I manifestanti: “Irrealizzabile, a rischio infiltrazione mafiosa e inutile per lo sviluppo del territorio”
“No alle scelte coloniali imposte dalle istituzioni centrali”. È stato questo il messaggio gridato all’unisono ieri durante la manifestazione a Torre Faro (ME) promossa dal “Comitato No Ponte” contro la costruzione del ponte sullo Stretto. Oltre 3mila le persone scese in piazza per protestare contro la proposta del Governo Meloni, e in particolare del ministro dell’Infrastrutture Matteo Salvini, di realizzare l’infrastruttura. “Quando siamo stati interpellati noi siciliani su questo progetto? - hanno detto alcuni manifestanti - Non accettiamo proposte neocoloniali dettate da persone che non vivono questo territorio.
Utilizziamo quei fondi per progetti veramente utili alle due regioni e che possa valorizzare i territori e le popolazioni”. Molti i giovani scesi in corteo fino a Torre Faro, luogo in cui si trova ancora una struttura - non più in funzione - usata nei primi anni ’90 per collegare la linea telefonica/televisiva della Sicilia e della Calabria. Una struttura alta 220 metri. “Poco” se paragonato alle torri del futuro ponte sullo Stretto alte 390 metri.
Stiamo parlando del ponte a campata unica più lungo al mondo: 3,3 km. Con una larghezza complessiva di 60,4 metri, il ponte sarà sospeso a 65 metri di altezza, per consentire il transito di grandi navi nel canale di Sicilia. Infine, sul ponte correranno sei corsie stradali e due binari ferroviari.
Capofila del comitato del “Sì” c’è, appunto, il ministro per le Infrastrutture e i Trasporti che, oltre ad aver fissato l’inizio dei lavori nel 2024 (si dovrebbero concludere nel 2030), ha assicurato che “creerà 100 mila posti di lavoro soprattutto per i giovani siciliani e calabresi; ripulirà l'ambiente, il mare, l'aria; e sarà una opportunità per le imprese di tutta Italia”.
© ACFB
Dal Def, però, risulta che il ponte costerà il 60% in più di quanto previsto nel 2012, quando l’opera venne stoppata dal governo Monti perché i costi erano esplosi. Ad oggi il progetto sfiora i 15 mld di euro, senza considerare le opere complementari stradali che “verranno dettagliate nell’ambito dei contratti di programma con Anas”. E questo è uno dei punti di forza del “Comitato No Ponte” sceso in strada ieri assieme a decine di collettivi, associazioni e movimenti, tra cui anche Legambiente, WWF e tante altre sigle ambientaliste che hanno evidenziato il pericolo dell’infrastruttura per la biodiversità presente nel territorio (unica al mondo). “Anche la natura delle formazioni geologiche, tanto sulle sponde che sul fondo, non garantirebbe le proprietà meccaniche dei sedimenti e della roccia cristallina necessari per sorreggere l'infrastruttura nel tempo”, hanno sostenuto alcuni manifestanti. Infine, c’è il pericolo dell’infiltrazione mafiosa nel progetto. Senza un controllo rigoroso e coadiuvato da un pool di esperti nel contrasto alle organizzazioni mafiose, infatti, Cosa nostra e ‘Ndrangheta potrebbero mettere le mani sui miliardi destinati al ponte, sfruttando “colletti bianchi”.
“Le mafie si approvvigionerebbero con questo progetto” ha gridato il corteo. “No al ponte Stato-mafia” si legge in un cartellone. “Lo Stretto grida Vergogna” recita uno striscione. Tante le sigle che hanno aderito al corteo. Oltre alle già citate anche il Comitato “No Muos”, Anni, Arci, Europa Verde, Pd, M5s, Fgc e tante altre. Presente anche Antonio Mazzeo, scrittore e attivista ecoambientalista e antimilitarista, nonché autore del volume "I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina”. “La gente ha capito che questo progetto è un’occasione di stupro infame del territorio - ha detto Mazzeo -. Risorse che vengono rubate alla messa in sicurezza per il rischio idrogeologico. La gente vuole acqua, vuole case, ospedali e scuole. Non vuol un’opera che costerà 15/20 miliardi e che finirà nelle mafie internazionali”. “Noi continuiamo in tutte le sedi, da quelle istituzionali ai territori - ha continuato Mazzeo -. Oggi il movimento ‘No Ponte’ è stato legittimato dalle comunità dello Stretto. Se dovessero iniziare i lavori di costruzione ci saremo noi ad affrontare le ruspe e i processi di riarmo e di militarizzazione”.
© Imagoeconomica
Anche l’Autorità nazionale Anticorruzione ha bocciato il Ponte perché, grazie anche al nuovo codice degli appalti, “c’è uno squilibrio nel rapporto tra il concedente pubblico e la parte privata, a danno nel pubblico, sul quale è trasferita la maggior parte dei rischi".
Insomma, si tratta dunque di un grande mito, che oggi potrebbe diventare realtà, su cui si sono costruite delle fortune politiche, e in ragione del quale si sono bloccate le possibilità di uno sviluppo alternativo concreto per una realtà che avrebbe avuto bisogno di altre risposte. La Sicilia - così come la Calabria -, con i fondi destinati per il Ponte potrebbero ampliare il sistema ferroviario (ancora oggi a unico binario in molte zone della Sicilia e con treni a gasolio), ma anche i collegamenti autostradali (in continua manutenzione, con ponti pericolanti e caselli malfunzionanti) e potrebbero incentivare e velocizzare l’elettrificazione dei collegamenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola.
Foto di copertina © ACFB
ARTICOLI CORRELATI
INTERVISTA VIDEO - Antonio Mazzeo: il ponte opera insostenibile spinta dal Governo per collegare basi NATO
Caro Matteo Salvini, te lo darei io il Ponte sullo stretto di Messina
Forza Italia-Lega-Italia Viva, ecco l'asse per il Ponte sullo Stretto
Su mafia e ponte sullo Stretto, Salvini parla molto più con quello che non dice
Il Ponte sullo Stretto come il Muos di Niscemi e Sigonella