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Dai pizzini del boss emerge un “tecnicismo lessicale" tipico di “specialisti forniti di uno specifico know how nel settore”

I pizzini di Matteo Messina Denaro sono senza dubbio l'oggetto clou verso cui si stanno dirigendo le indagini del procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia e dell'aggiunto Paolo Guido. Dai manoscritti dell'ormai ex superlatitante di Cosa nostra, molti dei quali inviati alla sorella Rosalia - arrestata ieri - è emerso il rapporto di fiducia tra i due e, quindi, il conseguente ruolo centrale della donna all'interno dell'organizzazione mafiosa. "Un importantissimo punto di snodo delle comunicazioni del fratello latitante, non soltanto con i membri della sua famiglia di origine, ma, soprattutto, ed è ciò che qui rileva, con un elevato numero di soggetti a vario titolo coinvolti nelle attività di interesse dell'associazione mafiosa Cosa nostra operante nel territorio di Castelvetrano e comuni limitrofi di cui il latitante medesimo costituiva - e ha continuato a costituire sino al suo arresto - il vertice incontestato ed incontrastato", ha scritto il Gip di Palermo Alfredo Montalto.
Dai pizzini rinvenuti è emerso inoltre che il boss latitante era a conoscenza di essere intercettato a tal punto da istruire la sorella - sempre tramite i pizzini - su come individuare e distruggere eventuali telecamere di sorveglianza piazzate dagli inquirenti. Il tutto, scrive il Gip, con un evidente "tecnicismo lessicale" che fa senza dubbio ipotizzare "il potenziale coinvolgimento di appartenenti alle forze dell’ordine o di specialisti forniti di uno specifico know how nel settore, unici in possesso di tali preziose informazioni". Le informazioni sulle telecamere, scrive Montalto “erano state veicolate a ‘Rosetta’ dallo stesso latitante, il quale evidentemente, venutone in possesso attraverso canali tutti da investigare, si era premurato di ‘girarle’ alla sorella, per fare in modo che ella, al pari degli altri appartenenti a Cosa nostra, adottasse ogni precauzione possibile per non essere scoperta”. Secondo gli inquirenti, dunque, è possibile che il boss avesse degli infiltrati che gli fornivano informazioni su cimici e microspie. Le indicazioni scritte dal boss di Cosa nostra nei pizzini - con dovizia di particolari - confermano per parole del senatore Roberto Scarpinato (già procuratore generale di Palermo) quanto a più riprese ha ribadito nei programmi tv che “Matteo Messina Denaro ha goduto di protezioni ad altissimo livello. Non dobbiamo dimenticare che in questi anni sono stati arrestati diversi esponenti delle forze di polizia per favoreggiamento e sono stati condannati alcuni perché avevano portato fughe di notizie all’esterno su dove erano collocate le microspie e alcune telecamere. Non ha goduto soltanto di protezioni locali e di qualche professionista colluso. Ha goduto di una protezione di sistema perché conosce i segreti delle stragi, conosce i complici eccellenti delle stragi del ’92 e ’93 e per questo gode di un sistema di protezione che va al di là di quello tipicamente mafioso. Nessun mafioso può latitare per trent’anni di sola mafia”.


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Dall'analisi dei pizzini rinvenuti nell'ultimo covo del boss a Campobello di Mazara emerge che, oltre ai familiari stretti che erano i principali destinatari, Matteo Messina Denaro "aveva inviato una serie di ordini a terza persona indicata come 'Fragolone'", ovvero sua sorella Rosalia. Il Gip scrive che evidentemente il boss aveva la "necessità di conservare la 'posta' - anche quella uscita - come promemoria delle innumerevoli faccende che gli venivano sottoposte, custodiva nel suo covo delle vere e proprie ‘matrici’ di missive certamente giunte ai rispettivi destinatari".
Uno in particolare cattura l'attenzione degli inquirenti. Si tratta di una lettera datata 9 novembre 2021 "rinvenuta all'interno del covo di Campobello di Mazara" che è stata redatta da Matteo Messina Denaro e indirizzata a "Fragolone". “L’esito delle perquisizioni forniva anche inquietante notizia delle informazioni dettagliate di cui Rosalia, in epoca imprecisata, era venuta in possesso sul funzionamento delle telecamere installate dalla polizia giudiziaria per finalità investigative (classicamente oggetto delle costanti e ripetute attenzioni che notoriamente gli associati mafiosi pongono in essere per porre rimedio a dette attività d’indagine)”, scrive il Gip. Nell'appartamento di via Alberto Mario, nella gamba di una sedia, il Ros ha trovato un appunto scritto a mano dalla sorella del boss: un vademecum su come scoprire l’eventuale presenza di telecamere. Ed è qui che Montalto sottolinea, condividendo la tesi del Ros, "l’evidente tecnicismo lessicale utilizzato (ad esempio quando fa riferimento alle ‘cassette di rilancio segnale‘ che vengono impiegate per occultare la trasmissione dei segnali audio e video)", che "fa senza dubbio ipotizzare il potenziale coinvolgimento di appartenenti alle forze dell’ordine o di specialisti forniti di uno specifico know how nel settore, unici in possesso di tali preziose informazioni”.

Occhio alle telecamere
Dal contenuto della lettera Matteo Messina Denaro dimostra di essere a conoscenza delle tecniche investigative degli investigatori. “Quando si tratta di telecamere – si legge – ci deve essere nella cassetta necessariamente un buco, il buco è nella direzione dove vogliono guardare. Senza buco non può mai essere telecamera, ci sono tante cassette senza buco, che loro montano nei pressi delle case dove montano microspie e telecamere. Queste cassette si chiamano 'cassette di rilancio segnale', cioè, le telecamere e le microspie che loro montano nelle case non hanno la forza di mandare il segnale sin dove sono loro. Allora ci vogliono queste cassette di rilancio che captano il segnale dalle vicine microspie e telecamere e lo rilanciano fin dove sono loro, queste cassette di rilancio fanno arrivare il segnale a centinaia di km. Cioè senza queste cassette di rilancio loro non riceverebbero nessun segnale sia dalle microspie sia dalle telecamere. Se sono cassette di rilancio segnale perché montarli proprio ora e non prima dato che le microspie da te ci sono da sempre? Questo non lo so, posso pensare che da poco hanno montato da te cose più sofisticate ed hanno bisogno di queste cassette di rilancio proprio vicine la casa, perché in genere le mettono a circa 100 metri da dove montano le loro cose. Se invece sono telecamere devono avere per forza un buco, senza buco non possono essere telecamere. Il buco è rotondo oppure rettangolare, ultimamente montano queste con il buco rettangolare, pensano che hanno più visuale”. 


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E poi gli ordini alla sorella: “Prima ti devi accertare se sono telecamere o cassette di rilancio, e questo lo puoi capire se c’è il buco o meno. Se non ti convinci chiami un elettricista e gli dici chiaramente che ti hanno montato queste cose e che da quando le hanno montate a casa tua hai problemi di luce, cioè che tutto funziona ad intermittenza, stacca sempre tutto e blabla. Quindi gli dice che vuoi sapere cosa sono e che le vuoi tolte, se ha problemi fa che usi carta intestata dove attesti che sei tu che le hai volute tolte perché hai problemi di luce a casa, e che firmi il foglio, così non avrà problemi se le smonta che metti due mazzate alle cassette, cioè che le rompi e le metti per terra sotto la tettoia, così se le vedono rotte se le vengono a prendere. Tu a casa tua puoi fare tutto è un tuo diritto, se invece te la puoi sbrigare tu senza l’elettricista è meglio, ma non prendere la corrente ti prego, usa sempre pinze con manici isolanti e i fili toccarli sempre ad uno ad uno, mai toccarli due assieme, e stacca sempre il contatore, e quando fai ciò portati qualche familiare. Quindi se siano telecamere o siano cassette di rilancio distruggi tutto già da ora, tu sei a casa tua e puoi fare tutto, non avere paura. Poi però mi devi dire se sono telecamere o cassette senza buco. Al quando la cassetta funge da telecamera ed ha il buco rettangolare, questo buco rettangolare è coperto da un vetro, forse evitare che uccelli che ci entrano a fare il nido, e così mettono il vetro a protezione”.

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