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Sentito in aula Vincenzo Biagio Paradiso. Tra i testi anche Luigi Galvano

Nuova udienza, ieri per il processo sul duplice omicidio Agostino-Castelluccio, che si sta celebrando davanti la Corte d'assise di Palermo presieduta da Sergio Gulotta e che vede imputati il boss Gaetano Scotto, in qualità di killer, e Francesco Paolo Rizzuto, accusato di favoreggiamento. Dopo la testimonianza della scorsa udienza del consulente informatico, Gioacchino Genchi il quale aveva accertato delle chiamate in uscita in data 6 febbraio 1992 dall'utenza dell'imputato Scotto, verso la sede del Cerisdi (Centro Ricerche e Studi Direzionali) a Castello Utveggio seguendo l'ipotesi per cui in quella sede poteva esservi un vero e proprio centro SISDE (seppur riservato) ed una sua possibile ingerenza logistica (per controllare l’arrivo del magistrato o per azionare il telecomando) nella strage di via D’Amelio.
Una pista legata alla presenza, presso il Cerisdi di soggetti fortemente legati al Sisde (Salvatore Coppolino all’epoca in servizio al Sisde ed il prefetto Verga già Alto Commissario per la lotta alla mafia).
Nello specifico, guardando i tabulati, era emersa una telefonata partita dall’utenza in uso al boss dell'Arenella a quella di Paradiso, nella sua abitazione. E pochi minuti dopo figurava una ulteriore conversazione, sempre dal telefono mobile di Scotto, al centralino del Cerisdi.
Oggi si è tornati a parlare del caso tramite Vincenzo Biagio Paradiso, che dal 1991 lavorava proprio in quel luogo e che in passato fu anche indagato (e poi archiviato) dalla Procura di Caltanissetta.
In sostanza, così come aveva fatto nel corso degli anni, Paradiso non ha saputo offrire una spiegazione sul perché di quelle telefonate. Dopo aver ribadito di non conoscere Scotto, ugualmente non ha saputo dare spiegazioni al fatto che non vi sia traccia della telefonata tra le annotazioni del centralino, nonostante la prassi sia sempre stata quella di registrare ogni telefonata ricevuta.

L'Alto Commissariato e quel "doppio binario" Servizi-Polizia giudiziaria
In precedenza a salire sul pretorio era stato Luigi Galvano, ex poliziotto (oggi in pensione) che tra il 1990 ed il 1992 aveva lavorato presso l'Alto Commissariato.
Uno dei momenti di interesse, durante l'esame, è stato sicuramente quando il teste, rispondendo ad una domanda dell'avvocato Scozzola, ha detto di non saper dire che il Prefetto Verga avesse avuto rapporti con l'Alto Commissariato e con il Cerisdi. "Non lo so dire - ha detto - non mi risulta che vi siano stati rapporti. Tenga presente che io ero un giovane funzionario, ma come ufficiale di polizia giudiziaria. Non ero nei servizi. Perché all'Alto commissariato c'era un nucleo dei Servizi e un nucleo di ufficiali di Polizia giudiziaria".
In particolare grazie alle domande dell'avvocato Fabio Repici, legale della famiglia Agostino, il punto è stato approfondito e Galvano ha fornito un ulteriore elemento.
"Noi eravamo strutturati in questo modo - ha dichiarato Galvano - C'erano i funzionari di Prefettura, gli ufficiali di polizia giudiziaria ed i funzionari Sisde... Quando quelli che facevano parte del Sisde dovevano parlare noi ufficiali di polizia giudiziaria non partecipavamo alle riunioni perché altrimenti avremmo dovuto riferire all'autorità giudiziaria". "Quindi l'attività di Alto commissariato aveva un doppio binario e mentre lei aveva obbligo di riferire all'autorità giudiziaria il personale in quota Sisde non operava come polizia giudiziaria?" ha chiesto Repici. La risposta è stata netta: "Sì, è nelle cose".

Foto © Emanuele Di Stefano

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