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A Reggio Calabria la presentazione del libro "Al di sopra della legge" scritto dal procuratore aggiunto catanese

Qual è la condizione che oggi si vive all'interno degli istituti carcerai? Quali sono i rischi che si corrono oggi con normative come l'ergastolo ostativo ed il 41 bis che vengono messi in discussione? Come si è arrivati a questa situazione? Sono solo alcune delle domande che hanno trovato risposta nelle analisi dei magistrati Sebastiano Ardita (procuratore aggiunto di Catania) e Giuseppe Lombardo (procuratore aggiunto di Reggio Calabria), in occasione della presentazione del libro "Al di sopra della legge" (ed. Solferino), scritto dall'ex consigliere togato del Csm.
L'incontro, organizzato dall’associazione Biesse presieduta da Bruna Siviglia, si è tenuto nella meravigliosa location del terrazzo del museo di Reggio Calabria con la presenza importante dei vertici delle forze dell’ordine della prefettura e il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri.
Moderati da Paolo Gaeta (capo redattore della Gazzetta del Sud di Reggio Calabria) i due magistrati hanno lanciato una serie di allarmi.


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La mafia che comanda dal carcere
"Negli anni si sono fatti molti sforzi e sono stati fatti molti passi avanti, abbiamo ottenuto qualche risultato - ha subito ricordato Ardita - Probabilmente, però, ci siamo un po’ fermati rispetto a questa realtà. E se pensiamo alla realtà penitenziaria dovremmo riprendere un’attenzione qualificata. Almeno per la parte di competenza che riguarda gli organi che sono preposti a questa funzione".
"Al di là degli interventi di carattere sociale che sono fondamentali e curativi perché riguardano il tessuto sociale e le condizioni di povertà e di disagio che provocano le vocazioni mafiose, c’è poi un problema sostanziale - ha proseguito - In carcere la condizione di chi riesce a comunicare con l’esterno manda un pessimo segnale, fa credere che la mafia non solo non è sconfitta ma è in condizioni ancora di fare proseliti. Questo è un aspetto che lo Stato non può trascurare".
La sensazione, infatti, è di essere in presenza di "una mafia che comanda dal carcere. Che dall'interno della realtà penitenziaria fa ancora fortissimamente sentire la sua voce. Che terrorizza i cittadini e continua a svolgere un ruolo che non è accettabile".





Le comunicazioni con l'esterno via telefonino
Un tema cardine è quello delle comunicazioni con l'esterno. "Una volta - ha spiegato il procuratore aggiunto catanese - non era possibile che un capomafia potesse parlare direttamente con il mondo che stava all'esterno. Le carceri erano un colabrodo, c'erano i colloqui che erano un modo indiretto di governare. Poi c'è stato il 41 bis. Dopo le stragi si capii che le carceri erano un centro di comando. E nel 1992, assieme al 41 bis, venne varato il circuito ad alta sicurezza che distinse i detenuti di mafia dagli altri, per far sì che non continuassero a comandare. Ebbene nel 1992 era impensabile che in carcere si usasse il telefonino. C'era un po' più di controllo della realtà penitenziaria".
Purtroppo, però, in questi anni accade ben altro con le comunicazioni con l'esterno che sono aumentate significativamente. Nel 2021, ad esempio furono fatte indagini e vennero rinvenute oltre mille schede telefoniche. Secondo Ardita potenzialmente i numeri di quelle realmente presenti potrebbero essere ben maggiori, addirittura cinquemila o diecimila. "Nel 2011 - ha aggiunto Ardita - quando ancora avevo un contatto diretto con la realtà penitenziaria di schede ne trovarono dieci. La conseguenza di quei ritrovamenti?


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Tutti quelli che si ritenevano potessero aver usato quel telefono subivano una conseguenza disciplinare o una conseguenza di sicurezza. Venivano trasferiti perché avevano avuto contatti con l'esterno. Questo determina un pericolo. E' chiaro che se uno ha un telefono in carcere non è per parlare con la famiglia perché per questo ci sono le telefonate previste, i colloqui e le aree verdi. Il telefono serve per commettere reati o per terrorizzare le persone all'estero. Bene se sono mille le schede, è chiaro che oggi le persone non si possono trasferire, perché altrimenti si dovrebbe mobilitare mezza popolazione carceraria". Nel suo intervento Ardita ha anche evidenziato altre criticità all'interno delle carceri, dove oggi si consumano reati importanti di violenza, ma anche nella cessione e nell'utilizzo di stupefacente, con svariati chili di droga che vengono sequestrati. Tutti elementi che "stanno inquinando la vita penitenziaria da una parte impedendo che si possa fare una vera rieducazione e un'attenzione qualificata alle persone detenute e dall'altro, purtroppo, facendo in modo che si determinino le condizioni per cui vi siano reclutamenti, partano input criminali e si commettano reati all'esterno".


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Le forme di contrasto
Secondo il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo "gli strumenti per evitare che ciò accada ci sono. È chiaro che è difficile gestire il mondo delle carceri. Noi siamo assolutamente convinti che bisogna fare delle scelte politiche molto forti, precise. Può sembrare banale ma la misura o lo strumento è uno solo: stabilizzare le regole che vanno applicate anche ai detenuti e, soprattutto, ai detenuti che hanno un vissuto criminale. Senza la stabilizzazione delle regole rischiamo di generare ingiustizia".
Nella sua analisi Lombardo ha anche evidenziato l'esistenza di casi rilevanti che dimostrano le difficoltà degli istituti penitenziari sottolineando come "il sistema che consente di comunicare all’esterno si rinnova costantemente". "Questo - secondo il procuratore aggiunto reggino - non deve avvenire soprattutto nel momento in cui si decide di applicare un regime detentivo speciale che, a mio modo di vedere, deve interrompere questa catena che collega la parte apicale delle organizzazioni criminali con la loro struttura di appartenenza anche quando sono detenuti. Uno Stato autorevole deve trovare le contromisure e stabilizzare un sistema che impedisca questo tipo di comunicazione. Ci sono episodi del passato che sono tutti noti che hanno fatto emergere che l’impermeabilità è difficile da realizzare. Ma noi lavoriamo per questo".
L'evento ha visto anche l'importante partecipazione dei ragazzi delle scuole superiori e dell'università che alla fine hanno anche rivolto delle domande agli ospiti.

Foto © ACFB

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