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L’avvocato di Bagarella, ex legale di Riina, riflette sulla trattativa Stato-Mafia a margine dell’udienza in Cassazione

Luca Cianferoni (in foto) è tra i più famosi avvocati che ci siano in Italia. Un esperto del diritto (in molti lo chiamano “il principe del Foro”) e un testimone - per lunghi anni ha difeso il capo dei Capi Totò Riina e altri mafiosi - che ha raccolto carte e testimonianze preziose. Anche se molto spesso le sue opinioni differiscono, ovviamente, dalla linea editoriale di questo giornale, ascoltare le sue riflessioni è sempre interessante.
Lo abbiamo fatto anche avantieri, a margine dell’udienza in Corte di Cassazione del processo Trattativa Stato-mafia.. Nel processo, Cianferoni difende un altro capo mafia, un altro killer efferato di Cosa Nostra come Riina: Leoluca Bagarella. E uscendo dall’aula della 6° Sez. Penale ha espresso, a noi giornalisti, le sue impressioni sul processo in corso (che ritiene sia nullo), sulle posizioni degli imputati (ovviamente è per l’innocenza del suo assistito), e sulla vicenda della strategia stragista e dei mandanti occulti.
In Cosa Nostra quelli che hanno fatto le stragi erano minoranza”, ha detto Cianferoni riprendendo le dichiarazioni di Giovanni Brusca. “Come mai hanno fatto le stragi? Perché entità non ben chiare che non sappiamo da chi erano rappresentate, su cui deve indagare la magistratura, hanno fatto credere loro che facendo le stragi avrebbero avuto dei benefici”, ha ricordato. “Dopodiché quello che è accaduto lo dicono i fatti, le sentenze”. Chiaramente la sua versione su quegli anni concitati non coincide con quella della procura generale di Palermo che ha presentato ricorso all’assoluzione in appello di Marcello Dell’Utri e degli ex vertici del Ros. Cianferoni ritiene che Mori, De Donno e Subranni non abbiano avuto a che fare con Riina. “Riina non avrebbe mai e poi mai trattato con i Carabinieri, nel suo modo di vivere non è sostenibile trattare con lo Stato o con i carabinieri”, ha affermato il legale di Bagarella. Cianferoni, dunque, esclude che Riina abbia deciso di “sporcarsi” interloquendo, tramite Vito Ciancimino, con il Ros (anche se i fatti suggeriscono l’opposto). Del resto, già nel 2009, dopo diciassette anni di silenzio totale, Riina, in carcere, se ne uscì dicendo a Cianferoni di essere “stato oggetto e non soggetto di quella trattativa”. Riina sostenne “che la trattativa è passata sopra di lui, che l'ha fatta Vito Ciancimino per conto suo e per i suoi affari e insieme ai carabinieri: e che lui, Totò Riina, era al di fuori”.
Sempre in occasione di quel colloquio Riina gli confessò che Paolo Borsellino non venne ammazzato per sua volontà ma per altre volontà (anche se il capo dei capi venne condannato definitivamente come mandante nel “Borsellino bis”, così come il resto della Cupola nel “Borsellino ter”). Volontà sicuramente non di Cosa Nostra. “L’ ammazzarono loro”, disse all’avvocato. Anche oggi Cianferoni, sebbene sia categorico sull’impossibilità di una trattativa Riina-Ros, lo è meno sulla possibile esistenza di mandanti occulti e ritiene che “un patto eversivo contro lo Stato” sia esistito. Sui mandanti occulti, sollecitato dalle nostre domande, in un primo momento è stato restio dal rispondere, (“non lo so, non mi faccia dire altro”), ma poi ha ammesso: “Qualche idea me la sono fatta”. “Qualche spunto? Glielo do, non oggi ma dai miei atti”, ci ha risposto. “Perché quello che scrivo poi ritorna. A un certo punto in un appello del Riina io scrivo: 'questo appello lo faccio per il mio imputato ma ancora di più lo faccio per uno studente di storia che voglia un domani capire che cosa ha collegato quattro radici: massoneria, servizi segreti, mafia e corruzione del mondo politico'”. “Quindi i mandanti occulti chissà quando usciranno”, ha tagliato corto. Intanto, però, ha annunciato che scriverà un libro. “Lo farò, ma con calma”. “Sento il bisogno di raccontare, ho già preso degli appunti. Vedremo cosa scriverò.

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