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Due settimane dopo l’elezione del nuovo presidente, ecco che in Argentina emergono già i primi effetti deleteri

Sarebbero almeno sette le persone arrestate dalle forze di polizia durante la manifestazione che si è svolta nella giornata di ieri a Buenos Aires, ad appena due settimane dall’elezione di Javier Milei come presidente dell’Argentina. La mobilitazione, che si è trasformata subito in protesta contro il neopresidente, è stata organizzata dal principale sindacato del Paese, il Cgt, per contestare il maxi Decreto di necessità e urgenza (DNU), che prevede, tra le altre cose, numerose privatizzazioni e altrettante emergenze che avranno un impatto significativo sull’intera popolazione. Hanno preso parte alle proteste anche diversi partiti di sinistra, diverse categorie di lavoratori e numerosi membri delle organizzazioni che fanno parte dell’Unità Piquetera. La rimostranza - ha reso noto Adnkronos - è iniziata davanti alla sede del Palazzo di Giustizia, dove si sono registrati i primi scontri tra i manifestanti e gli agenti di polizia, durante i quali un poliziotto è rimasto ferito. D’altronde, un diffuso senso di malcontento aleggiava già nell’aria. Durante una conferenza stampa che si è svolta nei giorni precedenti alla manifestazione, davanti ai microfoni dall’agenzia di stampa argentina Télam, il leader dell’organizzazione Polo Obrero e referente dell’Unità Piquetera, Eduardo Belliboni, preannunciando una viva partecipazione durante la manifestazione che si è svolta a Buenos Aires, ha dichiarato: “Abbiamo una richiesta molto concreta: uno sciopero urgente e un piano di lotta per contrastare il DNU di Milei, che è un attacco ai lavoratori e al popolo nel suo insieme”.

I soliti tagli
Sembra che al centro dei pensieri del neopresidente argentino, ci sia un'irrefrenabile ossessione per il ripristino dell’ordine economico. Ma, siamo sicuri che si tratti solo di quello? Le tensioni che si sono consumate nelle scorse ore tra i manifestanti e la polizia argentina davanti alla sede del Palazzo di Giustizia, sono state precedute dalle parole del ministro della Sicurezza, Patricia Bullrich, che senza mezzi termini ha ribadito l’attuazione del nuovo protocollo vigente in seno alle forze dell'Ordine, contro qualsiasi manifestazione che provochi un blocco della circolazione. Mentre, Sandra Pettovello, a capo del mega-ministero dedicato al “Capitale Umano”, che comprende lavoro, istruzione e sviluppo sociale, ha ribadito che verranno tolti i sussidi sociali a tutti coloro che parteciperanno a picchetti o disordini. Insomma, nonostante i suoi sforzi per reprimerli, il dicastero argentino, prevedendo dei disordini, ha finito per subirli. Si tratta di un segnale chiaro, che dimostra come la ‘luna de miel’ tra il neoeletto Milei e il popolo argentino, potrebbe essere inevitabilmente giunta al capolinea. Il contestatissimo Decreto di Necessità e Urgenza (DNU), con i suoi 664 articoli, infatti, non solo impone limitazioni alle manifestazioni, ma prevede anche riforme a livello elettorale, fiscale, sanitario e, soprattutto, un gran numero di privatizzazioni. Tagli alla spesa pubblica, che sarebbero stati decisi dal governo per rispondere allo stato di emergenza che - come ha spiegato il quotidiano argentino “La Prensa” - durerà fino al prossimo 31 dicembre 2025.

I bond perpetui
Come se non bastasse, a peggiorare la situazione ci sarebbe anche un contenzioso che l’Argentina ha nei confronti della compagnia energetica nazionale, la Yacimientos Petrolíferos Fiscales (YFP). Buenos Aires - ha spiegato Il Sole 24 Ore - dovrà iniziare a versare entro il prossimo 10 gennaio ben 16 miliardi di dollari ai querelanti. Tuttavia, l'esecutivo argentino non dispone di questa cifra. “C’è un problema - ha dichiarato Milei durante un'intervista - perché non abbiamo i soldi. Non abbiamo 16 miliardi di dollari da pagare. Ma sì, siamo disposti a pagare”. Malgrado ciò, Milei potrebbe avere la soluzione a portata di mano. Peccato che si tratti di una via d’uscita che convince decisamente poco. La soluzione di Milei, infatti, sono i bond illimitati, meglio conosciuti come bond perpetui. Si tratta di un’obbligazione, in questo caso emessa da un ente pubblico, senza scadenza, che conferisce al possessore che ha acquistato l'obbligazione il diritto a ricevere, oltre al capitale versato, anche gli interessi che nel frattempo sono maturati. Tuttavia, sebbene l'emissione di bond perpetui possa sembrare allettante come mezzo per finanziare il debito, in quanto può efficacemente attrarre nuovi creditori in cerca di un reddito costante nel tempo, sono molteplici i pericoli che si nascondono al loro interno, soprattutto a lungo termine. Le generazioni future potrebbero, infatti, trovarsi a ereditare una situazione difficile da gestire a causa delle oscillazioni sfavorevoli dei tassi d'interesse, con rischi connessi al potere d'acquisto e una possibilità di default da parte del Paese emittente, difficilmente prevedibile.

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