La disamina dell’esperto sull’identità delle vittime, i legami coi servizi, l’incidente mortale di Chamberlain e lo spettro di un sabotaggio navale moderno
Lascia ancora sconcertati la tragedia avvenuta al largo di Palermo: il naufragio dello yatch di lusso Bayesian, avvenuto all’alba del 19 agosto. La procura di Termini Imerese sta indagando a fondo sulla tragedia nella quale sono morti il magnate inglese Mike Lynch, la figlia 18enne Hannah, l'avvocato Chris Morvillo e la moglie Neda, il banchiere Jonathan Bloomer e la moglie Judith e il cuoco di bordo Recaldo Thomas, unico deceduto dell'equipaggio. I pm hanno iscritto sul registro degli indagati il comandante, l’ufficiale di macchina e il marinaio in plancia. L'affondamento dell’imbarcazione di ultima generazione è stata causato, ufficialmente, da un improvviso e potente downburst, con raffiche di vento superiori ai 100 km/h, ma secondo il criminologo di lunga esperienza Federico Carbone ciò “non basta per chiudere il caso come un mero incidente dovuto alla furia della natura”. “Come in altri casi del passato, dove eventi atmosferici estremi hanno portato a tragedie immani, l’importanza di un’indagine scrupolosa risiede proprio nel non lasciare nulla al caso”, scrive Carbone su darksideitalia.it. “Ogni indizio, ogni anomalia, può nascondere una verità inconfessabile. E mentre si esamina ogni dettaglio, la sensazione che vi siano forze in gioco ben oltre la semplice sfortuna si fa sempre più forte”.
A partire dai legami di Lynch con Darktrace, “una società di cybersecurity che ha profonde connessioni con il mondo dell’Intelligence. Darktrace, fondata da Lynch, impiega ex membri di MI5, MI6, GCHQ, CIA e NSA, ed è strettamente legata a Hakluyt, una società di Intelligence privata fondata da ex membri del MI6”. Hakluyt, ricorda Carbone, “è nota per operazioni coperte e mirate a proteggere gli interessi delle élite globali, spesso operando nell’ombra per condurre operazioni delicate e potenzialmente destabilizzanti”. “Questi legami hanno alimentato sospetti sul fatto che il naufragio del Bayesian possa non essere stato un semplice incidente, ma piuttosto una mossa calcolata per eliminare una figura considerata una minaccia per determinati poteri. Anche se i fatti non lo confermano”. Poi c’è il giallo della morte di Stephen Chamberlain, ex vicepresidente di Autonomy e socio di Lynch, avvenuta solo 48 ore prima del naufragio del Bayesian. Chamberlain è stato investito da un’auto nel Regno Unito. “La coincidenza temporale tra i due eventi ha alimentato le ipotesi di un’eliminazione coordinata dei testimoni chiave, legati alle vicende di Autonomy e Darktrace. Ipotesi che, fino a questo momento, non hanno trovato alcun riscontro concreto”, sottolinea Carbone. Poi il criminologo svolge un’analisi criminologica della vicenda che a suo dire “rivela diversi punti critici”. Innanzitutto, “la rapidità con cui il Bayesian è affondato, lo ripetiamo, solleva dubbi sull’effettiva dinamica dell’incidente. Tuttavia, l’errore umano non può essere escluso. Se i portelloni fossero stati effettivamente lasciati aperti, ciò avrebbe compromesso gravemente la stabilità dell’imbarcazione, rendendola vulnerabile a condizioni meteorologiche estreme. Questo errore, combinato con la potenziale interferenza di altre concause ancora da chiarire, potrebbe aver portato al tragico esito”. Carbone fa poi dei parallelismi con un altro naufragio recente dalle simili caratteristiche: una tempesta, persone facoltose a bordo (tra cui agenti del Mossad), un incontro misterioso. Si tratta della nave affondata a maggio 2023 sul Lago Maggiore. Può essere che si trattasse di un sabotaggio, così come nel caso della Bayesian? L’ipotesi non è totalmente da escludere al momento.
“Non esistono elementi concreti a supporto della tesi del sabotaggio”, scrive Carbone. “Tuttavia, in un contesto così complesso, caratterizzato da intricati intrecci geopolitici e figure legate ai servizi, è doveroso esplorare tutte le possibili implicazioni senza ridurre ogni riflessione critica a mero complottismo”. “Il sabotaggio navale moderno - spiega il Carbone su darkside.it - è una minaccia complessa che sfrutta vulnerabilità sia tecnologiche che umane. Le operazioni di sabotaggio sono spesso invisibili, letali e attentamente orchestrate, lasciando dietro di sé una scia di distruzione difficile da tracciare fino ai responsabili reali”. “I sabotatori navali moderni operano utilizzando una combinazione di tecniche tradizionali e avanzate tecnologie per colpire imbarcazioni o infrastrutture marittime. Queste operazioni, estremamente sofisticate, sono progettate per massimizzare l’efficacia dell’attacco, riducendo al minimo le tracce che possano ricondurre ai responsabili”. Ad ogni modo, ragiona Carbone, “la verità, qualunque essa sia, deve emergere dalle ombre, perché troppo spesso queste ombre hanno celato fatti che, se rivelati in tempo, avrebbero potuto evitare il peggio”.
Fonte: darksideitalia.it
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