Ci sono altri due medici indagati nell'inchiesta sulla morte di Andrea Purgatori avvenuta nel luglio scorso. Si tratta - come riportano Corriere della Sera, Repubblica e Messaggero - di Maria Chiara Colaiacomo, che fa parte dell’équipe che affianca il radiologo Gianfranco Gualdi dell’équipe, già sotto inchiesta con il suo assistente Claudio Di Biasi per omicidio colposo per la morte del giornalista, e del noto cardiologo Guido Laudani, che ebbe in cura Purgatori. Fissato al 21 marzo l'incidente probatorio, delegato a quattro superperiti. All'origine del fascicolo la denuncia presentata dai familiari del giornalista per chiarire cosa abbia causato in poche settimane il decesso di Purgatori e se ci siano stati errori sia nella diagnosi che nelle cure effettuate.
I pm si domandano se vi sia stato, effettivamente, dietro la scomparsa del giornalista, un caso di malasanità.
Ricordiamo che Purgatori fu sottoposto a una terapia mirata a curare delle metastasi cerebrali diagnosticate alla clinica Pio XI da Gualdi e dalla sua squadra. Metastasi che, com’è emerso dall’autopsia disposta dalla procura, non ci sarebbero state: il 27 settembre 2023 i consulenti dei pm e quelli delle parti hanno fatto il punto della situazione alla luce delle attività peritali svolte dell'istituto di medicina legale del Policlinico di Tor Vergata. "In relazione ai risultati preliminari della consulenza tecnica" la "famiglia Purgatori prende atto dell'assenza di metastasi cerebrali a carico di Andrea Purgatori e, come fin dall'inizio di questa vicenda, continua a confidare nell'operato della Magistratura, con l'unico intento di far accertare la verità degli eventi e le eventuali responsabilità" hanno affermato in una nota gli avvocati Alessandro e Michele Gentiloni Silveri, legali della famiglia di Andrea Purgatori.
'La diagnosi è stata corretta?' si domandano gli inquirenti.
"Sapere che non si sono trovate metastasi cerebrali non spiega granché. Vi è stata una radiazione e potrebbero essere scomparse perché trattate opportunamente", ha sempre sostenuto l’avvocato Fabio Lattanzi che difende tre dei quattro professionisti indagati. Una considerazione, quella del legale, che dovrà trovare una risposta nell’incidente probatorio.
A finire sotto il faro della procura e dei carabinieri del Nas di Roma si aggiunge anche il nome di Guido Laudani, uno stimato cardiologo che ebbe in cura Purgatori. Ciò che gli inquirenti vogliono appurare è se da parte di Laudani (difeso dall’avvocato Nicola Madia) ci sia stato un ritardo nella diagnosi e l’eventuale ritardo nell’individuarla ne abbia cagionato la morte.
Inoltre, chi indaga, vorrebbe capire se ci sia stato un indebolimento del fisico di Purgatori dovuto a ipotetiche cure non necessarie per contrastare il tumore che hanno sfibrato il fisico del giornalista.
La malattia del giornalista: le cure facilitarono la sua morte?
Se le metastasi fossero state confermate molto probabilmente il caso sarebbe stato archiviato.
Era lo scorso 24 aprile che Purgatori si era ricoverato nella clinica privata Villa Margherita: i medici avevano rilevato valori delle analisi sballati in seguito a una tac e una biopsia. I risultati vengono girati alla Casa di Cura Pio XI, dove viene formulata la diagnosi di “tumore al polmone con metastasi diffuse agli organi vicini e al cervello”. Il giornalista era stato poi spostato in un’altra clinica dove aveva iniziato i cicli di radioterapia.
Purgatori all'inizio si era sentito bene ma alla metà di maggio aveva iniziato a sentirsi stanco e affaticato. Nella prima clinica dove era stato diagnosticato il cancro in fase avanzata gli era stato detto che la terapia stava funzionando e che le metastasi si erano ridotte.
Le sue condizioni, nonostante le cure, erano peggiorate tanto da costringere Purgatori a un nuovo ricovero, sempre a Villa Margherita.
L'esito di un'atra tac è l'opposto di quello della Casa di Cura Pio XI: non c’è nessuna metastasi al cervello, soltanto alcune ischemie cerebrali.
Nonostante la diagnosi sia completamente diversa i medici hanno continuato con la radioterapia, poiché, secondo loro, era compatibile con il quadro clinico del paziente. Una risonanza magnetica eseguita nei giorni successivi aveva escluso la presenza di metastasi, ancora una volta l'esito era totalmente opposto di quello della Casa di Cura Pio XI. A questo punto l'esame viene ripetuto un'altra volta "incrociandolo con quello eseguito alla Pio XI, prima di emettere il suo verdetto: non solo le metastasi non ci sono, ma non ci sarebbero mai state”, come aveva ricostruito 'Il Domani'. Ma poi, nei giorni successivi, un’altra versione: il declino fisico di Purgatori stava continuando tanto da rendere necessario un ricovero all’Umberto I nei primi giorni di luglio. I famigliari, in ospedale, avevano parlato con un radiologo “che in quei momenti concitati si preoccupa di confermare alla famiglia la presenza delle famose metastasi al cervello”. Si tratta di un medico che oltre a lavorare nell’ospedale romano, collaborava con Gualdi alla Pio XI ed “era uno dei firmatari del referto del giorno 8 maggio da cui era partita la diagnosi”. Dopo undici giorni, il 19 luglio, sopraggiunge la morte.
Alle domande cercheranno di dare una risposta degli specialisti, il neuroradiologo Alberto Beltramello, il medico legale Adriano Tagliabracci, il cardiologo Pasquale Perrone Filardi e lo specialista di malattie infettive Pierluigi Viale.
Foto © Paolo Bassani
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