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Sono un profondo amante della giustizia.
A chi mi chiede: “Ma chi glielo fa fare?”. Io rispondo sempre alla stessa maniera: Soltanto lo spirito di servizio.
Vedete. Chiunque è in grado di esprimere qualcosa deve esprimerlo al meglio. Questo è tutto quello che si può dire, non si può chiedere perché. Non si può chiedere ad un alpinista perché lo fa. Lo fa e basta.
A scuola avevo un professore di filosofia che voleva sapere se, secondo noi, si era felici quando si è ricchi o quando si soddisfano gli ideali.
Allora avrei risposto: Quando si è ricchi. Invece aveva ragione lui.
E' forse da idealisti credere in questo tempo nella giustizia sociale e nell'elevazione culturale di cui spesso parlava Berlinguer?
No, non lo è. Ma c'è bisogno di concretezza.
Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia.
Per lunghi anni abbiamo tollerato quasi con indifferenza che la criminalità organizzata raggiungesse in Italia livelli assolutamente intollerabili per qualsiasi convivenza civile sino a costituire un gravissimo pericolo per la stessa stabilità delle istituzioni democratiche.
E quel dialogo Stato/mafia, con gli alti e bassi tra i due ordinamenti, dimostra chiaramente che Cosa Nostra non è un anti-Stato, ma piuttosto una organizzazione parallela.
In certi momenti, questi mafiosi mi sembrano gli unici esseri razionali in un mondo popolato da folli.
Probabilmente, stiamo vivendo nel nostro Paese, per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata, un periodo di crisi.
Oggi temo che la magistratura torni alla vecchia routine: i mafiosi che fanno il loro mestiere da un lato, i magistrati che fanno più o meno bene il loro dall'altro, e alla resa dei conti, palpabile, l'inefficienza dello Stato.
Una volta ho detto che si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande.
Che ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia.
Che esistono ibridi connubi fra criminalità organizzata, centri di poteri extraistituzionali e settori devianti dello Stato, che hanno la responsabilità di avere tentato, ad un certo punto, perfino di condizionare il libero svolgimento della democrazia e di avere ispirato crimini efferati.
L'ultimo delitto eccellente l'uccisione di Antonino Scopelliti è stato realizzato, come da copione, nella torrida estate meridionale.
Distratti dalle incombenti ferie di Ferragosto quasi non vi abbiamo fatto caso.
Unico dato certo è la eliminazione di un magistrato universalmente apprezzato per le sue qualità umane, la sua capacità professionale e il suo impegno civile.
Ma ciò ormai non sembra far più notizia.
Come se nel nostro Paese sia normale per un magistrato, e probabilmente lo è, essere ucciso esclusivamente per aver fatto il proprio dovere.
No, non tutto è perduto, trentuno anni dopo.
A questa città vorrei ricordare poche cose: che gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini. E che la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.
Perché? Non lo avete capito?
Sono un profondo amante della giustizia.

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