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La figlia del pentito di Cosa Nostra: “Farò ogni cosa in mio possesso per far sì che il nome di Luigi Ilardo un giorno abbia giustizia

Onestamente, visto tutto quello che è successo in Italia soprattutto negli ultimi anni, avevo messo in conto che anche questa volta lo Stato non avesse il coraggio di processare sé stesso, e di affrontare realmente tutte le sue responsabilità. L'ennesima immensa delusione”. A dirlo, in un’intervista a mowmag.com, è Luana Ilardo, figlia del pentito di Cosa Nostra Luigi Ilardo, ucciso il 10 maggio 1996 (poco prima di ufficializzare la sua collaborazione con i pm), commentando la sentenza di Cassazione rispetto al processo Trattativa Stato-mafia che ha visto l’assoluzione di tutti gli imputati accusati di minaccia e attentato a corpo politico dello Stato. “Una parte di me voleva credere che giustizia in qualche maniera potesse essere fatta. Perché, nonostante tutto, era doveroso da parte mia continuare a sperare”, ha affermato. Secondo Luana Ilardo la decisione della 6° sez. di Cassazione “è un controsenso, perché ad esempio Bagarella e Cinà non vengono assolti per non aver commesso il fatto, ma semplicemente perché è subentrata la prescrizione. Quindi vuol dire che il fatto è stato commesso, perché sennò sarebbero stati assolti anche loro”, ha spiegato. “Queste situazioni all'italiana sono un controsenso impossibile da accettare - ha aggiunto - soprattutto per me che sono la figlia di Luigi Ilardo”. La figlia del pentito di Cosa Nostra ha rivolto un pensiero di solidarietà a tutti quei magistrati che hanno portato avanti, con grandi sforzi e sacrifici, questo importante processo, dopo il livore post-sentenza di certi giornali e certi politici. “Penso che siano tutte quelle persone che hanno marciato contro il lavoro svolto da Ingroia, Di Matteo, Teresi e Tartaglia. Ho visto anche qualche titolo di giornale dove qualcuno si è permesso di scrivere ‘la Trattativa non c'è stata, giustizia è stata fatta, non c'è stato nessun accordo’. Queste sentenze per quanto siano amare e contraddittorie, lo dicono chiaramente che la trattativa c'è stata”, ha ricordato la Ilardo. “Lo dicono gli stessi Rossi e Mori: ‘Sono andato da Ciancimino per cercare un accordo e portare avanti questa trattativa’. Il problema è che lo Stato italiano con questa sentenza ci dice che non è reato andare a trattare con i mafiosi, ed è un principio totalmente sbagliato”. Luana Ilardo, come Ingroia, pensa che giustizia non sia stata fatta in Cassazione. “Questa è la verità. Ho ascoltato le sue dichiarazioni, in cui spiega da un punto di vista più tecnico questi controsensi. Anche Salvatore Borsellino ha riservato delle parole molto dure riguardo questa sentenza. È chiaro che da parte di chi ha seguito e studiato il processo, possono esserci solamente delle parole durissime”.


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Luigi Ilardo insieme alle figlie, Luana e Francesca


Luigi Ilardo tradito e fatto ammazzare dallo Stato
A mowmag.com la Ilardo ha poi raccontato il giallo del padre, tradito dallo Stato quando il pentito aveva da anni iniziato a raccontare fatti interni a Cosa Nostra e disvelare vicende indicibili degli anni ’80 e ’90.
La decisione di iniziare a raccontare tutto Ilardo l’aveva maturata quando ancora era in carcere, ha ricordato Luana.
Spesso si dice che il carcere non è riabilitativo, nel caso di mio padre lo è stato. Più che gli operatori stessi, a fargli maturare questa decisione credo siano stati i dodici anni passati dentro una cella. Una detenzione che ha fatto scontare anche a me e mia sorella, che da quando avevamo due anni andavamo ogni quindici giorni a trovarlo. Lui si sentiva molto in colpa per aver trascinato anche noi in questa situazione”.
Lui la mattina si vedeva con i mafiosi, la sera partecipava ai summit per poi incontrarsi col colonnello Riccio (Michele Riccio, ndr), al quale raccontava tutto quello che aveva appreso da queste riunioni”, ha ricordato ancora la figlia del pentito. “Papà in quell'anno e mezzo che ha fatto l'infiltrato si è dedicato a far procedere all’arresto di tutta l’ala mafiosa, con 50 arresti di cui 7 capi province in tutta la regione siciliana, ovviamente è stata una stangata incredibile per Cosa Nostra. Come dice sempre il giudice Di Matteo ‘un risultato mai ottenuto sino ad oggi’”. Eppure lo status di collaboratore di giustizia non è mai arrivato, ha affermato Luana Ilardo. Un’attesa che lo ha reso “un facile bersaglio”. “È stato ucciso il 10 maggio e il 13 sarebbe entrato nel programma di protezione, questo gli avrebbe permesso di avere lo status di collaboratore. Quei tre giorni che hanno diviso lo status di papà da pseudo mafioso a collaboratore di giustizia hanno fatto la differenza”.
Questo è proprio il cortocircuito che ci riporta al discorso della trattativa. Il 2 maggio del 1996 si era incontrato con i vertici della magistratura a Roma, il dottor Caselli, la dottoressa Principato e il Procuratore di Caltanissetta Tinebra, e non è stato blindato immediatamente dopo che aveva iniziato a parlare di tutte le informazioni che avrebbe dato”. Una su tutte, il luogo esatto in cui l’allora latitante Bernardo Provenzano, il più importante e pericoloso boss di Cosa Nostra ancora in libertà al tempo, si nascondeva. Ilardo aveva condotto il Ros alla sua cattura che però non avvenne mai. “All’epoca dei fatti, sia il colonnello Riccio che mio padre iniziarono a sospettare che c’era la volontà di non procedere con questo arresto, e sono stati presi un po’ per eretici, pazzi o visionari”, ha rammentato Luana. “Mario Mori, Subranni e De Donno nel processo per la mancata cattura di Provenzano non parleranno assolutamente di questa trattativa, ma diranno che non hanno proceduto all’arresto perché pecore e pastori rendevano difficile l’operazione. È un controsenso, nonché una falsa dichiarazione resa. Anni fa ci fu questo processo, e non accennarono minimamente a questa tutela di latitanza che in realtà, con le motivazioni depositate viene scritta nero su bianco”. Il riferimento è alla sentenza d’appello del processo stato-mafia in cui i Ros, se pur assolti, sono considerati esecutori di “un’iniziativa improvvida” (la trattativa per l’appunto) e di avere favorito in modo soft la latitanza di Provenzano perché la sua libertà avrebbe evitato il rischio del prevalere di pulsioni stragiste di Cosa Nostra contro lo Stato.


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L'ex comandante del ROS, Mario Mori © Imagoeconomica


Non potrò mai accettare il fatto che loro, per ragioni indicibili, abbiano mandato mio padre a morire, ovviamente lo consideravano carne da macello”, ha commentato la Ilardo. “Ma stiamo parlando sempre di una vita umana, che si è trovato in una situazione più grande di lui, ma sicuramente non meritava di andare a morire in questa maniera, soprattutto perché aveva pagato per intero il suo conto con la giustizia. Aveva il pieno diritto di poter riavere una vita nuova, una seconda possibilità”. Secondo Luana quello fatto nei confronti di Luigi Ilardo è un tradimento di Stato. “Ancora oggi sono in attesa di avere delle risposte, ma visto l'andazzo non prevedo nulla di buono. Da un punto di vista processuale, tutto quello che è successo riguardo all'omicidio Ilardo, ci sono ancora diversi punti d'ombra che al momento rimangono tali. A Catania, da 27 anni, c'è un fascicolo aperto per quanto riguarda i mandanti dell'omicidio di mio padre che non appartengono a Cosa Nostra. C'è un modulo 21, in questo fascicolo, in cui ci sono persone note però ovviamente non è dato sapere cosa ci sia scritto. Fascicolo che, nonostante le mie pressioni di questi anni, purtroppo rimane a binario morto”.
Luana Ilardo, in questi anni di ricerca della verità, ha indicato quelli che pensa essere i mandanti dell’agguato mafioso. Alla Commissione Parlamentare antimafia “li ho indicati cercando di fare una ricostruzione su fascicoli e deposizioni di collaboratori di giustizia, dove il quadro a mio avviso è chiarissimo.
Stiamo parlando di vertici politici che poi hanno demandato questi falsi personaggi pseudo istituzionali. Perché nessun carabiniere si alza la mattina e decide di andare a parlare con Vito Ciancimino, piuttosto che prendere determinate decisioni come la gestione di mio padre, o non arrestare Provenzano. È chiaro che tutto questo sia partito da vertici politici
”, ha affermato.
La figlia del pentito ha poi aggiunto: “Farò ogni cosa in mio possesso per far sì che il nome di Luigi Ilardo un giorno abbia giustizia. Io, da figlia, non mi posso rassegnare al fatto che per questi giochi di potere mio padre è morto in questo modo”. E poi alla domanda se ha mai ricevuto minacce. “Silentemente qualche avviso mi è arrivato, soprattutto all'inizio. Però l'amore per mio padre è stato sempre più forte della paura. Sapevo che avendo preso quelle decisioni, che ho maturato per una vita intera da quando avevo 16 anni, non potevo più voltarmi indietro. Era quello che volevo, che ho sempre desiderato e che continuo a desiderare ancora oggi. Poi passati i primi periodi in qualche maniera ci inizi a convivere con la paura. Voltarmi indietro vorrebbe dire annullare tutto quello che ho fatto, ovviamente non lo farò mai. Sono gli episodi come questa sentenza che generano ancora più rabbia dentro di me, insieme alla voglia di ribellarmi contro questo sistema e contro queste decisioni perché non si possono accettare. Non solo non le può accettare Luana Ilardo, non le può accettare uno Stato di diritto, e oggi - ha concluso - purtroppo non credo più che facciamo parte di uno Stato di diritto”.

Foto di copertina © Imagoeconomica

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