Trent'anni fa veniva posta fine alla latitanza dei due fratelli, boss di Brancaccio
E' un percorso difficile quello della ricerca della verità sulle stragi di mafia del 1992 e del 1993. Una verità negata, taciuta, nascosta tra le pieghe della storia, anche con la complicità di uno Stato che ha avviato interlocuzioni, fatto patti e trattative.
Per giungere alla verità è necessario dare una risposta a quelle domande che, nonostante il tenace lavoro di svariate Procure, ancora restano aperte.
E molte di queste domande si intrecciano con la storia di due boss stragisti: i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano.
E' un dato di fatto che dopo il loro arresto, avvenuto il 27 gennaio 1994, le stragi di mafia si sono fermate. La domanda è semplice: perché?
Per capirlo, forse, è necessario attraversare quelle dichiarazioni che proprio Giuseppe Graviano ha pronunciato nel corso del suo esame al processo 'Ndrangheta stragista.
E' così che, nel luglio 2020, la Procura di Firenze (che dal 2017 ha riaperto le indagini sui mandanti esterni delle stragi contro l'ex premier Silvio Berlusconi - oggi deceduto - e l'ex senatore Marcello Dell'Utri) ha avviato una serie di accertamenti sull'arresto dei due capimafia.
"La protezione favolosa"
Per anni i Graviano sono stati latitanti "liberi di pensiero". Agevolmente potevano spostarsi da Omegna a Palermo, passando per Sirmione, Viareggio, Venezia, Forte dei Marmi o in Sardegna. Come se non temessero nulla.
I giudici della Corte d’Assise di Reggio Calabria, nelle motivazioni della sentenza di primo grado 'Ndrangheta stragista (che ha visto la condanna all'ergastolo del boss di Brancaccio e del mammasantissima di Melicucco Rocco Santo Filippone) definiscono "sconcertante" il fatto per cui i due fratelli siano riusciti indisturbati per diversi anni a sottrarsi alle ricerche delle autorità.
Quindi si chiedono come "Graviano abbia potuto trascorrere un periodo di latitanza durato circa dieci anni in totale tranquillità, rendendosi peraltro in tale lungo lasso temporale responsabile di gravissimi fatti criminosi per i quali è stato condannato in via definitiva, recandosi nello stesso tempo in note località di villeggiatura del Nord Italia, senza mai venire notato dalle forze dell’ordine, nonostante egli fosse solito spostarsi in compagnia di svariati soggetti, come peraltro riscontrato in occasione del suo arresto e come riferito dallo stesso imputato e da numerosi collaboratori di giustizia".
E' lo stesso boss di Brancaccio, intercettato mentre trascorreva l'ora d'aria in compagnia del boss Umberto Adinolfi, a spiegare le modalità di quei giorni vissuti da latitante in Nord Italia: “A Milano facevo una vita normale. Non mi aspettavo l’arresto, ero circondato da una copertura favolosa. Com’ero combinato io… solo solo il Signore… lo bacio. Mi sono spiegato?”. E poi ancora: "Non avevano manco la mia fotografia, nella perquisizione a casa mia non avevano trovato neanche la foto della prima comunione. Sono dovuti andare a prendere il pentito Drago (a cui fu fatta vedere una foto prima dell'arresto, ndr). “E’ lui?”. Si è lui, ha una cicatrice".
Ecco il cruccio di Giuseppe Graviano. Chi lo ha tradito? Cosa non funzionò in quella sua "protezione favolosa"?
Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri © Imagoeconomica
Anno 1994, il giorno delle manette
Molto è stato detto e scritto sul giorno del suo arresto.
La versione ufficiale è semplice. Una fonte confidenziale avrebbe indicato agli investigatori di seguire Salvatore Spataro, infermiere di Palermo incensurato, poiché poteva rappresentare un possibile contatto con Giuseppe Graviano.
I carabinieri hanno sempre raccontato che la mattina del 26 gennaio 1994 decisero di pedinare Spataro, il quale insolitamente non si era recato a lavoro. E' così che scoprirono l'imminenza di un viaggio, direzione Milano, assieme alla famiglia.
Sarà proprio Salvatore Spataro a riferire poi ai magistrati che quel viaggio nel capoluogo lombardo gli venne proposto dal cognato Giuseppe D’Agostino, in quanto questi doveva accompagnare il figlio a fare un provino calcistico.
Quella decisione di mettergli due uomini alle calcagna fu provvidenziale. A Milano, il 27 gennaio, attorno alle 15 del pomeriggio, c'è l'incontro con Giuseppe Graviano e la sua compagna, Bibiana Galdi. C'era anche un'altra coppia, composta da Filippo Graviano e Francesca Buttitta, ma i militari non li riconoscono.
Inizia un nuovo pedinamento a piedi, tra le vie dello shopping della città fino a quando il gruppo non giunge nel ristorante “Gigi il cacciatore”, che all’epoca si trovava in via Procaccini, zona cimitero Monumentale. Giuseppe e Filippo Graviano erano a cena con le fidanzate (poi sposate in carcere e con cui ebbero anche dei figli), ed i due amici arrivati da Palermo, Salvatore Spataro e Giuseppe D’Agostino.
Venne fatto scattare il blitz. Il boss venne arrestato assieme ad altre persone, tra cui una che ha un documento intestato a Filippo Mango. Gli investigatori in un primo momento non sapevano chi fosse, ma il mistero venne sciolto dallo stesso Graviano, chiedendo che lo stesso potesse parlare con la madre: è suo fratello Filippo.
"Io non me lo immaginavo mai al mondo che mi arrestavano - continuava Graviano con il camorrista Adinolfi - Ero stato prima all'Upim, a piazza Duomo, tipo l’Upim… la Rinascente… una vita normale. Mi hanno arrestato e sono finite tutte cose".
Il cruccio di Graviano è lo stesso che hanno cercato di chiarire in questi anni anche i processi.
Chi sapeva del provino che il figlio di Giuseppe D'Agostino avrebbe dovuto fare al Milan?
La sentenza del tribunale di Palermo che ha condannato l'ex senatore Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa ha sostenuto che il figlio di D’Agostino doveva fare un provino al Milan, grazie all’interessamento dei Graviano presso Dell’Utri (nella cui agenda del 1992 c’era un riferimento a D’Agostino: “Melo Barone - 10 anni - in ritiro pullman del Milan, interessato D’Agostino Giacomo (Patrassi - Zagatti)”. In appello, però, la corte di Palermo ha demolito questa ricostruzione e assolto Dell’Utri dall’accusa di aver intrattenuto rapporti con Cosa nostra dopo il 1992. Ma, il dato resta. Anche perché uno dei preparatori sportivi del Milan, interrogato dai carabinieri nel 1994, aveva confermato di aver visto il figlio di D’Agostino 15 giorni prima.
"Graviano venduto", parola di Spatuzza
Un aiuto per comprendere ciò che avvenne in quel gennaio 1994 lo ha sicuramente offerto Gaspare Spatuzza. L'ex fedelissimo dei due boss non ha raccontato solo dell'incontro avuto con Giuseppe Graviano al bar Doney di via Veneto a Roma, alla vigilia del fallito attentato allo stadio Olimpico.
In tre verbali del 2009, interrogato dalla magistrata Ilda Boccassini, parla dell'arresto dei due capimafia definendolo "anomalissimo". Quindi raccontava di alcuni dialoghi avuti con Giuseppe Graviano nel carcere di Tolmezzo: "Lui mi confida che è stato venduto da qualcuno; da qualcuno di Milano che sapeva della loro permanenza in città, la sua è quasi una certezza”. Graviano, continua Spatuzza nel verbale “sta cercando di capire, quindi sta conducendo un’indagine lui per capire chi è che se l’è venduto”. Anche se Spatuzza sostiene di non saper fare nomi. “Mi hanno detto cosa sapevo in più in merito al suo arresto, gli dissi quello che io sapevo del Cannella che per noi era responsabile e lui mi dice che non c’entra niente il Cannella”. Fifetto Cannella era affiliato alla famiglia mafiosa di Brancaccio e partecipò alla pianificazione della strage di Capaci, oltre ad essere stato condannato per le stragi del Continente. Ma Graviano ribadisce che “Cannella è da scartare”. Sempre nel carcere di Tolmezzo, riferisce Spatuzza alla Boccassini, Filippo Graviano “mi disse che si incontrava con persone su Milano”, e che “questi incontri avvenivano a Gardaland”. Quindi precisava: “Non so se le personalità che incontravano erano gli stessi soggetti che mi aveva menzionato il fratello; questo lo posso supporre io”. Per il resto, Spatuzza non sa dire chi proteggeva la latitanza dei Graviano o con chi questi si incontravano. Parlando invece del patrimonio dei capimafia: “Per muoversi su Milano in particolare, nulla mi fa escludere che loro abbiano interessi economici” risponde Spatuzza.
Ma perchè scegliere Milano per “buttarsi latitanti”? “Sicuramente non per la latitanza - replicava Spatuzza - la storia ce lo insegna, tutti sotto casa sono stati e quindi per mettersi a rischio a monte c’è qualche cosa che è ancora di molto ma molto più grave”. E ancora: “Se si spingono così tanto a sconfinare, significa che in quel territorio possono godere di qualche protezione”. Protezioni che Spatuzza esclude categoricamente che potessero provenire da Cosa nostra, perché “Cosa nostra non sapeva che i Graviano fossero a Milano”.
La rabbia del boss: un messaggio per Berlusconi
Alcune spiegazioni ha cercato di darle lo stesso Giuseppe Graviano nel 2020 quando, per la prima volta nella storia, ha deciso di rompere il suo silenzio e rispondere alle domande del pm Giuseppe Lombardo.
Per più udienze si è soffermato su quegli argomenti che aveva affrontato nelle sue conversazioni con Adinolfi. Tra questi anche il preciso riferimento a Silvio Berlusconi e a "cortesie" che sarebbero state chieste proprio negli anni delle stragi.
Sentito in più udienze nel processo di primo grado lo ha ripetutamente tirato in ballo affermando che la sua famiglia aveva rapporti di natura economica con l'allora imprenditore. Ed aveva persino dichiarato di aver incontrato più volte il Cavaliere, anche durante la latitanza prima dell'entrata ufficiale di Forza Italia nell'universo politico.
E nel suo flusso di coscienza Graviano aveva anche riferito di "imprenditori di Milano” che non volevano fermare le stragi.
In questi anni i legali di Berlusconi hanno sempre rigettato ogni accusa, bollando tutte le dichiarazioni di Graviano, che per carità non è un collaboratore di giustizia, come "totalmente e platealmente destituite di ogni fondamento, sconnesse dalla realtà nonché palesemente diffamatorie". Eppure per le accuse lanciate al processo di Reggio Calabria non risulta che gli avvocati di Berlusconi abbiano mai denunciato il boss di Brancaccio per calunnia.
Silvio Berlusconi © Imagoeconomica
Misteri su misteri
Secondo il Graviano pensiero, indagando sul suo arresto si potrebbe arrivare a scoprire i mandanti delle stragi. “Vada a indagare sul mio arresto e sull’arresto di mio fratello Filippo e scoprirà i veri mandanti delle stragi, scoprirà chi ha ucciso il poliziotto Agostino e la moglie, scoprirà tante cose”, ha detto Graviano al procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo il 23 gennaio 2020. E poi ancora: “Se i carabinieri diranno la verità su come sono andati i fatti, se anche D’Agostino Giuseppe dirà chi li ha invitati a fare il provino al Milan, e la società di Milano, voi scoprirete chi sono i veri mandanti". Che intendeva dire? Cosa c’entra l’arresto dei Graviano coi mandanti delle stragi? E come si lega tutto ciò con il fallito attentato all'Olimpico che precede di pochi giorni il loro arresto?
La cronologia dei fatti parla quasi da sola. Tra il 18 ed il 21 gennaio ci sarebbe stato l'incontro tra Spatuzza e Graviano. In quello stesso periodo all'hotel Majestic di Roma vi furono una serie di incontri legati agli ultimi dettagli per definire la nascita ufficiale del movimento politico Forza Italia. Il 27 gennaio 1994 i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano vengono arrestati mentre il giorno prima, 26 gennaio 1994, Silvio Berlusconi annunciava la sua discesa in campo. Nella sua requisitoria di primo grado, il pm Lombardo aveva provato a dare una chiave di lettura su alcuni punti.
"C'è una domanda che mi pongo e lascio a voi la risposta nella sentenza. Non sarà per caso che la fretta di Graviano (per l'attentato all'Olimpico, ndr) era legato al fatto che nella settimana successiva all'incontro nel bar Doney bisognava annunciare la discesa in campo di Berlusconi? Io altri accadimenti, alla luce del suo lungo e dettagliato esame, non li ho intravisti. Anzi, la sua particolare propensione ad indicare con precisione quel tipo di relazione mi fa pensare, ma potrei sbagliarmi, che l'accelerazione fosse proprio legata a questo".
"Che sia arrabbiato lo abbiamo sentito tutti. Ed è il suo arresto che gli fa rabbia - ha affermato Lombardo proseguendo la requisitoria nel processo 'Ndrangheta stragista - Verosimilmente perché quello che succede il 27 gennaio non se lo aspettava. E non se lo aspettava nella misura in cui, se quello che dice Spatuzza è vero, ed è vero, lui aveva preso degli accordi. E la rabbia di Giuseppe Graviano ci consente di dire che gli accordi presi non comprendevano la sua cattura".
E che Berlusconi sia considerato da Graviano come un traditore è lui stesso a dirlo non solo perché "non rispettava i patti" di natura economica che aveva preso con il nonno.
Sempre in una delle udienze del febbraio 2020, parlando del 41 bis e dell'ergastolo, Graviano si era lasciato andare ad altre considerazioni: "Sono state fatte leggi incostituzionali, perché la Corte costituzionale li sta dichiarando incostituzionali… Le leggi fatte per non farci uscire dal carcere… Nel 2001 veniva rinnovato e poi è diventato legge con il governo Berlusconi. Venne in Sicilia e disse che era una cosa disumana, salvo poi fare leggi incostituzionali come ora sta venendo fuori. Si parlava di abolire l’ergastolo con il nuovo codice penale. Ma Berlusconi - proseguiva Graviano - chiese di non inserire coloro che erano stati coinvolti nelle stragi. Lì ho avuto conferma che era tutto finito. Questo mi ha dato conferma che ha fatto parte del mio arresto ed ecco perché ho definito Berlusconi un traditore".
Segreto indicibile
Dunque chi ha tradito i fratelli Graviano? E perché solo nel 2020 decidono di rompere il loro silenzio? Per quale motivo con il loro arresto si è conclusa la campagna stragista nonostante capimafia come Messina Denaro, Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e Bernardo Provenzano erano in quel momento ancora liberi?
Dopo la morte di Matteo Messina Denaro non sono moltissimi, all'interno di Cosa nostra, ad avere piena consapevolezza di ciò che è veramente avvenuto in quella stagione di sangue e bombe.
E "Madre natura" è uno di questi "pochi" che sanno. In tutti questi anni ha intervallato silenzi a roboanti dichiarazioni; ha aspettato risposte; ha inviato messaggi all'esterno anche per bocca di uomini fidati, come il gelataio di Omegna, Salvatore Baiardo.
Ma è sempre pronto a far valere il peso dei segreti indicibili di cui è in possesso. "Io qui non sto facendo niente, sto solo dicendo qualcosa, ma posso dire ancora tante altre cose. Io non voglio né soldi né altro ma solo a far rispettare l’impegno e a far emergere la verità" aveva affermato in una delle sue deposizioni, prima di tornare a chiudersi in un nuovo silenzio. Anche se Berlusconi è morto quelle parole, inquietanti e dal sapore di ricatto, restano sullo sfondo. E guardando a certe partite in corso sul tema giustizia la sensazione è che ci sia chi è ancora pronto a raccoglierle.
Realizzazione grafica by Paolo Bassani
ARTICOLI CORRELATI
Da Berlusconi all'arresto del 27 gennaio 1994, Graviano accusa ancora
Graviano: ''Su imprenditore del nord (Berlusconi) Procura di Firenze mi ha riscontrato''
Graviano vs Berlusconi in un Paese (sempre più) narcotizzato