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Il pm ospite a Rieti alla presentazione del libro "Traditori" assieme all'autore Paolo Borrometi

La lotta alla mafia e ai sistemi criminali richiede innanzitutto un impegno della politica. Non si può condurre soltanto sul piano giudiziario e sul piano della repressione. E quando si accusa la magistratura di voler sconfinare sul campo della politica, credo che tranne per poche eccezioni ciò non sia avvenuto. Al contrario, la politica ha ritenuto più comodo addossare soltanto sulle spalle della magistratura l’opera di accertamento della verità. La politica dovrebbe stare in prima linea nella lotta alle mafie”. A parlare è il sostituto procuratore nazionale Nino Di Matteo intervenuto mercoledì sera a Rieti durante la presentazione del libro "Traditori" (ed. Solferino) di Paolo Borrometi, organizzata dal gruppo delle Agende Rosse locale. Assieme al magistrato erano presenti anche l’autore del libro, il presentatore Simone Petrangeli e le moderatrici Helena Cocco e Paola Rita Nives Cuzzocrea. I due, Di Matteo e Borrometi, partendo dal libro e dalla necessità del condirettore dell'Agi di cimentarsi in questa opera di ricostruzione storica, oltre che investigativa, hanno affrontato vari temi: dalla crisi che recentemente ha investito la magistratura al ruolo dell'informazione, dal giornalismo d'inchiesta come "cane da guardia contro il potere" al ruolo delle giovani generazioni contro le mafie, fino al ruolo - spesso assente - della politica.





Nella serata, anche un momento di ricordo al compianto giornalista Andrea Purgatori con il quale se ne è andato un pezzo importante di giornalismo investigativo. "Proprio quello di cui questo Paese ha il disperato bisogno", ha commentato Di Matteo.
“Traditori” è un libro "molto importante", l'ha definito il magistrato palermitano. "Innanzitutto, perché in un Paese in cui il muro di gomma del silenzio è sempre più alto rispetto a certi temi e fatti che hanno segnato la storia della nostra Repubblica, Paolo Borrometi ha avuto il coraggio di raccontare e approfondire quei fatti”. Nel volume, Borrometi racconta il volto oscuro dell’Italia repubblicana, i suoi misteri, i casi perennemente irrisolti e i depistaggi (talvolta di Stato), che spesso si annidano dietro le indagini inconcluse tra manipolazioni e piste create ad arte per sviare dalla verità. E in questo lavoro “ha adottato un approccio particolare che andrebbe mantenuto sempre quando si cerca di raccontare la verità - ha sottolineato Di Matteo -. Ha mantenuto una visione unitaria, una capacità di legare vicende apparentemente non legate e che invece risultano effettivamente connesse da un unico filo rosso o filo nero che le caratterizza”.

A spingere il giornalista a scrivere "Traditori", oltre al contributo di verità e giustizia, è stato anche la necessità di "ringraziare persone come Nino Di Matteo che hanno fatto il proprio dovere in un Paese in cui fare ciò è diventato anormale”. L’autore, conversando con le moderatrici, ha iniziato con un’autocritica alla propria categoria, responsabile troppe volte di una cattiva informazione alle persone. Ribadendo il diritto-dovere del giornalista sancito nell’art.21 della Costituzione che è, innanzitutto, “il diritto del cittadino ad essere informato”, ha sottolineato come “noi giornalisti abbiamo commesso errori clamorosi negli anni. Molti colleghi, lo avrete sentito in tv, il giorno dopo la sentenza di Cassazione del processo Trattativa Stato-mafia hanno titolato e sostenuto che la trattativa non c’è stata. Nullificando così la verità storica di questo Paese e prendendosi una enorme responsabilità: quella di non informare i cittadini”. Un Paese al contrario, dunque, in cui piuttosto che discutere dei misteri contenuti nel libro, per esempio, “ormai siamo costretti ad intervenire sulle pagine di uno dei pochi strumenti liberi come ANTIMAFIADuemila per contestare le parole di un professore universitario (Costantino Visconti, ndr) che suggerisce di non invitare il magistrato Di Matteo nelle scuole e nelle università. Penso che questo sia un pessimo modo per garantire innanzitutto la libertà di ognuno di noi nell’esprimere parola. E anche per la ricerca della verità”.





Nel corso della serata, dunque, sono stati affrontati argomenti importanti che stanno alla base della democrazia del Paese. Con un occhio di riguardo rivolto alle giovani generazioni. Tanti i giovani presenti nell'Auditorium della Chiesa di Santa Scolastica. “Non rassegnatevi e non adeguatevi alle verità ufficiali che spesso non sono quelle reali - ha detto Di Matteo, coautore assieme al giornalista Saverio Lodato del libro "Il patto sporco e il silenzio" (ed. Chiarelettere) -. Impegnatevi, indignatevi, arrabbiatevi e ribellatevi a ciò che considerate ingiusto. Farete cose giuste e sbagliate, ma sarete vivi e liberi. Sarete cittadini che vogliono vivere in uno Stato libero e democratico. È difficile, ma si può fare”. E non è vero, ha precisato, “che i giovani sono disinteressati. Non è così. Quando vado nelle scuole o nelle università, dove appunto il professore Costantino Visconti vorrebbe che non invitassero più il sottoscritto e il giornalista Saverio Lodato, grande esperto di mafia, rimango stupito dall’interesse dei ragazzi e dalla profondità delle loro domande e delle loro riflessioni. Con buona pace di Visconti, io e Lodato continueremo a girare l'Italia. Siamo noi (adulti, ndr) che non siamo capaci di trascinare i ragazzi e abbiamo dato un cattivo esempio”.

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