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Aveva 84 anni. Nella sua vita ha intervistato i grandi della politica, dello sport e dello spettacolo. “Mi hanno sempre attratto persone capaci di andare controcorrente”

Gianni Minà, gigante del giornalismo italiano, se n’è andato all’età di 84 anni nella clinica Villa del Rosario dopo una breve malattia cardiaca. Oltre sessant’anni di carriera, caratterizzata da una professionalità unica e una tenacia invidiabile (celebre la sua provocazione ai militari argentini ai mondiali del ’78: “Qui si ricorrono voci su persone che spariscono”). Minà nel corso della sua storia ha intervistato grandi personaggi dell'attualità, della politica, della musica, dello spettacolo e dello sport. La più celebre quella di sedici ore a Fidel Castro, nel 1987, che lo ha consacrato nella storia. Di lui questi grandi uomini e donne ne coglievano l’intelligenza, la perspicacia, l’umanità e venivano affascinati dal suo modo di porre e porsi domande. Del resto diceva sempre che ad accendere la sua curiosità, elemento caratterizzante dello storico giornalista piemontese, erano “le persone capaci di raccontare storie, di mostrare altre visioni". Una di queste persone era l'amico Eduardo Galeano, celebre scrittore e pensatore uruguaiano. Ricordava Minà, “Galeano era capace di raccontare la storia dell'America Latina attraverso racconti ironici e apparentemente non importanti, fatti di cronaca, 'il cammino si fa andando', non sai mai dove queste storie ti possano portare. E' il bello della vita, tutto sommato". Una frase che ha caratterizzato la sua storia.
Gianni Minà è nato a Torino nel 1938, giornalista, autore, intrattenitore, conduttore, documentarista, appassionato di America Latina, inventore di Blitz - che negli anni '80 rappresentò su Rai2 il 'rivale innovativo' di Domenica in. Iniziò la carriera nel 1959 come giornalista sportivo per Tuttosport, di cui è stato direttore dal 1996 al 1998. Poi l'approdo in Rai come collaboratore dei servizi sportivi, seguendo per la rete pubblica cinque Olimpiadi, tre mondiali di calcio e i più importanti incontri di pugilato. Dopo aver esordito per il rotocalco Sprint, ha realizzato reportage e documentari per rubriche come Tv7, Dribbling, Odeon. Tutto quanto fa spettacolo, Gulliver ed è stato tra i fondatori del programma L'altra domenica. Per il Tg2, dal 1976, ha realizzato non solo servizi sportivi ma anche reportage dall'America Latina.





Poi ha collaborato a Mixer, ha esordito come autore e conduttore di Blitz e ha condotto la Domenica sportiva e il talk show Storie. Ha diretto la rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo. Collaboratore per anni di quotidiani come Repubblica, l'Unità, Corriere della Sera e Manifesto, ha scritto numerosi libri tra cui Il racconto di Fidel (1988), Un continente desaparecido (1995), Storie (1997), Un mondo migliore è possibile. Da Porto Alegre le idee per un futuro vivibile (2002), Politicamente scorretto (2007), Il mio Alì (2014), Così va il mondo. Conversazioni su giornalismo, potere e libertà (2017, con G. De Marzo), Storia di un boxeur latino (2020) e Non sarò mai un uomo comune (2021).
Fu con Blitz che Minà venne consacrato tra i grandi del giornalismo europeo. Nella trasmissione ebbe ospiti del calibro di Federico Fellini, Eduardo De Filippo, Muhammad Ali, Robert De Niro, Jane Fonda, Gabriel Garcia Marquez, Enzo Ferrari. Ognuno di loro ha raccontato di sé lasciandosi trascinare dal carisma e dalla conduzione di Minà. Da ognuna delle persone che intervistava, Minà riusciva a coglierne il lato più rivoluzionario.
Come avvenne con Muhammad Alì. “Ali è stato il più grande di tutti - raccontava il giornalista - perché ha rotto un sistema, una cultura. All'inizio di ogni intervista, esordiva sempre con le sue idee di riscatto per il popolo nero e enumerava tutto quello che un nero americano non era riuscito ad avere nella vita: 'Tutti hanno una terra per la quale lottare, combattere... tutti. Solo noi, solo i neri d'America non hanno una terra di riferimento'. Purtroppo le sue battaglie non hanno prodotto grandi cambiamenti, ma non mi sento di dire che ha perso". Tantissimi gli uomini e le donne incrociati e intervistati nel corso della sua lunghissima carriera. Tutte persone che, in un modo o nell’altro, hanno caratterizzato la storia degli ultimi 50-60 anni negli ambiti più disparati, da quello politico, a quello artistico. All’appello, però, manca l’ex presidente del Sudafrica Nelson Mandela, non riuscirlo a intervistare fu un grande rimpianto per Minà. “Ci siamo rincorsi: una volta non potevo io, una volta non poteva lui. E l'ho perso, come ho mancato l'intervista a Marcello Mastroianni, una persona gentile e ironica". Dai personaggi incontrati, raccontava, aveva imparato ad "esercitare il pensiero critico, anzi, il pensiero complesso, e a respirare la libertà di essere come si è, mostrando soprattutto la propria fragilità”. E aggiungeva: "Mi hanno sempre attratto persone capaci di andare controcorrente, anche a costo dell'isolamento, della solitudine".

Foto © Imagoeconomica

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