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L'analisi dell’economista e saggista americano già direttore dell'Earth Institute alla Columbia University

Il Bulletin of the Atomic Scientists ha spostato "le lancette dell’orologio dell’Apocalisse a soli 90 secondi dalla mezzanotte", segno evidente che la nostra stessa sopravvivenza è compromessa da una possibile guerra nucleare che potrebbe scoppiare dall'attuale conflitto tra Ucraina e Russia. Ma se da un lato la catastrofe atomica sembra lontana altrettanto non si può dire per quella umanitaria ed economica. "L’Ucraina è stato il Paese che più ha sofferto nel 2022: secondo il Fondo monetario internazionale, la sua economia è crollata del 35%".
Potrà questo paese (l'Ucraina) rialzarsi e riprendersi?
Si, ma prima deve "riconoscere di essere vittima di una guerra per procura tra Stati Uniti e Russia scoppiata nel 2014".
Sono queste le osservazioni pubblicate sul 'Fatto Quotidiano' dell'economista e saggista statunitense Jeffrey Sachs (in foto), già direttore dell'Earth Institute alla Columbia University dal 2002 al 2016 e considerato tra i più noti e pionieri negli studi sullo sviluppo sostenibile.
Ad oggi Sachs è stato chiamato dall'ONU a ricoprire il ruolo di guida presso il Leadership council del Sustainable development solution network, una rete che include oltre 1.600 istituzioni scientifiche, accademiche, imprenditoriali e della società civile impegnate nel coniugare produzione e giustizia, sociale quanto ambientale.
Partendo dai fatti accaduti nel 2014, come quello del massacro di Odessa avvenuto alla Casa dei Sindacati, Sachs ha spiegato che gli Stati Uniti hanno armato e finanziato "pesantemente Kiev con l’obiettivo di espandere la Nato e indebolire la Russia".
"In Ucraina - ha spiegato - la guerra per procura è iniziata nove anni fa, quando l’Amministrazione statunitense ha appoggiato la destituzione del presidente Viktor Yanukovich. Il peccato di Yanukovich agli occhi degli americani era di voler mantenere Kiev neutrale, scelta che metteva i bastoni tra le ruote al progetto di espansione della Nato fino all’Ucraina (e alla Georgia). L’obiettivo degli Stati Uniti era circondare la Russia di Paesi Nato nella regione del Mar Nero: per raggiungerlo, hanno armato e finanziato massicciamente l’Ucraina dal 2014 in poi".
Kiev "va incontro a un futuro disastroso - ha sottolineato - se questa guerra per procura non finirà presto. Per evitare un disastro a lungo termine deve guardare all’esperienza terribile dell’Afghanistan o, più indietro nel tempo, a quella delle guerre per procura portate avanti dagli Usa in Vietnam, Cambogia, Laos, Iraq, Siria e Libia".
Il disegno è sempre lo stesso, così come lo sono i fautori: "Basti pensare che nel 2014 la figura di riferimento per l’Ucraina a Washington era la vicesegretaria di Stato, Victoria Nuland, che oggi è sottosegretaria di Stato. A stretto contatto con Nuland lavorava Jake Sullivan, oggi Consigliere per la Sicurezza nazionale ma che nel 2014 svolgeva le stesse mansioni per Joe Biden come membro dello staff del vicepresidente".
Secondo il saggista statunitense per ristabilire la pace "l’Ucraina dovrebbe diventare un Paese neutrale, senza entrare nella Nato, la Crimea dovrebbe rimanere sede della flotta navale russa del Mar Nero come accade dal 1783 e sul Donbass si potrebbe trovare una soluzione pratica che vada dalla divisione territoriale all’autonomia o all’istituzione di una linea verde. Così, ed è la cosa più importante, si arriverebbe al cessate il fuoco e al ritiro delle truppe russe dal Paese, mentre la sovranità dell’Ucraina sarebbe garantita dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu e da altre nazioni garanti. Un accordo su queste basi - ha ricordato sul 'Fatto' - si sarebbe potuto raggiungere già a dicembre 2021 o a marzo 2022”.

L'errore degli Stati Uniti
Gli usa secondo Jeffrey Sachs hanno "sottovalutato due importanti realtà politiche dell’Ucraina. La prima è che in Ucraina esiste una profonda divisione etnica e politica tra i nazionalisti della parte occidentale del Paese, che odiano la Russia, e la popolazione di etnia russa dell’Ucraina orientale e della Crimea. La seconda è che l’allargamento della Nato all’Ucraina rappresenta una linea rossa per Mosca. La Russia combatterà fino alla fine ed è anche pronta all’escalation pur di impedire agli Stati Uniti di incorporare l’Ucraina nella Nato".
A questi due errori si aggiunge anche l'interferenza statunitense nei processi di pace: "un mese dopo, a marzo 2022, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva dato l’impressione di comprendere che il suo Paese era finito vittima di una guerra per procura tra Stati Uniti e Russia. In una dichiarazione pubblica, infatti, aveva detto che l’Ucraina voleva diventare neutrale e avrebbe chiesto ad alcuni Stati di farsi garanti della sua sicurezza. Nello stesso discorso aveva anche riconosciuto che la Crimea e il Donbass avrebbero dovuto beneficiare di un trattamento speciale. In quella fase a fare da mediatori c’erano la Turchia e Israele, con il primo ministro dell’epoca Naftali Bennett. La Russia e l’Ucraina stavano andando verso un accordo, ma come ha raccontato di recente lo stesso Bennett, gli Stati Uniti “hanno bloccato” il processo di pace".
Da allora la guerra si è intensificata.
"Gli Stati Uniti e i loro alleati si sono impegnati a inviare in Ucraina carri armati, missili a sempre più lunga gittata e forse anche aerei da combattimento. Il giornalista investigativo americano Seymour Hersh ha scritto che a settembre i Servizi statunitensi avrebbero fatto esplodere i gasdotti Nord Stream, ricostruzione" - per inciso - sempre "smentita dalla Casa bianca".

Fonte: ilfattoquotidiano.it

Foto © Imagoeconomica

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