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La violenza è sistematica, non sporadica. Garante privacy: "Conseguenze penali per chi diffonde il video"

Come se non fosse già un'orribile notizia quella dello stupro di gruppo ai danni di una 19enne, avvenuto lo scorso 7 luglio in un cantiere al Foro Italico di Palermo, ora è caccia al video sul web. È bene sottolinearlo: non vi è nulla di più errato che catalogare la vicenda come un "caso sporadico". Quanto avvenuto a Palermo è l'ennesima dimostrazione di come la violenza di genere - che vede nello stupro una delle sue forme più violente (non l'unica) - è una questione di sistema e in quanto tale va affrontata sotto ogni profilo sociale. Ma dicevamo: sui social è caccia al video dello stupro che il gruppo ha registrato.
In sette, tutti giovanissimi, sono stati arrestati e nei giorni scorsi, durante i primi interrogatori, sono scattate le prime ammissioni. Una violenza brutale immortalata nelle immagini di un video per cui adesso è anche scattata una vera e propria ricerca.
Tempestivo l'intervento del Garante privacy che ha messo in guardia sulle conseguenze, anche di natura penale, della diffusione e condivisione dei dati personali della vittima dello stupro di Palermo e dell'eventuale video realizzato. A seguito di numerose notizie stampa su una "caccia alle immagini" scatenatasi nelle chat, l'Autorità - con due provvedimenti d'urgenza - ha rivolto un avvertimento a Telegram e alla generalità degli utenti della piattaforma, affinché venga garantita la necessaria riservatezza della vittima, evitando alla stessa un ulteriore pregiudizio connesso alla possibile diffusione di dati idonei a identificarla.
Ed è proprio Telegram il social al centro dell'attenzione.
Alla barbarie dello "stupricidio" - come l'ha definito "la Malafimmina", nota attivista transfemminista siciliana (una delle prime a denunciare quanto accaduto) - si è aggiunta anche la notizia di un canale Telegram chiamato "Video Ragazza Palermo" in cui quasi 30mila persone si sono iscritte per guardare le immagini di quello scempio che da un momento all'altro potrebbero essere diffuse. "Una parte di quelli utenti chiede il video con insistenza - denuncia il giornalista Salvo Sottile in un video pubblicato sul suo profilo Facebook -. I messaggi che si leggono sono da brividi. Molti sono disposti persino a offrire soldi. Si nascondono dietro nickname e profili falsi. Gli utenti non hanno un volto, ma esistono. E aspettano pronti a pagare o ad accettare un baratto con altri video in cambio". "Non so chi siano gli utenti iscritti al canale telegram, ma mi chiedo se hanno meno colpe di quei ragazzi in galera o sono anche loro complici. Perché mettersi in fila e aspettare quel video come fosse il biglietto di un concerto non significa forse stuprare quella ragazza altre 10, 20, 30mila volte?", ha continuato.


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Il Tribunale di Palermo © Imagoeconomica


Nel frattempo, i sei giovani che si trovano in carcere a Palermo accusati di violenza sessuale di gruppo su una 19enne hanno chiesto di essere allontanati dalla struttura penitenziaria per via delle minacce ricevute.
Nei giorni scorsi i ragazzi hanno risposto in lacrime ai magistrati, dicendo di essersi rovinati la vita. Ma non hanno cambiato la loro linea di difesa: "Lei era consenziente". Dopo avere rigettato i ricorsi di Angelo Flores e Gabriele Di Trapani (due giovani del gruppo), ieri i giudici hanno respinto anche la richiesta dei difensori di Cristian Barone confermando l'arresto in carcere. Un settimo responsabile, minorenne al momento del fatto e ora 18enne, è stato scarcerato dal gip del tribunale per i minorenni e affidato a una comunità. Intanto proseguono le indagini dei carabinieri per trovare altri cellulari e video che avrebbero immortalato lo stupro avvenuto nel cantiere del collettore fognario, al Foro Italico, dove la ragazza è stata poi soccorsa da un'ambulanza. Perché si tratta di un problema di sistema, appunto: 30mila utenti non sono "casi sporadici".

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