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"È ancora conveniente oggi per i mafiosi irriducibili collaborare con la giustizia?". È con questa domanda che il procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli sul 'Fatto Quotidiano' ha aperto le sue riflessioni sul complesso normativo che regolamenta la collaborazione con la giustizia.
La scelta di collaborare, spiega il magistrato, "salvi i rari casi di pentimento autentico", è governata dal calcolo utilitaristico. In base alla legge, "introdotta il 15 gennaio 1991", si prevedono "l’applicazione di speciali misure di protezione - che offrono a chi decide di intraprendere la via della collaborazione", "assistenza, anche economica, e l’accesso agevolato ai benefici penitenziari – con la possibilità, fra l’altro, di scontare le pene anche fuori dal carcere con un regime agevolato".
L'accesso alla collaborazione, sottolinea Tescaroli, viene incentivato "dal regime normativo differenziale esistente per chi collabora e per l’irriducibile, dall’efficienza del sistema della protezione e dall’impegno nel contrasto al crimine organizzato".
In sostanza tanto più e marcata la differenza "nel regime normativo tra le due posizioni" tanto "maggiore sarà la percezione da parte del mafioso della volontà statuale di agevolare la scelta collaborativa e conseguentemente il numero delle vocazioni collaborative sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo".
Il tema della collaborazione è collegato in modo stretto con il regime del carcere ostativo, per il quale l'esecutivo ha approvato quest'anno il decreto legge seguendo le indicazioni della Corte Europea dei diritti dell'uomo e della Corte Costituzionale.
Secondo Tescaroli "il complesso della normativa in vigore continua a rendere vantaggioso il percorso collaborativo per coloro che lo vogliano fare seriamente e con lealtà e che forniscano dichiarazioni caratterizzate da intrinseca attendibilità, novità, completezza o notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio".
Diverso è invece il percorso previsto per l'irriducibile sottoposto al regime del 'carcere duro' o 41-bis, "strumento indispensabile per impedire che i boss continuino a gestire il loro potere dal carcere, mantenendo i contatti con l’associazione di appartenenza".
Nello specifico per chi è sottoposto al carcere duro "è inibito l’accesso a tali benefici. Se non è sottoposto a tale regime, non collabora per scelta ed è condannato per reati di mafia e di terrorismo, il mafioso irriducibile è previsto che possa accedervi, ma dopo aver espiato quantitativi di pena ben più elevati rispetto a quelli previsti per il collaboratore di giustizia".
"Può, infatti, accedere alla liberazione condizionale dopo aver espiato almeno due terzi di pena temporanea o almeno trent’anni di pena (sempre riducibile a seguito della liberazione anticipata e ciò vale anche per gli altri termini che seguono) quando vi è stata condanna all’ergastolo, termine che, in virtù dell’applicazione della riduzione di pena della liberazione anticipata può ridursi a 23 anni circa".
"Costoro - ha continuato il magistrato - potranno beneficiarne, a seguito di specifica istruttoria, sempre che dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza e si possa escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti".

Fonte: ilfattoquotidiano.it

Foto © Imagoeconomica

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