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Al corteo per il DDL “dalla dipendenza all’interdipendenza” presente anche l’arcivescovo di Palermo

Oggi ribadiamo ancora una volta il nostro ‘No’ al crack perché il crack è volontà di qualcuno di dominare, di schiavizzare, di non lasciarci liberi, di illuderci e strumentalizzare i giovani. ‘No’ perché sappiamo che dietro al crack c’è un’industria che vuole illudere per lucrare. I giovani devono saperlo. E noi adulti dobbiamo assumerci questa responsabilità”. È il j’accuse di Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, intervenuto ieri durante la manifestazione “La Sicilia ha fatto crack” promossa dal “Coordinamento riduzione dei danni e prevenzione dei rischi”. L’iniziativa fa parte di un lungo percorso che ha visto una rete di soggettività impegnarsi per la promozione del DDL “Dalla dipendenza all’interdipendenza”.


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Una norma che, se approvata, permetterebbe di recepire i c.d. LEA, ossia quelle prestazioni e servizi che il Sistema Sanitario Nazionale ha il dovere di fornire ed erogare a tutti i cittadini, e delineerebbe un sistema di intervento sociosanitario, integrato e diffuso su tutto il territorio siciliano, in materia di dipendenze patologiche che sia teso alla riduzione dei danni, alla limitazione dei rischi e alla creazione di percorsi e ambienti idonei al supporto reciproco, alla riabilitazione e all'inclusione sociale. Inoltre, grazie a questo DDL si potrebbe elaborare un sistema di interventi sociosanitari e educativi rivolti non solo alle persone che soffrono di dipendenze patologiche ma anche ai relativi contesti familiari, coinvolgendo organizzazioni e individui che a vario titolo, si spendano in tale settore.


lorefice crack reel insta

A prendere parte all’iniziativa, oltre ad alcune realtà sociali, ci sono stati anche i familiari di alcuni giovani che sono morti a causa del crack. Tra questi la famiglia Zavatteri, uno dei promotori di questo DDL che, raggiunta la Cattedrale di Palermo, si è abbracciato con Lorefice. “Voglio esprimere la mia vicinanza - ha detto l’arcivescovo -. Il mio sogno è che ogni giovane possa vivere in pienezza di libertà. E nessuno si deve permettere di schiavizzarlo. Nessuno”. La delicatezza del momento era palpabile. Il corteo si è fermato per ascoltare l’appello di Lorefice, il quale non ha risparmiato nemmeno le istituzioni che, per mesi, sono rimaste immobili paralizzando l’iter burocratico e legislativo per l’approvazione del DDL. “Ci sono giovani che soffrono. Giovani che ancora oggi sono sotto questo tremendo potere - ha detto -. Di fronte a questo noi diciamo che ci vogliamo essere e ci devono essere le istituzioni. Ci deve essere anche una legge che ci aiuta ad accompagnare comunque tutti i giovani che vivono dentro questa morsa, le loro famiglie, i loro affetti più cari, i loro amici. Io ci sono nel mio piccolo”.


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Francesco Zavatteri, padre di Giulio, e l'arcivescovo Corrado Lorefice


Per Lorefice una sola parola d’ordine: “Uniti”. Perché “non ci sono etichette né barriere”, ha aggiunto. “Viviamo la stessa città. Palermo la costruiamo insieme. Ognuno di noi è cittadino e come cittadini ci uniamo infrangendo le barriere che prima di tutto sono mentali - ha detto alla folla attenta -. Insieme, senza etichette. Tutti. Non possiamo che essere dalla parte dei giovani e delle famiglie che conoscono comunque le conseguenze tremende del crack”.
Un appello rafforzato ancora di più dal ricordo di “Giulio, Diego e Noemi”. Tre giovani le cui vite sono state stroncate dalla droga. “Li ricordiamo con grande affetto così come ricordiamo le loro famiglie”.

Foto © Deb Photo

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