parla di strette di mano ma di contenuti”.
Quindi lo storico israeliano ha risposto a una domanda sulla senatrice Liliana Segre, che è stata accusata di sionismo. “L’antisemitismo c'è sempre stato e non sparirà. Credo però che oggi il razzismo sia peggiore dell'antisemitismo e che il bersaglio siano i musulmani. Mi dispiace per Segre ma focalizzarsi su un singolo è sbagliato. Ci sono tre tipi di antisemitismo: quello classico di antica matrice cattolica, quello radicato in alcuni ambienti musulmani minoritari e quello derivante dalla confusione tra ebraismo e Stato d'Israele che il sionismo ha molto voluto e che serve a Israele ma danneggia gli ebrei. Il sionismo è da sempre il male per gli ebrei”. “L’idea di Herzl (il fondatore del sionismo, ndr) - ha aggiunto - che per battere il nazionalismo nazista servisse un nazionalismo sionista è folle. Non a caso il sionismo nasce in Europa: non sarebbe mai venuto in mente agli ebrei del mondo arabo perché lì la convivenza era nei fatti. L'antisemitismo dilaga dalla sovrapposizione tra identità ebraica e Israele. L'unica luce oggi arriva dai giovani ebrei che, specie in America, iniziano a rifiutare quell'equivalenza”.
Quindi una riflessione dello storico sull’attacco missilistico di ieri dell’Iran in risposta all’uccisione del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah e quello di Hamas Ismail Haniye. Secondo Ilan Pappéalla fine l'Iran dovrà trattenersi, non può affrontare una guerra regionale. In Israele invece la leadership politica è convinta che il potere militare sia l'unica strada, non considera alcuna soluzione diplomatica e vede il controllo dell'intera Palestina storica come l'unica chance di pacificare un Paese spaccato tra religiosi e laici”. Per questo, come in Libano che sta subendo l’invasione delle truppe israeliane, afferma Pappé, “Israele insisterà con la forza: non so se schiaccerà la terza intifada iniziata il 7 ottobre, ma non rimuoverà il vero ostacolo alla pace che non è Hezbollah né l'Iran bensì l'occupazione di milioni di palestinesi”.

Foto © Imagoeconomica

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