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Al 31° anniversario della strage di via D’Amelio, il commento del fondatore di Libera

Vedo i giovani ma non vedo tanta gente. Bisogna sottolineare l’importanza di tutto questo ma i numeri sono molto piccoli rispetto alle piazze di un tempo. Certamente sono mossi dalle emozioni, ma c’è il rischio che queste passino se non diventano dei sentimenti profondi che restano. Ci vuole continuità e condivisione. Serve costruire un ‘noi’. E soprattutto serve costruire responsabilità”. Così don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, raggiunto mercoledì dai nostri microfoni in via D’Amelio durante il 31° anniversario della strage di Stato-mafia che uccise il magistrato Paolo Borsellino assieme a cinque agenti di scorta. “Bisogna collaborare con le istituzioni se fanno le cose giuste ed essere spine nel fianco costi quel che costi se non fanno ciò che devono - ha detto -. Ci troviamo in un momento in cui, per la percezione degli italiani, si è passati dal crimine organizzato mafioso al crimine normalizzato. E' diventato cioè uno dei tanti problemi. Questo è un dato molto preoccupante che emerge da tutte le ultime ricerche. Anche dai dati che sono stati forniti oggi sulla percezione dei cittadini rispetto a questi problemi. Si è un po’ persa quell’attenzione”.

Don Ciotti è felice di essere stato in via D’Amelio, ma ha sottolineato che non basta la presenza, serve concretezza e continuità. “Dov’è l’altra parte del Paese in questa giornata? - si è domandato - Le mafie sono tornate più forti di prima, hanno abbandonato le forme arcaiche. Oggi i grandi boss sono diventati grandi imprenditori e manager. Le mafie hanno creato alleanze tra di loro e forse è necessario che anche noi creiamo delle alleanze tra di noi, proprio per lottare per la vita. Lottare contro la mafia significa difendere la libertà, la dignità, per la giustizia sociale e per la vita delle persone. Le mafie ci impoveriscono tutti. E non dimentichiamoci che l’ultima mafia è sempre la penultima, perché nel codice genetico dei mafiosi, se non lo spezziamo una volta per tutte, c’è la tendenza a riorganizzarsi e di rimettersi in gioco”.

Questo però non deve far dimenticare i passi in avanti fatti nel tempo, “le cose belle e importanti”. Insomma, le conquiste e quindi “il senso profondo di essere qui in via D’Amelio”. “Non dimentichiamo le positività ma dobbiamo riuscire a cogliere anche le stremendo fragilità - ha concluso don Ciotti -. Loro sono più forti di prima e hanno meno bisogno di sparare perché ci sono delle connivenze e connessioni economiche e politiche che sono inquietanti. E  ci sono delle proposte che vengono fatte dalla politica in questo momento che ci portano indietro e non avanti. Parlo per esempio del concorso esterno e dell’abuso d’ufficio”.

Prima di lasciarci ha poi voluto aggiungere un commento sull’ipocrisia della politica. “Noi siamo qui umilmente per dire ‘forza’ - ha detto -. Dobbiamo smuovere le coscienze e impegnarci di più. Cercare di allargare la schiera di persone che si mettono in gioco. Non nelle parole ma nei fatti. Questa coscienza e questa responsabilità sono molto appiattite in questo Paese”.

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