"In una forma o in un’altra, Julian sta entrando nel quindicesimo anno di detenzione, quindi non molto bene. E sembra che sia molto vicino all’estradizione negli Stati Uniti, il che peggiora le cose". A parlare è John Shipton, padre dell'editore australiano Julian Assange, fondatore di Wikileaks, in un'intervista rilasciata a Riccardo Ongaro per "L'Indipendente". Chi ha avuto la fortuna di conoscere John si è trovato davanti una persona dall'animo gentile e dal cuore immenso. Un uomo umile, pacato, paziente, ma non per questo poco combattivo. Ogni giorno da anni si spende per raccontare a migliaia di persone in giro per il mondo la storia di suo figlio e la persecuzione giudiziaria che da anni lo colpisce. Julian rischia l'estradizione in Usa. Su di lui pendono 17 capi d’accusa, per un totale di 175 anni di prigione circa, per aver rivelato - tra le altre cose -, i crimini contro l’umanità commessi dall’Occidente in Afghanistan e in Iraq durante le cosiddette “guerre al terrore” statunitensi. Gli Stati Uniti lo vogliono processare e condannare per cospirazione e spionaggio. Tutto in base alle disposizioni dell'Espionage Act del 1917 che punisce, in particolare, le interferenze con le relazioni internazionali e commerciali degli Stati Uniti e le attività di spionaggio. La “colpa” di Assange, dunque, è aver fatto giornalismo d’inchiesta e aver pubblicato documenti che certificano gravi violazioni dei diritti umani.

Suo padre è un uomo semplice con un'attitudine positiva anche se da anni la sua vita è tormentata senza - apparentemente - una via di fuga. "Io credo che in ogni cuore umano ci sia una fame di giustizia e una repulsione di fronte all’ingiustizia - ha detto -. La trovo una cosa molto incoraggiante che si è dimostrata essere vera, dal momento che il sostegno a mio figlio è cresciuto in tutto il mondo in misura straordinaria. Ora un terzo del parlamento in Grecia e il 45% del parlamento in Australia sostiene Julian, come anche i presidenti. Tutti i presidenti dei principali Paesi dell’America Latina e ogni Parlamento europeo, l’Italia in particolare, hanno un ‘gruppo Assange’. Milioni di persone in tutto il mondo. La mia sensazione è corretta, le persone hanno fame di giustizia. E questo sì, solleva gli animi e li mantiene alti".

Anche se l'Italia in quanto alla libertà di stampa si trova al 41° posto (fonte FNSI) Shipton non sbaglia quando afferma che il "Bel Paese" osserva con attenzione la vicenda giudiziaria di Julian Assange. In Italia, infatti, ci sono molti gruppi di attivisti. "Potrei dire che i senatori in Italia sono stati i primi a portare dinanzi al Consiglio d’Europa il tema della persecuzione di Julian - ha aggiunto -. E, a seguito delle attività dei senatori italiani, il Consiglio d’Europa ha emesso una dichiarazione (o meglio, due dichiarazioni) di sostegno a mio figlio. Questo è davvero importante.  È un’azione iniziata tre anni fa e quella dichiarazione di sostegno è stata ripetuta nuovamente due anni fa".


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Foto by Thierry Ehrmann/Flickr


Il verdetto finale di questa storia non è stato ancora decretato e le dichiarazioni rilasciate nelle scorse settimane dall'ambasciatrice degli Stati Uniti in Australia Caroline Kennedy, figlia di JFK, al Sydney Morning Herald hanno riacceso una speranza. La diplomatica aveva accennato alla possibilità di fare un accordo per consentire al fondatore di WikiLeaks di tornare in Australia e porre fine alla sua detenzione nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh (Gran Bretagna) in cui si trova dal 2019. Un patteggiamento.

In Australia "l’88% della popolazione chiede che Julian faccia ritorno a casa - ha detto il padre del giornalista -. Cinquanta parlamentari fanno parte del 'gruppo Assange' e altri cento membri del Parlamento hanno chiesto che mio figlio sia rilasciato. Una delegazione di parlamentari e senatori partirà per gli Stati Uniti il 20 settembre, per chiedere al governo di permettere a Julian di tornare in Australia. Il primo ministro e i leader dell’opposizione hanno entrambe rilasciato dichiarazioni a sostegno di Julian. Si può dire che l’intero sistema politico dell’Australia, persone, parlamentari e istituzioni, desidera che Julian torni in Australia e che la persecuzione abbia fine". Per sapere se quella del patteggiamento è una strada percorribile si dovrà attendere il mese prossimo quando il Primo ministro australiano Anthony Albanese si recherà a Washington D.C. Nel frattempo, l’ultima notizia che John Shipton ha da parte di Assange è che "ha fatto richiesta presso l’Alta Corte del Regno Unito per un’udienza, una revisione della sua situazione". "L’Alta Corte non si è ancora pronunciata in merito - ha aggiunto -. Per quanto riguarda l’appello alla Corte europea dei diritti dell’uomo, questo non può procedere finché tutte le altre vie non sono state esaurite. Quindi, se l’Alta Corte dovesse rifiutare l’udienza, allora Julian potrebbe fare richiesta alla CEDU, e sono certo che lo farà. Qualche giorno fa ho letto sui giornali che il Regno Unito starebbe valutando di non permettere a Julian di viaggiare fino a Bruxelles per presentare l’appello. Non so se sia vero o meno, ma sarebbe scandaloso se il Regno Unito impedisse o cercasse di impedire a Julian di appellarsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. O meglio, sarebbe un altro scandalo".

John Shipton è anche un nonno. I nipoti Gabriel e Max "sentono la mancanza del loro padre anche se sono abituati". Una situazione complicata in cui, da nonno, cerca di distrarli dicendo qualcosa di sciocco affinché l'attenzione dei piccoli non vada al padre e alle sue condizioni di salute. Perché sono quelle a preoccupare di più in questa vicenda. "Il relatore delle Nazioni Unite per la tortura e le pene inusuali, il Professor Melzer, ha descritto le calunnie, il linciaggio, le bugie, gli scandali spietati, la malizia, il crollo del giusto processo, la degradazione dei diritti umani di Julian come una tortura, tortura psicologica - ha sottolineato John Shipton -. E andò oltre, spiegandoci che tutta la tortura, fisica o mentale, non mira solo a farti male a un dito, ma a cambiare la tua mente, affinché tu riveli qualcosa o cambi idea. Teniamo presente che il trattamento di Julian è stato dichiarato tortura psicologica nelle 26 pagine di valutazione finale di Melzer, poi presentate all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dove è stata accolta. Lui lo descrive come ‘Un omicidio al rallentatore sotto i nostri occhi’. Non potrei dire con maggiore fermezza di così che abbiamo assistito e stiamo assistendo a una persecuzione maliziosa da parte del Regno Unito, degli Stati Uniti e in precedenza della Svezia, che cercano di uccidere qualcuno attraverso la violazione dei suoi diritti umani e l’abbandono di un giusto processo". È solo questione di tempo, verrebbe da dire. Tempo in cui la società civile è chiamata a fare il massimo manifestando in piazza e nelle sedi istituzionali per costringere la Politica ad esprimersi in favore di Assange.

Dentro John resta viva la speranza, perché come scrisse Dante nel verso conclusivo dell'Inferno: "E quindi uscimmo a riveder le stelle".

Foto di copertina © Imagoeconomica

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