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Il procuratore aggiunto di Firenze intervistato da ‘La Stampa’

La collaborazione con la giustizia "va supportata in due modi: un efficiente servizio di protezione e una normativa che la incentivi. Il gap di trattamento tra pentiti e irriducibili si è ridotto. Ciò disincentiva le collaborazioni. Occorre una riflessione collettiva, posto che la valutazione finale spetta al legislatore". Così il procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli in un’intervista a 'La Stampa' ha commentato l'importanza dei collaboratori di giustizia rimarcando la necessità di una normativa più vantaggiosa per chi decide di compiere il grande salto.
"Servono ulteriori e tangibili vantaggi per chi si affida con serietà allo Stato - ha detto il magistrato - Rimodulare il periodo decennale di necessaria detenzione prima di ottenere la libertà sarebbe uno strumento di sicura incentivazione, per collaborazioni importanti, attendibili e severamente controllate". Va ricordato, come ha fatto Tescaroli, che "le 37 condanne per la strage di Capaci, processo che io seguii a Caltanissetta, dipesero fondamentalmente da 8 collaboratori di giustizia. Le 32 condanne per le stragi del '93-'94 da 13 collaboratori. L'ultima collaborazione qualitativamente rilevante è quella di Gaspare Spatuzza nel 2008. Da allora i boss hanno preferito morire in carcere, o sperare nella possibilità di fruire dei benefici penitenziari". Tornando alle stragi il pm di Firenze ha sottolineato che furono fatte "per condizionare la politica legislativa di governo e parlamento". Una verità non solo storica, ma anche giudiziaria: "L'obiettivo era incidere su 41 bis, norme sui collaboratori di giustizia, sequestri e confische di beni". La misura del 41 bis, ha ricordato, viene estesa "ai mafiosi dopo la strage di Capaci del '92 e applicato la sera stessa di quella di via d'Amelio. Tanto questa misura era temuta, che le stragi del luglio '93 vengono eseguite subito dopo il primo rinnovo. Il 16 luglio il ministro della Giustizia decide di prorogare il 41 bis. Le notifiche ai 242 detenuti partono il 20 luglio e terminano il 27. La notte successiva si verificano le tre stragi simultanee a Roma e Milano. L'esplosivo era partito da Palermo per Roma il 20 luglio, per Milano l'indomani. C'è un nesso causa-effetto", ha detto. Dopo la strage di via d'Amelio il legislatore convertì in legge il decreto sul 41 - bis, che stava per scadere: "possibile che i mafiosi si siano comportati in modo così scellerato, contro il loro interesse? Oppure questa irrazionalità è solo apparente, perché cela interessi ulteriori ed esterni, perseguiti con le bombe?". "Il nostro ufficio - ha continuato il magistrato - è impegnato a fare quanto è possibile per appurare se ci furono convergenze di interessi da parte di soggetti esterni a cosa nostra, sia a livello ideativo sia a livello esecutivo. Uno scenario probabile. Il bicchiere della verità è quasi pieno. Stiamo cercando di capire se riusciamo a riempirlo". "Non è solo un obbligo giuridico, poiché le stragi non si prescrivono, ma anche un dovere morale nei confronti delle vittime inermi e innocenti".

Fonte: La Stampa

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