È pesante l’aria che si respira nella città argentina di Rosario - nella provincia di Santa Fe - dove nelle ultime ore una persona è stata uccisa a colpi di arma da fuoco in una stazione di servizio. I sicari hanno così lasciato un messaggio di avvertimento destinato alla società rosarina: “Questa guerra non è per un territorio, è contro Pullaro e Cococcioni (governatore e ministro della sicurezza di Santa Fe, ndr). Così come noi siamo arrivati a 300 morti, uniti uccideremo più innocenti all’anno”. In precedenza due tassisti sono stati giustiziati, ed anche l'autista di un autobus di passeggeri è stato colpito con arma da fuoco ed è in seguito deceduto dopo un'agonia di tre giorni. Quattro cittadini di Rosario morti in pochi giorni, semplicemente perché erano cittadini onesti, lavoratori.
La escalation di violenza - messa in atto per mano della narco criminalità lì radicata - non è una novità, ma ciò che colpisce è l’intensificarsi della violenza in modo allarmante. La città di Rosario, purtroppo, è praticamente la roccaforte del terrore narco. E’ una drammatica realtà quotidiana, di una portata tale che noi stessi, l'anno scorso, l’abbiamo sopranominata in queste pagine “la Palermo dell'Argentina”, paragonandola alla città siciliana dove la mafia Cosa Nostra fu protagonista dell'estrema violenza nelle strade, negli anni 90.
Un sicario poco prima di sparare ad un benzinaio
Attualmente, Rosario vive quella stessa situazione, divorata da gruppi criminali legati al narcotraffico che operano nei quartieri. La loro azione si svolge sotto differenti modalità, e con pochi capi in disputa tra loro. Spese volte in connivenza con funzionari delle forze di sicurezza e gruppi di potere, all’interno stesso delle istituzioni, e funzionali al crimine. Legami denunciati opportunamente dal deputato provinciale Carlos Del Frade, lui stesso minacciato di morte da elementi della malavita, per la sua denuncia pubblica in più occasioni di tale realtà.
Quindi l’amministrazione Milei, nella persona del Ministro della Sicurezza Patricia Bullrich, in forma congiunta con il governatore di Santa Fe Maximiliano Pullero, ha istituito un Comitato di Crisi, di cui fanno parte capi delle cinque forze federali, per pianificare l’adozione di misure per neutralizzare l’intensificarsi della violenza, con una presenza intensa della polizia nelle strade e con l'appoggio logistico di effettivi delle Forze armate (sempre nei termini della Legge di Sicurezza Interna), manifestando che “non sarà fatto né un passo indietro nel combattere la violenza”, come ha espresso lo stesso presidente della Nazione Javier Milei.
Abbiamo seguito attentamente, dall'anno scorso, dalla redazione di Antimafia Dos Mil, tutti gli episodi violenti che si sono succeduti a Rosario, ed il nostro stupore è aumentato gradualmente, nel percepire una città letteralmente assorbita dalla violenza criminale, al punto che la popolazione è da sempre stata testimone, e vittima, della delinquenza urbana e di gruppi di narcos - in disputa costante per i territori ed in lotte di potere - assassinando persone, poliziotti, e minacciando in ogni dove funzionari onesti, giornalisti e generando in concreto, con questo suo agire, un ambiente di insicurezza e di terrore che si sta aggravando con il tempo, in un contesto di morte e piombo.
Negli ultimi giorni tutti gli abitanti di Rosario sono stati testimoni di un vero bagno di sangue. Le strade della regione sono state lo scenario inconfondibile di una guerra in corso. Una guerra nel vero senso della parola che la criminalità ha dichiarato al governo provinciale, forse in risposta ad alcune azioni repressive nella lotta al narcotraffico, o a gruppi criminali di altra specie, in una città in cui non sempre l'onestà delle forze di sicurezza ha goduto di buona salute.
La criminalità organizzata – per mezzo dei sicari – ha voluto lasciare un messaggio alla comunità ed al governo provinciale, in definitiva, assassinando con un colpo in testa due tassisti, Diego Celentano e Héctor Figueroa, in due punti differenti della città, lasciando i rispettivi cadaveri nei loro mezzi di lavoro. Questo doppio crimine ha dato seguito ad una serie di perquisizioni e procedimenti.
Ne è seguito un altro attacco, questa volta contro un autista di autobus, Marcos Iván Daloia, della linea di filobus K, colpito e ferito gravemente da un proiettile, e deceduto dopo in ospedale. E, infine, la serie di attacchi ha lasciato un'altra vittima: un giovane di 25 anni, Bruno Bussanich, colpito con arma da fuoco nel suo posto di lavoro, una stazione di servizio in viale Mendoza 7600. Ferito di morte colpito al cranio e altri due proiettili lo hanno colpito al petto.
Un fucile e una lettera minacciosa dei narcos in una delle entrate laterali del ospedale Carrasco di Rosario
Lasciando alle loro spalle il corpo del lavoratore, inequivocabile dimostrazione di forza, gli assassini sono saliti su un veicolo e sono fuggiti, non senza prima, dopo aver compiuto il loro obiettivo, lanciare un biglietto, una sorta di messaggio diretto alle autorità, al governatore Pullaro ed al ministro della sicurezza di Santa Fe, Pablo Cococconi: “Questa guerra non è per un territorio, è contro Pullaro e Cococcioni. Così come noi siamo arrivati a 300 morti essendo uniti uccideremo più innocenti all’anno. Noi non vogliamo cellulari, vogliamo i nostri diritti, vedere i nostri figli e famiglia, e che siano rispettati. Non vogliamo negoziare niente, vogliamo i nostri diritti. Questo per tutti i carcerati, padiglioni e prigione. Basta di continuare ad umiliare con la famiglia. Pullaro e Cococcioni si facciano carico di morti innocenti. Zona nord, zona meridionale, zona ovest uniti”.
Drammatico, scioccante, mafioso. Un cocktail in corso che lascia soltanto un saldo di morte indescrivibile, dove è la popolazione innocente a pagare.
Quella società criminale di Rosario (che fa parte di un sottobosco mafioso disseminato in modo sfacciato in America Latina) che è già un cancro, molto avanzato. Che danneggia. Che dissangua. Che mina. Che erode. E che fa stragi in ogni dove, che veste a lutto famiglie, seminando la paura. La paura, con maiuscola.
Al momento stesso di scrivere questo articolo, ho avuto una testimonianza da Rosario che mi riferiva drammaticamente che nelle strade di Rosario, la paura si percepisce, si sente, e che ad esempio nelle scuole, lunedì 11 marzo, non si sarebbero svolte praticamente le attività abituali, dato che i docenti hanno deciso la sospensione totale dei corsi, in risposta al terrore urbano, e come forma di critica al governo provinciale, proponendo inoltre uno sciopero regionale.
Le strade di Rosario si presentano vuote, e specialmente al tramonto, perché l’unica opzione ragionevole e sensata è rimanere a casa per essere in salvo.
Così di chiaro. Vivere blindato, e con la “speranza” che le misure di sicurezza disposte dalla Casa Rosada e dal governo della provincia, diano i suoi frutti che potrebbero includere perfino la dichiarazione di “coprifuoco”. Ciò sarebbe non necessariamente la soluzione magica ad un male endemico. Ad un male che ha avuto, purtroppo, il governo provinciale come protagonista, in particolar modo per la sua assenza. Cioè, per l'assenza di onestà, di incorruttibilità e di trasparenza e sensatezza, nella lotta contro il crimine.
Col passare dei giorni, vedremo come il correre degli avvenimenti. Oggi, quello che vediamo non è altro che una città della provincia di Santa Fe che si sta dissanguando. Silenziosa, grigia, intimorita.
E niente di questo è metaforico.
Foto di copertina: elobservador