Oggi sono passati 34 anni dall'efferato delitto di Villagrazia di Carini nel quale sono stati uccisi il 5 agosto del 1989 Nino Agostino, la moglie Ida Castelluccio e la bimba che portava in grembo. In vista della commemorazione è stata effettuata l'ennesima pulizia straordinaria sul lungomare Cristoforo Colombo e in via Americo Vespucci, strade spesso invase dai rifiuti. Solo dieci giorni fa l'amministrazione era intervenuta negli stessi luoghi per rimuovere ben 20 tonnellate di indifferenziata.
"Questo è il luogo dove il 5 agosto 1989 mio figlio mia nuora e il loro bambino sono stati uccisi. Sono profondamente addolorato e deluso" aveva scritto Vincenzo Agostino su Facebook commentando con amarezza la desolazione lasciata dall'inciviltà in un luogo che dovrebbe essere trattato come un santuario.
Un santuario che racchiude una storia drammatica.
Quel giorno era anche il compleanno di Flora, sorella dell’agente. Ma nell’arco di poche ore, quello che sembrava essere un giorno di festa si è trasformato in tragedia. All’ora di pranzo, dopo aver terminato il turno al Commissariato di San Lorenzo, Agostino e la moglie si recarono a casa della famiglia a Villagrazia di Carini. Stavano per varcare il cancello di casa quando due uomini a bordo di una motocicletta si avvicinarono e iniziarono a sparare. “Mentre guardavo la tv sento un botto, pensavo a un petardo. Poi altri ancora. Sento mia nuora che urla, il tempo di uscire e vedo mio figlio che si appoggia al cancello, con una mano si teneva il petto come se si volesse asciugare il sangue, con l’altra teneva la moglie e la gettò per terra. Io ho cercato di abbracciare mio figlio. E sentivo gli spari che lo trafiggevano a destra e sinistra. Mia nuora quando era stata buttata a terra si rialza e dice: 'Io so chi siete'. Gli spararono un colpo e cadde a terra. Anche mio figlio cadde a terra e capii che non c’era più niente da fare”. Questo è il racconto drammatico di Vincenzo Agostino su quella tragica sera.
Vincenzo e Flora Agostino © Deb Photo
Sull'eccidio la giustizia ha camminato molto lentante: dopo oltre trent'anni vi è un processo davanti alla Corte d'Assise di Palermo, presieduta da Sergio Gulotta, che vede imputati il boss Gaetano Scotto, accusato, appunto, di duplice omicidio aggravato in concorso, e Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento. Al latere di questo processo, c’è anche la condanna del boss Nino Madonia, condannato all'ergastolo in abbreviato dal Gip Alfredo Montalto, come richiesto dalla Procura generale di Palermo (ora il processo è in corso di fronte alla Corte d’assise d’appello presieduta da Angelo Pellino).
Tuttavia c'è ancora strada da fare. A distanza di 34 anni da quel terribile 5 agosto ’89, restano da scovare i “pupari”, i veri mandanti dell’omicidio.
Infatti, come scrive il gup di Palermo Alfredo Montalto nella sentenza con cui ha condannato all’ergastolo il boss Nino Madonia per il duplice omicidio Agostino-Castelluccio, Antonino Agostino non è stato ucciso solo perché cercava, su "sollecitazione dei servizi segreti", dei boss latitanti, ma, "come emerge dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, una ulteriore possibile concomitante ragione dell'uccisione" era "collegata ad alcuni rapporti che Cosa nostra, e nel caso specifico la cosca dei Madonia, intratteneva con esponenti importanti delle forze dell'ordine soprattutto collegati ai servizi di sicurezza dello Stato". Tra le frequentazioni scoperte da Agostino tra uomini di mafia e 007 spicca quella dell'ex dirigente della Mobile "Bruno Contrada", dell'ex questore “Arnaldo La Barbera" e del poliziotto Giovanni Aiello detto anche 'faccia da mostro’, che si pensa essere l’uomo che insieme ai boss partecipò alla fase esecutiva dell’agguato.
Sul duplice omicidio vi è quindi la presenza di quelle 'menti raffinatissime' la cui presenza era stata evocata poche settimane prima da Giovanni Falcone durante un’intervista a Saverio Lodato in riferimento alla strage dell'Addaura.
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