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Il sostituto procuratore Dna: “Magistratura in pericolo. Ai futuri magistrati dico: ‘Preservate autonomia e indipendenza’”


Questo articolo, che riproponiamo ai nostri lettori, è stato scritto in data 14-10-2023



Le riforme della giustizia di Nordio vanno nella stessa direzione della riforma Cartabia. Entrambe ridimensionano le armi in possesso della magistratura per quanto riguarda il controllo di legalità sull’esercizio del potere, quindi sui reati contro la pubblica amministrazione, sul rapporto mafia-politica e anche sulle indagini sui grandi sistemi. Ci sono delle norme come quelle sulla prescrizione o sulle intercettazioni che abbassano il livello di contrasto”. Sono le conclusioni tratte a un anno dall’insediamento del Governo Meloni dal sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo, intervistato dall’ex magistrato e primo cittadino di Napoli Luigi de Magistris a Res Publica, format di approfondimento condotto da Diletta Acanfora in onda ogni giovedì su Canale8.
Secondo il magistrato palermitano, “si continua ad avere un approccio rigoroso nel confronto di altre manifestazioni criminali. Mi riferisco a quelle da strada, per esempio. Ed è giusto che vadano rigorosamente perseguite ma ci stiamo avviando ad un sistema con una giustizia a due velocità: rigorosa, possibilmente efficace ed efficiente, certe volte spietata, con i criminali da strada e i reati tipici degli ultimi della società; e con le armi completamente spuntate nei confronti dei reati dei colletti bianchi”. Un sistema che inevitabilmente porta con sé uno scompenso. Basti pensare a quanto si riscontra all’interno delle carceri. “Ci sono 57mila detenuti nelle galere italiane ma solo 4 o 5 stanno scontando una pena definitiva per corruzione - ha sottolineato Di Matteo -. A dimostrazione del fatto che certi fenomeni sono sostanzialmente impuniti nel nostro sistema”. Il procuratore, dunque, ha invitato ad analizzare, ed eventualmente criticare, l’operato del governo - in particolare del Guardasigilli Carlo Nordio - “evitando l’errore della parcellizzazione del giudizio, cioè di considerarle ciascuna riforma distinta dall’altra o dalle altre. Dobbiamo avere una visione di insieme. E facendo questo tipo di analisi dico che non stiamo andando nelle direzioni giuste”.


dimatteo respublica


Il pm della Trattativa Stato-mafia ha voluto anche sentire il falso mito secondo cui la mafia oggi sia sconfitta perché non commette più stragi e delitti eccellenti. “Da 170 anni il nostro Paese fa i conti con la questione mafiosa e non riesce a vincere la guerra, nonostante 17 Commissioni parlamentari antimafia e il sangue versato da tanti servitori dello Stato. Un motivo ci sarà - ha evidenziato Di Matteo -. La mafia, e in particolare Cosa nostra siciliana, per la mia esperienza, ha nel DNA la capacità di creare, mantenere e implementare i rapporti con il potere ufficiale, quindi politico, imprenditoriale, economico e finanziario. La mafia da 30 anni non compie stragi e omicidi eccellenti, ma ha avuto sempre una grande qualità: la capacità di cambiare pelle come un serpente”. Il magistrato evidenzia la capacità dell’organizzazione mafiosa di “adattare le proprie strategie criminali alle contingenze sociali e politiche”. Senza però commettere l’errore di considerare la strategia stragista tramontata per sempre. “Stando alle inchieste dei colleghi di Caltanissetta, fino a dieci anni fa era in corso la preparazione di un attentato nei miei confronti - ha detto il sostituto procuratore nazionale antimafia -. Il collaboratore di giustizia che ne ha parlato era stato ritenuto attendibile e sono stati trovati dei riscontri purtroppo molto significativi”. Per questo, il magistrato non è convinto che questa trasformazione da mafia stragista a imprenditoriale sia definitiva. “In ogni caso è vero che oggi la mafia spara di meno ed è indebolita dal punto di vista militare - ha aggiunto -. Ma si è indebolita grazie ad una legislazione molto incisiva che ha varato la legge sui collaboratori di giustizia, sulle misure di prevenzione patrimoniali, sul 41bis, sull’ergastolo ostativo, sulle intercettazioni. Oggi paradossalmente questi strumenti che hanno consentito di indebolire l’ala militare della mafia, e che gli altri Paesi ci vorrebbero copiare, noi li mettiamo in discussione”. “Credo che abbiamo vinto alcune battaglie ma la guerra è ancora lontana da una soluzione positiva per lo Stato. Oggi l’economia, anche quella apparentemente legale, è profondamente condizionata dagli interessi mafiosi. Noi non sappiamo più quando andiamo a mangiare una pizza o facciamo una vacanza in un albergo se stiamo contribuendo ad implementare l’attività economica di una cosca che di fatto gestisce quell’attività”, ha continuato Nino Di Matteo rispondendo alle domande di Luigi de Magistris.


demagistris respublica


Tra i tanti temi affrontati nel corso dell’intervista - tra cui le verità storiche emerse dal processo Trattativa Stato-mafia e il sentimento di isolamento da parte di alcune istituzioni -, particolare attenzione è stata rivolta alle giovani generazioni. Rispondendo a de Magistris, il quale ha chiesto al magistrato palermitano se consiglierebbe ai giovani entrare in magistratura oggi, Di Matteo ha risposto: “Ai giovani mi sento di consigliare un impegno diretto e personale. Quando vado nelle scuole e nelle università dico sempre ai giovani informatevi, fate valere le vostre idee e i vostri ideali, indignatevi, ribellatevi alle ingiustizie ma non cadete nella rassegnazione e nell’indifferenza”. “Da questo punto di vista per me un giovane che vuole fare il magistrato va seguito con grandissimo entusiasmo - ha detto -. Soprattutto se quel giovane si approccia alla magistratura sapendo che non è un lavoro come un altro, ribellandosi ai tentativi che sono in atto - purtroppo anche all’interno della magistratura stessa - di burocratizzare il lavoro, di gerarchizzare gli uffici, di creare aspettative di carriere che il magistrato non deve avere. Ricordo quando siamo entrati noi in magistratura Luigi, litigavamo per fare i processi più difficili e rischiosi. Oggi, invece, spesso ci può essere l’approccio di chi non vuole rischiare di bruciarsi, di chi è più attento alle statistiche, a non sporcare la sua immagine di magistrato e a fare delle cose che son sempre gradite ai dirigenti degli uffici”. “Oggi direi a un giovane impegnati per la magistratura perché è sempre un lavoro bellissimo. È una missione di servizio nei confronti della collettività. Ma ricordandosi sempre che non dobbiamo smettere nemmeno per un istante di preservare la nostra autonomia e indipendenza. Anche all’interno della magistratura”, ha concluso.

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