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Dimenticare ciò che è stato in passato con gli Stati Uniti che facevano la voce grossa sul piano strategico militare e la Germania pronta a "guidare" l'Europa sul piano della politica economica. E' ciò che invita a fare Lucio Caracciolo (in foto) su La Stampa analizzando ciò che avviene oggi a seguito dell'invasione russa dell'Ucraina e, sul lato asiatico, la sfida fra Washington e Pechino.
"Non passa giorno senza che da Casa Bianca e dintorni ci si comunichi che noi europei non siamo in cima ai loro pensieri (con la simpatica eccezione irlandese, fissazione di Biden per via di sangue) - scrive Caracciolo - Perché la bussola è il contenimento della Cina. Gli apparati a stelle e strisce si preoccupano di noi quasi solo per impedire che l’influenza cinese in Europa diventi troppo pervasiva".
Di fronte a questa "competizione tecnologica" anche la guerra sembra passare in secondo piano.
"Washington ha già raggiunto il suo obiettivo strategico: rompere l’interdipendenza energetica fra Russia e Germania - aggiunge ancora Caracciolo su La Stampa - Il 7 febbraio 2022, tre settimane prima dell’inizio della guerra, Biden aveva pubblicamente proclamato davanti al silente cancelliere Scholz: 'Noi porremo fine ai gasdotti Nord Stream 1 e 2. Prometto che saremo in grado di farlo'. Che siano stati direttamente sabotatori americani a eseguire la volontà del presidente o altri che ne condividessero i propositi, alla fine il risultato è Usa batte Germania-Russia due a zero".
E poi c'è il secondo obiettivo, ovvero "dare una lezione a Putin tenendo unita la Nato". Su questo però "la partita è in corso" e il "risultato incerto".
Infatti, secondo il giornalista, "il sostegno alla resistenza ucraina ha sventato la presa russa di Kiev, ma la guerra di attrito nel Donbas continua. Il Pentagono lamenta che sta esaurendo gli stock di munizioni. Ed è in ritardo di quattro anni nelle forniture di armi a Taiwan perché le deve stornare verso l’Ucraina, teatro secondario. Molti negli apparati americani vorrebbero chiudere entro l’anno la guerra in stile coreano: una 'Corea del Nord' – i territori ucraini in mano ai russi – concessa a Mosca e una 'Corea del Sud' – il grosso del paese, sotto Kiev, «garantita» (si fa per dire) dalle maggiori potenze. Con gli europei a pagare il grosso della ricostruzione. Due utopie difficilmente fanno una realtà".
Quindi pioggia di critiche sulla Nato, ed i contrasti tra i Paesi che ne fanno parte e che mettono in evidenza l'esistenza di quell'"antica faglia intraeuropea fra Est e Ovest. Per dirla all’americana, fra Nuova e Vecchia Europa. In geopolitica, fra i paesi dell’ex patto di Varsavia oggi avanguardie antimoscovite in lotta per liquidare la Russia e i paesi della Nato originariamente indisponibili a farla finita una volta per tutte con l’impero russo. Anzi, pronti a riconsiderarne a guerra sospesa il ruolo nella sicurezza continentale". E sul punto vengono ricordate le uscite recenti del presidente francese Macron e del premier polacco Morawiecki.
Macron ha infatti detto, dopo l'incontro con il Presidente cinese Xi Jinping, che "Essere alleati dell’America non significa esserne vassalli". Traduzione: "l’Europa (sinonimo di Francia) non deve seguire gli Stati Uniti nell’accelerare la crisi di Taiwan. Né deve 'umiliare' Putin".
Poi c'è il polacco che da Washington fa sapere di aver prenotato ricche forniture di caccia F-35 e missili aria-terra Jassm Xr con gittata di 1.900 chilometri.
E poi c'è l'Italia. "Abituati al doppio vincolo americano (strategico) e tedesco (fiscale) male ci adattiamo al clima 'ciascuno per sé nessuno per tutti' - sottolinea Caracciolo - Finora si trattava di eseguire, emendare o aggirare le direttive americane ed eurogermaniche. Oggi serve stabilire quel che possiamo volere. Nei nostri limiti, non così limitati come preferiamo credere per non impegnarci troppo".
Tanti i quesiti sul tavolo: "Sull’Ucraina stiamo con la Polonia o con la Francia? O con nessuno dei due? Il memorandum firmato nel 2019 con la Cina e in scadenza l’anno prossimo lo rinnoviamo, lo denunciamo (linea prevalente) o inventiamo qualche garbuglio? E come ci regoliamo con la Germania, in seria crisi di identità interna e autorità europea, nelle trattative sul patto di (in)stabilità e (de)crescita, sospeso il quale abbiamo conosciuto una breve stagione di sviluppo con tassi da miracolo economico e oltre?". Un bel guazzabuglio dove, per ora, sembriamo preferire non scegliere.

Foto © Imagoeconomica

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