Con un dossier di 80 pagine, il Sudafrica porta lo Stato ebraico davanti tribunale delle Nazioni Unite
Dopo la denuncia per "genocidio" mossa dal Sudafrica, oggi e domani, venerdì 12 gennaio, Israele siederà sul banco degli imputati presso la Corte internazionale di giustizia (CIG), il tribunale delle Nazioni Unite incaricato di risolvere le controversie tra gli Stati. La denuncia è accompagnata da una richiesta di misure d’emergenza atte a ordinare la fine delle ostilità, motivate dall’attacco di Hamas del 7 ottobre. Le due udienze pubbliche previste all’Aja, iniziate oggi appunto, serviranno ad esaminare proprio le “misure provvisorie” richieste dallo stato africano. Il Sudafrica chiede alla Corte internazionale di giustizia di ordinare a Israele di cessare le uccisioni e i gravi danni fisici e mentali ai palestinesi di Gaza, di cessare di imporre loro deliberatamente condizioni di vita volte alla loro distruzione fisica come gruppo e di consentire l’accesso agli aiuti umanitari.
Queste udienze non hanno nulla a che fare col penale. Ci sarà un dibattito sulla richiesta mossa dal Sudafrica - la quale ha presentato l'accusa con un documento di 80 pagine - senza però alcuna conseguenza penale. La Corte internazionale di giustizia, infatti, così come la Corte penale internazionale dell’Aja, non emette ordini di esecuzione. I loro verdetti contengono "solo" un messaggio politico che viene rivolto allo Stato in questione. Un unicum non da poco, trattandosi del Paese che, in qualche modo, ha gettato le basi per la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, il 9 dicembre 1948, convenzione ratificata da tutti per quello che ha commesso la Germania nazista: oggi accusato di aver assunto degli atteggiamenti non molto dissimili dalla Germania di Hitler.
Denunciato ai sensi della Convenzione sul genocidio del ’48: la stessa usata contro i nazisti
Ed è proprio a quella convenzione che fa riferimento Pretoria, la capitale del Sudafrica. "Con oltre 22.100 persone uccise tra la metà di ottobre e il 3 gennaio, Pretoria invoca ‘i suoi diritti e obblighi’ per prevenire il genocidio e ‘proteggere i palestinesi di Gaza dalla distruzione’ - si legge nel sito delle Nazioni Unite -. La Convenzione prevede che gli Stati possano intraprendere azioni legali per prevenire il verificarsi di un crimine di genocidio. Essa obbliga gli Stati parti della Convenzione a prendere misure per prevenire e punire il crimine di genocidio. Quest’obbligo, così come il divieto di genocidio, sono considerati norme di diritto internazionale consuetudinario e sono quindi vincolanti per tutti gli Stati, indipendentemente dal fatto che siano o meno tra i 153 Paesi – compreso Israele – ad aver ratificato la Convenzione”.
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Se adottate dalla CIG, le misure provvisorie richieste da Pretoria per fermare le ostilità saranno “legalmente vincolanti”, sottolineano le Nazioni Unite. “Procedimento separato dal caso già in corso sui Territori occupati. Questa procedura è separata da un altro caso riguardante Israele e Palestina, portato davanti alla CIG dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite - si legge -. Un parere consultivo ‘sulle conseguenze legali delle pratiche e delle politiche di Israele nei Territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est’ è stato richiesto alla CIG con una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, adottata il 30 dicembre 2022, prima dello scoppio dell’attuale conflitto. Questa procedura sarà oggetto di un’udienza pubblica il 19 febbraio 2024, dopo aver ricevuto i rapporti scritti di numerosi Stati”. Per definizione, un parere consultivo non è giuridicamente vincolante. Tuttavia, “indica la strada da seguire nel diritto internazionale e costituisce un importante precedente”, aggiunge l’Onu.
Israele risponde con un “veterano” all’Aja
Il 29 dicembre, il Ministero degli Affari Esteri israeliano ha reagito alla denuncia del Sudafrica presso la Corte internazionale di giustizia, dichiarando che “Israele respinge con disgusto la diffamazione”. Il portavoce del Ministro, Eli Cohen, ha criticato il Sudafrica per aver fatto “un uso meschino della Corte internazionale di giustizia”.
Il capo del Consiglio di sicurezza nazionale israeliano, Tzachi Hanegbi, ha dichiarato alla stampa che “lo Stato di Israele è stato firmatario della Convenzione sul genocidio per decenni, e certamente non boicotteremo il procedimento. Risponderemo e respingeremo questa ridicola richiesta. L’accusa infondata che Israele non abbia il diritto di difendersi è una vergogna e ci aspettiamo che tutti i Paesi civilizzati sostengano la nostra posizione”.
Ha aggiunto che “la battaglia legale potrebbe trascinarsi per anni, ma la priorità immediata di Israele è quella di ostacolare un ordine provvisorio che potrebbe costringere a un cessate il fuoco a Gaza”.
Per questo la decisione di schierare in campo un “veterano” dell’Aja. Israele, infatti, ha nominato Aharon Barak, ex presidente della Corte suprema israeliana, a capo della delegazione di giuristi inviata da Israele all’Aja. Una mossa molto discussa in Israele. Questo giurista esperto è stato criticato dagli alleati del Primo Ministro Benjamin Netanyahu per essersi opposto alla sua riforma del sistema giudiziario del Paese. Da parte sudafricana, la delegazione sarà guidata da Dikgang Moseneke, un alto magistrato che è stato giudice della Corte costituzionale e vicecapo della giustizia sudafricana.
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