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Il collaboratore di giustizia intervenuto a Non è l’Arena per analizzare la fitta rete di coperture di Messina Denaro

Riina è stato venduto dal suo migliore amico, Bernardo Provenzano”. E Matteo Messina Denaro? “Anche lui secondo me è stato tradito, tant’è che noi siamo stati avvisati che lo avrebbero catturato”. A parlare è il collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo, per anni braccio destro del “capo dei capi” di Cosa nostra Totò Riina, intervenuto la scorsa domenica 19 marzo a “Non è l’Arena” su La7. Massimo Giletti, nel corso della trasmissione, ha continuato il suo lavoro di ricerca e indagine sulla fitta rete di coperture che hanno curato e garantito la latitanza trentennale del boss di Cosa nostra arrestato dai Carabinieri lo scorso 16 gennaio presso la clinica La Maddalena di Palermo.
Per Mutolo anche Messina Denaro, come Riina nel 1993, è stato tradito. Secondo il collaboratore di giustizia, infatti, il messaggio che venne lanciato a “Non è l’Arena” da Salvatore Baiardo Salvatore Baiardo, ex fiancheggiatore di Giuseppe e Filippo Graviano, finito in carcere per averne favorito la latitanza (nonché, secondo alcuni addetti ai lavori, attuale emissario dei Graviano), circa lo stato di salute del capo mafia di Castelvetrano e la possibilità che a breve si sarebbe fatto arrestare “può indicare la fine del famoso patto e papello iniziato nel ’92”. Quel messaggio, ha aggiunto Mutolo, “Baiardo l’ha mandato per conto dei fratelli Graviano”.


mmd mutolo giletti la7


Parere simile, anche se non uguale per certi aspetti, quello del magistrato Alfonso Sabella, secondo cui “Matteo Messina Denaro nella seconda parte della sua vita ha fatto un’operazione di sommissione criminale e di emersione sociale. L’emersione sociale l’ha fatta a Campobello di Mazara nel suo territorio”. “Non credo che si sia consegnato - ha aggiunto -, ma può essere che qualcuno l’abbia tradito anche perché si poteva far passare il messaggio con il suo arresto che la mafia è finita. E questo è un pericolo enorme che oggi sta vivendo il nostro Paese”. Ciò che è certo, ha sottolineato il magistrato, è che il boss recentemente “ha voluto mandare un messaggio dal carcere a una certa borghesia mafiosa, è evidente”. Il riferimento era a quanto dichiarato da Messina Denaro alla dottoressa che lo ha visitato in carcere a dodici giorni dal suo arresto.
Da quanto sta emergendo dalle indagini della Procura di Palermo, è ormai evidente che Matteo Messina Denaro ha goduto di una rete di protezione eterogenea che, a più livelli, si intersecava con il mondo delle professioni, della politica e della massoneria. E il 16 gennaio 2023 questa rete, secondo Mutolo, è venuta meno. Tradimenti, dunque, dentro e fuori Cosa nostra. Anche all’interno delle istituzioni e della magistratura. “Anche nelle istituzioni ci sono traditori - ha continuato il collaboratore di giustizia -. Ecco perché quando un magistrato cerca di fare luce su questi intrecci, come Nino Di Matteo, Giuseppe Lombardo e Sebastiano Ardita, viene messo da parte. Non ci sono traditori solo dentro Cosa nostra. Tradiscono anche persone delle istituzioni, anche se sono una minoranza”. “È doloroso dirlo - ha concluso Mutolo -, ma oggi c’è anche un’operazione che tende a ostacolare la collaborazione con la giustizia”.

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