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L’appello del padre della fidanzata di una delle vittime della strage dei Georgofili

“Mia figlia, insieme al suo fidanzato, era in via dei Georgofili, al numero 3, al terzo piano; vivevano lì in quanto studenti di architettura a Firenze. (…) E’ stato grande il dolore che ha provato di fronte a quel ragazzo che è bruciato vivo sotto i suoi occhi… Lei disse: ‘Ho cercato di prenderlo per le mani e tirarlo via, ma mi sono rimaste le carni in mano’, tant’è vero che aveva delle bruciature...”.
E’ uno sguardo svuotato, quello di Dino Chelli (in foto), senza più lacrime, ma segnato da una ferita che non potrà mai rimarginarsi. Sua figlia si chiama Francesca ed era la fidanzata di Dario Capolicchio. Uno studente universitario che nel ‘93 aveva 22 anni, ucciso nella strage dei Georgofili la notte tra il 26 e il 27 maggio. Assieme a lui morì l’intera famiglia Nencioni, padre, madre e due bambine di 9 anni e 50 giorni, Nadia e Caterina.
Gli occhi di Dino oltrepassano Maria Grazia Mazzola, che lo sta intervistando per lo speciale del Tg1 sulle stragi del ‘93, e scrutano lontano. In questo splendido reportage - mandato in onda a mezzanotte per una vergognosa decisione dei dirigenti Rai - vi sono racchiusi 30 anni di indagini sui mandanti esterni. Quelli che hanno armato il braccio di Cosa Nostra per fare le stragi del ‘93: una verità inquietante sancita financo da sentenze passate in giudicato che la stessa giornalista ha citato nel suo servizio.
Non ha fatto in tempo, invece, Guerino Capolicchio, papà di Dario, a raccontare alla Mazzola la sua ultima parte di vita dedicata a tenere viva la memoria di suo figlio e a chiedere giustizia e verità. Due anni fa Guerino è morto dopo un lungo impegno a fianco dei volontari di Libera. Prima di morire aveva raccolto tutte le sue memorie sulla strage in due grandi libri, scritti a mano, che aveva regalato ai ragazzi del Presidio di Libera di Sarzana (Sp) e al presidente della fondazione “Benvenuti in Italia” Davide Mattiello. In una sorta di prefazione aveva scritto: “La mafia non è un problema degli altri. La mafia riguarda noi: le nostre scelte, il nostro impegno, la nostra coerenza”. Il 21 marzo 2018, in piazza Matteotti a Sarzana, Guerino Capolicchio aveva concluso così la Giornata della memoria e dell’impegno: “Dite la verità senza paura, siate divoratori di conoscenza perché il sapere è il primo strumento per combattere le mafie”.


strage georgofili da il reporter it


Proprio quella preziosa conoscenza che giunge dalle numerose testimonianze che si susseguono nello speciale Tg1 attraverso i familiari delle vittime, i sopravvissuti alle stragi del ‘93, i magistrati che stanno conducendo le nuove indagini e alcuni esponenti delle forze di Polizia. Quella di Dino Chelli è, però, una testimonianza che inchioda lo spettatore a una domanda semplice: e se quel ragazzo morto bruciato fosse stato mio figlio, mio fratello, o un mio amico? Ma Dario Capolicchio era invece il fidanzato di Francesca Chelli. Che oggi ha 52 anni, e dopo una serie infinita di interventi chirurgici a cui è stata sottoposta a seguito della strage, ha perso la vista. Quasi a non voler vedere più l’orrore delle immagini che i suoi occhi e la sua anima hanno assorbito. E probabilmente anche per evitare di vedere l’oscenità di uno Stato che fino a questo momento nega a tutte le vittime e ai loro familiari una verità totale su quelle “bombe del dialogo”.
Dal canto suo la madre di Francesca, Giovanna Maggiani Chelli, non ha mai smesso di cercare quella verità. Fino all’ultimo giorno della sua vita.
Nel 2013 è stata nominata Cavaliere della Repubblica “Al merito” per il suo impegno come presidente dell’associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili.
Nello speciale Tg1 si intravede Giovanna mentre partecipa alle udienze del processo sulle stragi. Non ne aveva persa una. Magrissima, seduta dietro il banco dei pm, il volto segnato dal dolore. Che questa donna indomita era pronta a ricacciare dentro – mentre si accorgeva di come peggiorava l’invalidità della figlia – per poter gridare tutta la sua rabbia e la sua indignazione. E lo faceva instancabilmente attraverso i comunicati stampa che mandava a più riprese. Era un modo per rompere il muro di omertà dei grandi media. Che in tutti questi anni hanno contribuito all’amnesia generale attraverso la censura, o la più misera manipolazione, delle notizie più scomode: quelle relative al patto tra mafia e Stato che hanno portato alle stragi del 1992 e del 1993.


maggiani chelli giovanna da stampacritica org

Giovanna Maggiani Chelli


Verso la fine dello speciale Tg1 è lo stesso Dino Chelli a rivolgere un appello. Questa volta nei suoi occhi, assieme al dolore, sembra quasi di intravedere un lieve barlume di speranza, non del tutto spento da una profonda disillusione. Il padre di Francesca si rivolge al boss di Cosa Nostra catturato lo scorso 16 gennaio, ma anche a Giuseppe e Filippo Graviano. Tutti e tre coinvolti direttamente nelle stragi del ‘93 e soprattutto depositari di verità indicibili sugli accordi tra Stato e mafia nel biennio stragista ‘92/’93. Verità che potrebbero far cadere governi in carica per quanto sono dirompenti. O quanto meno tenerli sotto ricatto barattando il silenzio dei detenuti stragisti in cambio di determinate concessioni su 41bis, ergastolo ostativo e via dicendo.
“Vorrei che Matteo Messina Denaro dicesse quello che sa - auspica Dino guardando negli occhi la giornalista –, perché lui le cose le sa, come le sanno i Graviano… Anche voi siete arrivati ormai alla fine della vostra vita, cercate di fare un’azione buona e dite finalmente come sono andate le cose nelle stragi del ‘93: chi – se esiste chi – vi ha detto cosa fare...”. Un messaggio chiaro e inequivocabile. Che in questo trentesimo anniversario arriva senza filtri ai destinatari.

Info: strageviadeigeorgofili.it

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