Don Reverberi scappò nel 2011 alla giustizia argentina. Per il ministro non può essere estradato per ragioni di salute, nonostante il parere contrario di una perizia e dei giudici
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha respinto la richiesta di estradizione del sacerdote cattolico don Franco Reverberi sbattendo, così, la porta in faccia all’Argentina che da almeno 12 anni vorrebbe processarlo per crimini contro l’umanità commessi durante la dittatura civico-militare guidata da Jorge Rafael Videla.
Reverberi, originario di Sorbolo (paesino dell’Emilia-Romagna) è da anni sacerdote della diocesi di Parma e deve rispondere di diversi crimini compiuti in Argentina nel 1976, precisamente nel centro clandestino di tortura e sterminio “Casa Departamental” di San Rafael (a sud di Mendoza). Tra questi, l’omicidio nel 1976 del 25enne peronista José Guillermo Beron, tuttora desaparecido. Don Reverberi, che al tempo era cappellano del centro di detenzione clandestino è anche accusato di aver assistito a numerose torture alle quali erano sottoposti i prigionieri del regime di Videla prima di essere uccisi e fatti scomparire.
Secondo le documentazioni prodotte dalle autorità argentine, il sacerdote, “che aveva già militato con le forze militari antisovversione, faceva parte costantemente dei gruppi di militari dediti alle torture riferite dalle vittime sopravvissute, presenziando alle stesse, anche quelle più brutali e mortali, invitando le vittime a ‘collaborare’ con le forze armate ‘per sollievo spirituale’ (i testimoni lo ricordano vestito da militare con in mano la Bibbia e la pistola nella fondina)”. Sul punto, aggiungevano gli inquirenti argentini, il cappellano “non aveva mai dato, invece, alcun ‘sollievo spirituale’ e quindi non svolgeva nessuna funzione tipica del suo ruolo apparente”. Nella primavera del 2011 venne raggiunto da una convocazione del procuratore federale di Mendoza, ma nel frattempo Reverberi - che si è sempre dichiarato innocente - era scappato in Italia, a Sorbolo (dove era nato nel 1937), e dove, almeno fino a qualche mese fa, ha celebrato messa, battezzato neonati e sposato coppie.
L’iter giudiziario
Nel 2012 l’Interpol diramò un mandato di rintraccio nei suoi confronti mentre la richiesta di estradizione avanzata dall’Argentina, in assenza del reato di tortura nel codice penale italiano (introdotto solo nel 2017), venne rigettata prima dalla Corte d’Appello di Bologna nel 2013, poi dalla Cassazione, nel 2014. A ottobre 2020, era stata però presentata una nuova richiesta di estradizione nei confronti del sacerdote, nuovamente rigettata dalla corte d’Appello di Bologna il 17 marzo 2021 per “mancanza di gravi indizi di colpevolezza per i reati di omicidio e tortura aggravata dalla morte di Josè Guillermo Berón e la prescrizione dei reati, secondo la legge italiana, per i restanti capi d’accusa”. La corte si era rifatta, in parte, alle conclusioni delle sentenze precedenti.
Quindi la Repubblica Argentina, congiuntamente al Sostituto Procuratore generale Francesca Ceroni, ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata. Ricorso vinto il 30 giugno 2022. La sesta sezione penale, presidente Anna Criscuolo, ha annullato lo stop all'estradizione dell'ex cappellano, disponendo il rinvio ad altra sezione della corte d’Appello di Bologna. Il 10 luglio dello scorso anno la corte d’Appello ha dato il suo “ok” alla consegna di Reverberi e la Cassazione, nell’ottobre scorso, recependo le argomentazioni dell’avvocato Arturo Salerni, legale dell’ambasciata argentina in Italia, aveva dato il via libera all’estradizione confermando la decisione dei giudici di Bologna e respingendo il ricorso presentato dalla difesa del sacerdote.
Carlo Nordio, Ministro della Giustizia
Le valutazioni della corte di Cassazione
In cinque pagine, i giudici della Suprema Corte avevano evidenziato la sussistenza "della gravità indiziaria", rilevata in appello, "delle accuse inerenti ai reati di tortura nei confronti di nove detenuti diversi da Beron. I delitti commessi nei confronti di quest'ultimo - si legge - si inserivano in un sistema seriale di torture, catalogabili come crimini contro l'umanità, posti in essere nei confronti di dissidenti politici del regime militare allora al potere in Argentina, effettuate all'interno di una struttura penitenziaria adibita allo scopo e all'interno della quale vi era l'odierno estradato che svolgeva le funzioni di cappellano militare e che si assumeva avesse favorito l'operato dei militari".
Le testimonianze raccolte (da parte di ex detenuti), poi, "sono state ritenute idonee ad individuare Reverberi come partecipe alle torture, alle quali alle volte assisteva pur non adoperandosi in prima persona". Ultimo aspetto, preso in esame dalla Cassazione, riguarda le condizioni di salute del sacerdote che, se valutate precarie, avrebbero salvato Reverberi dalla consegna alle autorità argentina. L'ex cappellano, infatti, ha 87 anni e ha avuto diversi problemi al cuore. Per superare questo empasse era stata disposta una perizia medica che avrebbe dovuto accertare la possibilità per Reverberi di affrontare l’iter di estradizione senza complicanze per la sua salute, a partire dal viaggio in aereo oltreoceano. Il 27 aprile scorso, la perizia stilata da un collegio medico-legale e depositata in Corte d’Appello aveva accertato che “le attuali condizioni di salute di don Franco Reverberi sono compatibili con il trasferimento in Argentina”. Quindi la Corte d’Appello ha confermato l’estradizione e a dicembre la corte di Cassazione ha condiviso le valutazioni dei giudici bolognesi. Il ministro Nordio aveva 45 giorni di tempo per confermare o meno la decisione degli ermellini. Oggi l’amara sorpresa per i tanti familiari di desaparecidos: la richiesta di estradizione è respinta, Reverberi resta in Italia.
Il cavillo di Nordio
Il cavillo che ha portato il Guardasigilli a rigettare la richiesta di estradizione ha a che fare proprio con la salute dell’estradando. “L’avanzata età della persona e le sue condizioni di salute costituiscono condizioni personali che giustificano l'esercizio della facoltà di rifiuto”, si legge nel documento di rigetto estradizione. In particolare, "dalla documentazione sanitaria contenuta nel fascicolo sull'estradizione emerge evidente la criticità delle complessive condizioni di salute di Reverberi, affetto da diverse patologie cardiache e da fattori di rischio cardiovascolari, in quanto portatore sin dal 2016 di una cardiopatia ischemica post infartuale e di uno stato di scompenso cardio-circolatorio, che ne rendevano necessaria la sottoposizione ad un intervento di rivascolarizzazione miocardica per via chirurgica e alla conseguente riabilitazione cardiovascolare in regime di ricovero ospedaliero, durante il quale egli manifestava un episodio di scompenso cardiaco congestizio".
Per Nordio, insomma, al di là dell'indubbia gravità dei fatti di reato cui si riferisce la domanda di estrazione, "il trasferimento aereo dovrebbe essere eseguito soltanto se assistito da una serie di cautele ben difficilmente attuabili in maniera congiunta nella pratica e in ogni caso inidonee ad assicurare lo stato di salute di Reverberi. La complessiva procedura potrebbe avere sul soggetto, anche successivamente all'avvenuto trasferimento nello Stato estero e all'avvio della condizione detentiva alla quale verrà sottoposto, conseguenze esiziali". La conclusione, che giustifica il rigetto della richiesta di estradizione, dunque, è che va considerato "complessivamente l'impatto medico-legale della procedura sulle già precarie condizioni di salute di Reverberi, anche in ragione dell'età estremamente avanzata di costui e della conseguente probabile prospettiva di non fare più ritorno in territorio italiano, impatto da cui deriverebbe un rilevante stress psicologico tale da integrare un ulteriore fattore di rischio con riferimento alle verificate patologie cardiologiche da cui lo stesso è affetto”. Secondo la Onlus 24 Marzo, che si occupa di portare avanti i processi legati ai desaparecidos in Italia oltre ad essere portale di documentazione sui crimini delle dittature latinoamericane, il ministro Nordio, seppur nelle sue facoltà, ha superato le valutazioni mediche riportate nella sentenza dei giudici di Bologna e condivise dalla Suprema Corte di Cassazione. Le motivazioni sollevate dal Guardasigilli, a detta di Jorge Ithurburu, presidente della Onlus 24Marzo, sono “un pretesto”. “Nordio dice che c’è una questione medica ma questa era già stata esaminata e risolta". La sua, ha aggiunto, “è una considerazione politica”.
Il presidente di 24Marzo Onlus, Jorge Ithurburu
“Aut dedere aut judicare"
Il 19 gennaio prossimo, è fissata l'udienza davanti alla corte d'appello di Bologna per la revoca della misura, che ancora gravava su don Reverberi, dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, presso la Stazione dei carabinieri di Sorbolo Mezzani, richiesta dal Guardasigilli e dalla procura generale dopo l'emissione del decreto di rifiuto dell’estradizione.
Nel frattempo l'Argentina potrebbe presentare ricorso al Tar di Roma. Ma si tratta di un iter che difficilmente vedrà luce visto il nuovo governo di Javier Milei che non ha nascosto, tra i suoi membri, nostalgie per gli anni della dittatura. “Inoltre - spiega la Onlus - è un ricorso che farebbe uno Stato straniero nei confronti di un governo amico, e questo tra diplomatici non si fa solitamente". Tuttavia, ragiona Ithurburu, dato che viene riconosciuta la responsabilità di Reverberi nell’omicidio di José Guillermo Beron da tutti i giudici italiani (non solo dalle autorità argentine) si potrebbe procedere con il principio giuridico-internazionale del “aut dedere aut judicare” - in italiano o estradare o punire - secondo cui lo Stato, nel cui territorio si sia rifugiato un soggetto reo di gravi crimini, se non consente l'estradizione richiesta da altri stati, è obbligato a giudicare il soggetto fuggitivo sul proprio territorio. Pertanto, si potrebbe aprire un fascicolo contro Reverberi in Italia. Basterebbe solo la presentazione di una denuncia. Su questo punto, Ithurburu ha affermato che "Beron ha due fratelli e una nipote che potrebbero presentare denuncia al consolato italiano di Mendoza. Inoltre ci sarebbero due testimoni che ricordano di aver visto Reverberi prima e dopo che venisse ucciso Beron". Se dovesse essere presentata una denuncia, questa dovrà essere raccolta dalla Procura di Parma che a sua volta dovrà girarla al ministro Nordio che dovrà autorizzarla, in quanto reato commesso all’estero. Per cui la decisione su Reverberi ritornerà nelle mani del ministro. A quel punto si saprà se Carlo Nordio vorrà veramenre rendere giustizia ai parenti di coloro che, a “Casa Departamental”, sono stati torturati sotto lo sguardo del cappellano.
Foto interne © Imagoeconomica
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