84 anni fa a Palermo nasceva Giovanni Falcone. Per difendere le sue idee visse pericolosamente, senza preoccuparsi di ciò che gli sarebbe capitato, delle congiure che avrebbe subito e della morte violenta che lo attendeva. A quanti hanno creduto in lui ha lasciato un testamento morale, che ha il senso di un invito a non deporre le armi: “Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così, solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche ed incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare… Possiamo sempre fare qualcosa: questa massima andrebbe scolpita sullo scranno di ogni magistrato…”.
Falcone non ha mai mollato, anche quando è rimasto solo, ma ci ha spiegato che non l’orgoglio o la superbia ma l’umiltà e l’autocritica sono gli strumenti di un magistrato onesto.
“Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia”. In altri termini se vogliamo combatterla dobbiamo riconoscerci umili e cacciare fuori da noi stessi le bassezze morali, l’invidia e la viltà che ci renderebbero uguali ai mafiosi.
Foto © Archivio Letizia Battaglia
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Il testamento morale di Giovanni Falcone
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