Contro ogni aspettativa - l’esito ha sorpreso tanti - Javier Milei, figura di spicco del partito “La libertad Avanza” (Libertario), ha vinto alle urne contro Sergio Massa, ottenendo praticamente il 56% dei voti. Il prossimo 10 dicembre sarà il nuovo presidente degli argentini. L'Argentina si è divisa, il candidato alla presidenza più di ultradestra di questo Paese ha prevalso su un altro personaggio, non meno reazionario, non meno controverso, e fino ad oggi ministro dell’Economia e protagonista di uno dei periodi più critici di questo paese, per quel che concerne la realtà economica.
Javier Milei ha vinto, è chiaro che la sua campagna elettorale ha avuto successo. Il suo essere eccentrico e la sua posizione piuttosto reazionaria lo hanno fatto navigare su acque profonde, in un paese socialmente consumato dalla disperazione e dall’inerzia e, in conseguenza, terreno fertile dell'indifferenza e della mancanza di impegno, nonostante ci fossero sul tavolo altre candidature alla presidenza. Candidati che non sono riusciti a superare Milei. Non sono riusciti a neutralizzare le tante proposte “libertarie” sconcertanti - secondo persino i più esperti analisti politici, locali e stranieri - permettendo così il trionfo inequivocabile di una corrente ideologica, che offre fin troppi punti interrogativi e meno certezze coerenti.
Durante tutta la campagna elettorale, in questo anno che volge al termine, Javier Milei ha tirato al proprio mulino ogni sorta di critica, in particolare da parte dei partiti di sinistra o settori popolari, e soprattutto dalle organizzazioni per i Diritti Umani che lo hanno tacciato come arcinemico, e giustamente, perché il suo vice presidente Victoria Villarruel, non è nient’altro che la negazionista più acerrima della dittatura civico militare imprenditoriale ed ecclesiastica degli anni settanta ed una patrocinatrice incondizionata della casta repressiva.
La destra e l’ultradestra sono andate compatte a votare, nonostante prima del ballottaggio il dibattito pubblico dei candidati sia stato piuttosto acceso e violento, al punto che i più ostinati seguaci di Milei, presumevano che lui avrebbe subito le conseguenze del confronto di ottobre visto da milioni di persone dentro e fuori dal Paese. Ma niente di tutto ciò. I candidati delle destre più recalcitranti dell'Argentina di oggi si sono strette in un abbraccio all'ultimo minuto ed oggi festeggiano felicemente.
Ma mentre una fascia di argentini segue questa linea, un'altra assume con rammarico che dovrà continuare la propria resistenza per potere far fronte ad un già annunciato attacco delle orde reazionarie che già da un primo momento si sono insinuati, a poche ore del trionfo, nelle strade delle città argentine; anticamera di quattro anni che saranno definitivamente controversi, molto aspri, forse anche molto violenti. Questo perché le lotte sociali non cesseranno e nemmeno le repressioni. Ergo, le manganellate, i lacrimogeni e le pallottole del terrorismo di Stato saranno a fior di pelle, purtroppo, visto che tra i trionfatori ci sono personaggi che, benché non si siano identificati come libertari, in ultima istanza li hanno appoggiati. Come ad esempio Mauricio Macri e Patrizia Bullrich, quest’ultima responsabile di non pochi episodi di violenza di Stato durante la sua amministrazione. Il più mediatico dei quali è la sparizione forzata e la morte di Santiago Maldonado, solo per nominarne uno.
Nei suoi primi proclama con spirito euforico, il neo presidente eletto Javier Milei - appoggiato da tutto l'antiperonismo unito, di ‘Juntos para el Cambio’ - ha promesso di avanzare nella sua gestione senza gradualità. Vale a dire a passo rapido, in riferimento ai cambiamenti promessi in campagna elettorale con in mano una motosega.
Il programma politico annunciato, non privo di larghi consensi, mira piuttosto a cambiamenti drastici in non pochi settori: la chiusura della Banca Centrale, il ritorno al pensionamento privato, la riduzione al minimo dell'educazione e della sanità, e, se ciò non bastasse, una forte spinta alle privatizzazioni. Victoria Villarruel, è sua vicepresidente, e svolgerà un ruolo preponderante, con l'aggravante che la sua figura risulti essere più aggressiva, più sfacciata di quella del neo presidente, specialmente per quanto riguarda il richiamo massivo e popolare di preservare la memoria dei 30.000 desaparecidos e gli effetti dello stivale militare, sotto il governo di Videla, che è né più né meno che uno dei suoi eroi prediletti, tra gli altri repressori.
Ci sono ancora 20 giorni di transizione, è vero. Ma ormai ci siamo resi conto che il nuovo titolare della Casa Rosada, Javier Milei, non andrà con mezze misure, né lusinghe. Difatti in alcuni suoi interventi - nelle ultime ore, nel suo primo discorso all’Hotel Libertador - ha detto enfaticamente con il sorriso sulle labbra: “Oggi ha inizio la ricostruzione dell'Argentina”.
Dopo questa ampia premessa, dalla nostra redazione sorge la domanda: Javier Milei sarà il presidente che salverà l’Argentina, come promette, o sarà invece l’uomo che la distruggerà? Domanda che si devono stare formulando in tanti, nella regione, e nel mondo.
Mauricio Macri si è spinto oltre nel suo recente commento: “Non ci sono dubbi che oggi (domenica giorno delle elezioni, ndr.) inizia un'epoca” ed ha poi aggiunto: “Le responsabilità del disastro economico causato dal governo attuale, specialmente dalla gestione di Massa, non si possono esonerare così facilmente quando si consegna un Paese fallito. Non possiamo accettare in silenzio che il colpevole ci saluti come un Salvatore”.
Lo schieramento ‘Libertad Avanza’ e alleati hanno portato un'alluvione di voti, ma ciò non vuole dire che Milei abbia vinto grazie a tutti ed ognuno degli antiperonisti. In quell’alluvione di voti abbiamo i grandi delusi, nel contesto di una crisi economica molto pesante, dove il sociale ha avuto la sua grande influenza al momento di votare.
Un voto cittadino impregnato da un sentimento di disagio enorme e di grande indifferenza, di grande negligenza, perché la triste realtà del giorno per giorno, ben visibile ai governanti che agiscono come più fa loro comodo, con un saldo di più errori che successi, hanno alimentato un sentimento di sconcerto tale che ha spinto i cittadini ad accogliere la presenza di un personaggio innovativo, super eccentrico, e bravo nella dialettica riguardo cambiamenti e promesse drastici, per impressionare e così dargli il proprio voto, a convinzione, per quanto quel personaggio, chiamato Javier Milei, che ha parlato a ricchi e poveri, non sia altro che un ingranaggio delle classi dominanti di un paese, ricco, attualmente impoverito.
Allora, dalla nostra redazione, in questo contesto ci troviamo ad insistere con la domanda iniziale, consapevoli che la realtà oramai non possiamo modificarla. Ci resta solo assimilarla con aristocrazia popolare, perché le evidenze ci annunciano che la società argentina sembra abbandonarsi in un burrone ideologico mordace ed orribile che perfettamente la condurrà all'anticamera di un'autodistruzione spaventosa.
Da aggiungere a tutto questo caos un dato per niente inferiore: è in assoluto lo stupore generale (e mio personale), di come si è ceduto all'ultradestra rancida dell'Argentina lo spazio guadagnato in anni ed anni di vita democratica in difesa dei diritti umani in preda ad un'amnesia generalizzata in relazione alla memoria storica con un saldo terribile di desaparecidos, in epoca dittatoriale.
Ci troviamo in un momento buio, perché avere Milei e Villarruel al comando colpisce anche noi. Adesso gli argentini si ritrovano - perché lo hanno scelto - un personaggio artefice, gestore, e promotore di una politica iperneoliberista, raccapricciante, che sicuramente avrà delle conseguenze inimmaginabili.
Quindi, dal 10 dicembre di questo 2023, gli argentini dovranno dare inizio ad una resistenza, per potere affrontare la quotidianità, la sopravvivenza, perché alla crisi attuale si aggiungerà una nuova crisi, che porterà il nuovo amministratore.
Ci resta solo resistere e lottare; lottare e resistere, con tutto noi stessi, e uniti. Che non è metafora, né slogan. Ci devono essere fatti, nel Congresso, nelle strade e piazze.
Resistere, solo resistere.