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Il fratello del magistrato ucciso il 19 luglio 1992: "Via d’Amelio fu strage di Stato"

La strage di via d'Amelio "la mafia da sola non l’avrebbe compiuta dopo appena 57 giorni dalla strage di Capaci. La mafia sa aspettare. Inoltre, fu controproducente per i mafiosi dato che fu approvato il cosiddetto pacchetto Falcone" che prevedeva anche la conversione in legge del decreto che istituì il cosiddetto 'carcere duro', cioè il 41 bis.
Così Salvatore Borsellino, come riportato dal 'Fatto Quotidiano', ha parlato della strage in cui fu ucciso Paolo Borsellino e i membri della sua scorta quel 19 luglio 1992.  Ad accelerare l'esecuzione della strage fu il "rifiuto di Paolo rispetto a quella trattativa Stato-mafia di cui sicuramente era venuto a conoscenza, anche se purtroppo una sentenza definitiva dello Stato non l’ha considerata reato. Paolo aveva anche capito delle cose sulla strage di Capaci e premeva per essere sentito dalla procura di Caltanissetta. Era l’unico che aveva letto in vita i diari di Falcone" ha detto.
Il fratello del giudice ucciso in via d'Amelio, ricordiamo, aveva preso le distanze dalle dichiarazioni dell'avvocato Fabio Trizzino sentito in commissione antimafia nei giorni scorsi. Secondo Trizzino dietro a quella strage vi sarebbe il dossier 'Mafia e Appalti' del Ros dei carabinieri.
Salvatore ha ribadito al 'Fatto' che questa tesi è "deviante": "Non me la spiego - ha detto - se non come frutto di un suggerimento, forse del Ros stesso. D’Altronde, Trizzino insieme a una delegazione di esponenti radicali, nel giugno scorso, ha incontrato la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Colosimo, e con loro c’era anche l’ex generale del Ros dei carabinieri Mario Mori. L’inchiesta su mafia e appalti può essere semmai una concausa dell’attentato, Paolo aveva in mano quel dossier, ma da solo non giustifica affatto l’accelerazione della strage di via D’Amelio, una strage anomala".
Il fondatore delle Agende Rosse si è detto infine molto addolorato dall'allontanamento dalla famiglia: "Non avrei voluto, probabilmente non condividono né la mia posizione processuale né il mio sostegno a Nino Di Matteo e a Roberto Scarpinato, che stimo moltissimo per la loro dedizione nella lotta alla mafia e per la verità sulle stragi, ma che invece Trizzino ha attaccato in Commissione parlamentare antimafia. È una vicenda dolorosa, perché riguarda i figli di mio fratello e che mi colpisce profondamente per l’affetto che nutro nei loro confronti. Ma non potevo tacere di fronte alle accuse di Trizzino di andare dietro fantasmi. Come scrissi nel 2007 in una lettera pubblica, dopo un lunghissimo silenzio, la strage di via D’Amelio è una strage di Stato, come purtroppo tante altre, a partire da Portella della Ginestra".

Fonte: ilfattoquotidiano.it

Foto © Deb Photo

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