Il noto economista ha ricordato come il “silenzio internazionale” sulla missione vaticana potrebbe essere un segnale positivo
Nove mesi dopo la proposta di pace per l’Ucraina, l’economista e già presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, il professor Stefano Zamagni (in foto), si è detto ottimista dopo l’incontro avvenuto tra il presidente della CEI, il cardinale Matteo Maria Zuppi, e il capo della Chiesa ortodossa russa, il Patriarca Kirill. Durante la sua intervista con “Il Fatto Quotidiano”, Zamagni ha precisato che ci sono tre buoni motivi che fanno sperare il meglio. “Primo: l’incontro è avvenuto e ha un forte significato. Kirill ha un potere sulla dirigenza russa e su Putin che noi occidentali non immaginiamo, perché siamo avvezzi al principio della laicità dello Stato. In Russia - ha spiegato Zamagni - il capo della Chiesa ortodossa ha influenza, anche se non in termini militari, in termini politici. Secondo Zuppi ha incontrato anche il consigliere di Putin per la politica estera, Yuri Ushakov, vuol dire che gli è stato concesso uno scambio con un personaggio di pari livello. Terzo: dopo il tentato golpe del gruppo Wagner, anche se il peggio è scongiurato, l’episodio avrà convinto Putin che continuare il conflitto non porta da nessuna parte”. Circostanza che potrebbe essere corroborata dalla visita di Papa Francesco a Mosca, nonostante la “variabile salute” del Santo Padre, caratterizzata da alcune limitazioni che recentemente hanno provocato anche il suo ricovero presso l’ospedale Gemelli di Roma per un intervento chirurgico: il suo terzo ricovero in tre anni. Sempre secondo Zamagni, un altro elemento che potrebbe anticipare prospettive future migliori per quanto riguarda il conflitto in Ucraina risiederebbe nel silenzio che Usa e Unione Europea, Italia compresa, stanno portando avanti sulla missione vaticana; questo perché se gli “Stati Uniti fossero stati contrari, l’avrebbero già dichiarato”. Inoltre, l’economista ha ribadito che le dichiarazioni espresse dal Segretario di Stato americano, Antony Blinken, “sulla possibile divisione della Crimea e del Donbass tra Russia e Ucraina”, non dovrebbero essere sottovalutate. Si tratterebbe, infatti, di “un’idea utopistica ma significativa se detta dagli Usa”. In effetti, le regioni che potrebbero fermare il conflitto in Ucraina potrebbero passare anche dalle motivazioni di natura economica. La principale causa della guerra “non è tanto la rivendicazione sul Donbass o sulla Crimea - ha spiegato il professor Stefano Zamagni- ma il mantenimento dell’unilateralismo voluto dagli Usa o il passaggio al multilateralismo. Sappiamo che i Paesi del Global South (Sud globale), stanno capendo che sarebbe meglio passare al multilateralismo e anche gli Usa hanno compreso che tenere l’unilateralismo non ha più ragione di esistere, perché costosa anche in termini economici”. Precisando inoltre che i tempi che accompagnano la fine della guerra potrebbero non essere così lontani, Zamagni ha proseguito sottolineando la necessità di “aprire un negoziato transnazionale che determini dei punti fermi. Tutto dipenderà dalle abilità di mediazione dei negoziatori. Non siamo, purtroppo, al tempo di Kennedy e Krusciov, ma bisogna tentare”. Tuttavia, le risoluzioni e le trattative, secondo Zamagni, devono necessariamente passare anche da Kiev. “L’Occidente deve portare Kiev a negoziare - ha concluso l’economista - ma con un’agenzia internazionale che faccia rispettare i punti dell’accordo e offrendo l’ingresso nell’Ue. Ma non nella Nato”.
Foto © Imagoeconomica
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