La radio uruguaiana “CX 36 Centenario” intervista il direttore di ANTIMAFIADuemila: “Mafie italiane leader del narcotraffico internazionale”
La mafia, integrata dall’‘élite’ della criminalità, controlla il traffico di droga in Sud-America che vede infiltrato il potere. A dirlo è Giorgio Bongiovanni, direttore della rivista ANTIMAFIADuemila, casa-madre di Antimafia Dos Mil e referente di questa tematica in Italia nel corso di un’intervista a “Mañanas de radio”, programma radiofonico della radio di Montevideo "CX 36 Radio Centenario”. I conduttori María de los Ángeles Balparda e Marcelo Peña hanno ospitato il giornalista, in viaggio in Uruguay, per parlare delle implicazioni che ci sono dietro la violenza nelle strade del Paese e spiegare i legami della mafia locale con il potere politico.
Accompagnato dal direttore di Antimafia Dos Mil, filiale Sud-America, Jean Georges Almendras, dalla segretaria di redazione Victoria Camboni, e da Mara Testasecca, collaboratrice diretta di Bongiovanni, negli studi della storica radio, Bongiovanni ha rilasciato forti dichiarazioni sugli affari che la mafia ha tessuto nella regione, e sulla mancanza di regolamentazione sulla mafia nella nostra regione.
“Grazie ai processi, alle investigazioni dei pubblici ministeri e alle nostre stesse investigazioni come giornalisti, abbiamo scoperto che la mafia italiana è una, e assume a livello culturale, quasi folcloristico, nomi differenti, Cosa Nostra, Ndrangheta, Camorra, ma in realtà è una stessa organizzazione. E la cosa più grave, gravissima, inquietante e drammatica, è che gli alleati della mafia sono nel potere italiano, nel potere straniero; cioè le mafie si sono infiltrate nelle istituzioni italiane ed anche di altri paesi del Sud-America come questo, perché il narcotraffico principale a livello occidentale nel mondo viaggia lungo l'America Centrale e il Sud-America.
La mafia italiana è il vertice mondiale del traffico. La testa del serpente è nel sud dell'Italia e gestisce, coordina e decide la piazza per il grande traffico di cocaina dall'Asia agli Stati Uniti, passando dal Centro e Sud-America per arrivare fino in Europa, tonnellate e tonnellate e tonnellate di cocaina”.
“Quindi, quando un'organizzazione offre ad un qualunque uomo di potere, sia un ministro dell'Interno, un ministro della Giustizia, o incluso un presidente, 200, 300, 400 milioni di dollari - ed è moltissimo denaro - affinché possa passare liberamente un carico di droga, significa che la politica, sia di destra, che di centro, che sinistra, è corrotta. Significa che la mafia ha capacità corruttiva.
Voi avete avuto Morabito nel vostro Paese, è stato un cittadino libero in Uruguay per 20 anni. Quanta cocaina ha commerciato, quante tonnellate ha permesso che passassero dall’Uruguay questo signore calabrese? Questo è un problema grave che le grandi nazioni non vogliono o fingono di affrontare. Questo è uno dei più gravi problemi del mondo. Senza contare il traffico di armi”, ha spiegato Bongiovanni.
I conduttori hanno quindi fatto al direttore una domanda sulla situazione attuale di Morabito, e se si trovava sotto qualche regime particolare, dando luogo ad un approfondimento sul concetto del 41bis, regime penitenziario che si applica a capi della mafia: “Il mafioso non è una persona comune. Il mafioso nella prigione comanda; la prigione è la sua vera casa. È riconosciuto nella prigione, i detenuti comuni delle prigioni vedono il capo mafioso detenuto come un re, un monarca, un personaggio a cui bisogna ubbidire, sì o sì. Quindi, di fronte a queste situazioni dove il capo mafioso dalla prigione può impartire ordini di morte di civili, innocenti, persino bambini, è stata creata in Italia una legge speciale per tenere il capo mafia in una cella dove non può comunicare con nessuno. Non può avere alcuna comunicazione per evitare che possa dare ordini di morte. Questo è il 41bis”.
Bongiovanni ha poi aggiunto: “Le nazioni, in questo caso il mio Paese, permette purtroppo che questi mafiosi si arricchiscano, che diventino potenti. Perché la politica italiana - e credo anche altre -, spesso a volte esercitano il potere attraverso l'assassinio, la violenza, l'omicidio, la xenofobia. Ed a questo fine, la mafia è un'organizzazione che può dare un apporto alla politica, al potere che ha bisogno della violenza, dell'omicidio. Per questo esistono le mafie e permettono che esistano ancora oggi”.
A questo punto i giornalisti radiofonici hanno chiesto se nel caso di Matteo Messina Denaro i partiti italiani hanno timore di lui perché potrebbe dare informazione che può compromettere istituzioni, come i servizi segreti...
“Assolutamente. Matteo Messina Denaro conosce i segreti delle stragi. Nel 1992 e 1993 ci sono state sette stragi in Italia, dove sono stati uccisi due giudici ed i loro agenti di scorta. Hanno ucciso gente innocente, anche bambini, con le bombe. Hanno ucciso giornalisti. E Matteo Messina Denaro è uno di quei capi che sanno quale intelligence italiana è coinvolta, incluso straniera. Personaggi che hanno collaborato a piazzare queste bombe; perché hanno ucciso questi giudici e hanno facilitato, attraverso queste stragi, le elezioni vinte da personaggi mafiosi. E lo dico con ragione. Personaggi vicini alla mafia come Berlusconi e altri potenti italiani che hanno vinto le elezioni grazie soprattutto alle mafie che gli hanno assicurato milioni di voti”.
Il direttore di ANTIMAFIADuemila ha quindi approfondito ancora il 41bis e le leggi che riguardano l’antimafia: “In Italia esiste il reato di mafia. Ed Argentina, Brasile e Colombia dovrebbero contemplare il reato di mafia perché far parte di un’organizzazione criminale mafiosa è già di per sé un delitto, perché non chiunque può far parte della mafia. Entrano nella mafia delinquenti scelti. Faccio un paragone, ma non voglio essere blasfemo, solamente per fare un paragone. I giocatori migliori giocano nella selezione italiana, uruguaiana. Lì i ‘delinquenti’ migliori vengono scelti per far parte della selezione che si chiama mafia, l'élite della criminalità”.
Bongiovanni ha anche sottolineato che le leggi antimafia in Italia hanno migliorato molto la situazione nei riguardi del contrasto alla mafia, ma che, tuttavia, non ci sono cambiamenti in altri aspetti: "Dove non migliora? Nella relazione tra mafia e politica. Arrestiamo i mafiosi, mettiamo in carcere i mafiosi, gli diamo ergastoli e non riusciamo ad arrestare, fermare e mettere in carcere i politici corrotti. Questo è perché i mafiosi non vogliono parlare della loro relazione col potere", ha puntualizzato aggiungendo: “Questa, in questo momento, è la nostra lotta".
E su come la mafia opera nei paesi sud-americani Bongiovanni ha affermato: "Quando bisogna fare un lavoro sul territorio, mafiosi dall'Italia partono e si stabiliscono qui. Morabito - ha spiegato - per ordine dei capi della mafia calabrese, si stabilì in Uruguay per 20 anni e ha vissuto come un uruguaiano. Qui uno come Morabito e ce ne sono altri nascosti purtroppo in Uruguay, in Argentina, in Messico, in Colombia. Stringono rapporti con i narcos locali".
“Ci sono narcos uruguaiani che si relazionano con mafiosi italiani, si mettono d’accordo e fanno passare il carico della cocaina e purtroppo corrompono alti livelli dello Stato affinché la cocaina possa arrivare dall'Europa", ha commentato. "Il grande traffico di cocaina che va in Europa - ha aggiunto - è maneggiato senza dubbio dalla mafia italiana attraverso i narcos del territorio che producono la cocaina, ad esempio uruguaiani che hanno relazioni col potere. Non puoi spostare tonnellate di cocaina in un paese se non è coinvolto il potere".
"Perché grandi istituzioni permettano che passino 500 kg, una tonnellata, due tonnellate di cocaina in transito per l’Europa? Solamente con un appoggio ministeriale e governativo si può fare questo grande traffico.
Altrimenti non è possibile", ha spiegato.
A Bongiovanni è stata chiesta un'opinione sulle azioni che Nayib Bukele, il presidente dell'El Salvador, sta portando avanti contro Le Maras. "Formalmente è positivo, ma (…) bisogna investigare se questo governo da una parte colpisce duramente i narcos mentre dell'altra negozia con altri grandi trafficanti", perché "il traffico di cocaina è il primo commercio insieme al traffico delle armi nel mondo. Le borse, le grandi borse, New York, Londra, Roma, Milano, stanno sopra perché c'è un oro nero che viaggia per i paesi offshore, per i paesi che permettono bonifici di migliaia di milioni di dollari. E quindi è difficile fermare tanto oro che viene da questo traffico. Per questo noi dubitiamo sempre quando un governo annuncia ‘abbiamo vinto il traffico di droghe’, abbiamo molti dubbi perché continua a viaggiare il denaro nonostante che quel governo dica di aver sconfitto i narcos."
E ha concluso: "L'unico paese dove non c'è traffico di droga è Cuba (…). A Cuba non esiste il narcos, non esiste traffico di droga, non ci sono commerci con la mafia, non c'è assolutamente niente di tutto questo. I nostri fratelli cubani hanno altri problemi, ma lì non passa la droga, al 100%, perché ho investigato personalmente viaggiando a Cuba".
Con la chiarezza che lo caratterizza, in più di 20 anni di giornalismo antimafia, Bongiovanni ha chiarito la profondità ed il peso che ha la mafia nel continente americano, di come si serve dei suoi legami con la criminalità di altri paesi, di come lavora, con chi lavora e di chi si serve per continuare ad ammassare fortune incalcolabili, come quella di Matteo Messina Denaro, il capo mafioso più cercato degli ultimi tempi e catturato pochi mesi fa, che "ha corrotto senatori, deputati e ministri".
Un potere mafioso che deplorevolmente si è infiltrato nelle democrazie ed oggi è il problema più grave, più urgente che dobbiamo segnalare e denunciare.
Foto © Antimafia Dos Mil
ARTICOLI CORRELATI
Mafia e guerra, le analisi di Giorgio Bongiovanni
Maxi sequestro di cocaina in Uruguay: 800 kg nei container
Intervista a Giorgio Bongiovanni e Jean Georges Almendras a Radio Centenario
Il volto mafioso del nuovo codice del processo penale in Uruguay