Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Il giornale spagnolo intervista, a casa sua, il padre del poliziotto ucciso con la moglie il 5 agosto 1989: “Non dimenticherò mai quel giorno”

Vincenzo Agostino, padre di Antonino, il poliziotto morto ammazzato con la moglie incinta Ida Castelluccio 34 anni fa, si racconta al famoso quotidiano spagnolo “El Mundo”. E lo fa con una toccante intervista rilasciata a casa sua, a Palermo, tra le foto del suo ragazzo strappato via dalla mafia, e da chissà quali altre mani, e i ricordi della vita vissuta con la moglie, scomparsa nel 2019, compagna inseparabile nella ricerca di verità su quell’efferata mattanza. L’inviato Andros Lozano ha raccolto le lacrime e anche le parole di speranza di questo padre che da quel 5 agosto 1989 ha promesso, sulla salma del figlio, di non tagliarsi la barba finché non otterrà giustizia. Oggi Vincenzo Agostino affida le sue speranze al processo che si sta celebrando sul delitto a Palermo, iniziato 32 anni dopo la tragedia. Ma spera anche che in qualche modo il boss Matteo Messina Denaro decida di pentirsi e magari raccontare agli inquirenti chi ordinò la morte di Antonino e perché. “Voglio che racconti tutto, come sono venuti a sapere del lavoro che stava facendo Nino e quando decisero di ammazzarlo e le persone coinvolte. Solo così riposerò in pace e anche mia moglie, che è già con Dio. Lei è andata via con quel dolore. Io spero di poterglielo raccontare quando ci incontreremo lassù”.





agostino genitori by fanpage

Nella foto: Vincenzo ed Augusta, genitori dell’agente ucciso con in mano la fotografia del figlio con la moglie
by fanpage.it



EL MUNDO. Domenica 22 Gennaio 2023

“Messina Denaro è custode di tutti i documenti di Cosa Nostra. Lo prego di parlare e raccontare chi ordinò la morte di mio figlio"

Incontro a casa di Vicenzo Agostino, il padre coraggio che si appela a tutti chiedendo giustizia

di Andros Lozano - Palermo

L’abitazione di Vincenzo Agostino ha un orto e un pollaio fuori. L’anziano, di 85 anni, ha aperto le sue porte a Crónica lo scorso mercoledì pomeriggio. Dice che lavorare la terra e curare gli animali, rendono i suoi giorni più sopportabili. All’interno dell'abitazione - spaziosa, senza lussi - i ricordi di suo figlio Nino sono ancora lì, nonostante il tempo trascorso. Foto del giorno del suo matrimonio con Ida, in costume da bagno in spiaggia insieme a suo padre, con l’uniforme di polizia. “Sono un povero vecchio che soffre da troppo tempo”, esclama con un misto di ironia e dispiacere nel salutare il giornalista. 

La principale mafia siciliana, Cosa Nostra, uccise Nino, uno dei quattro figli di Vincenzo, circa 34 anni fa. Era il 5 agosto del 1989. Alcuni sicari a bordo di una motocicletta spararono contro di lui e Ida. Erano sposati da un mese. Lei era incinta di quattro settimane. La coppia stava per entrare nel luogo dove Flora, sorella di Nino, festeggiava il suo 18º compleanno. Ma invece di torte e risate ci furono pianti e desolazione. Nino indagava sui mafiosi di Palermo, la capitale dell'isola di Sicilia. Nella logica irrazionale della mafia, tale affronto si pagava con la morte. Durante il funerale, Vincenzo, ancora con i feretri di Nino e Ida aperti, si inginocchiò e, tra le lacrime, giurò di non radersi più la barba fino a quando non avesse scoperto chi avesse ordinato l'assassinio di suo figlio e di sua nuora. “Ed eccomi qui, ancora ce l’ho”, afferma mentre la raccoglie sul mento, chiudendo il palmo della sua mano destra. “Con la stessa sete di giustizia e verità dal giorno in cui sono stati uccisi”. 

Nel 1989, il capo di Cosa Nostra era Salvatore "Totò" Riina, un sanguinario corleonese che lasciò il testimone ad un altro corleonese non meno crudele, Bernardo Provenzano

Quando Nino morì assassinato, un giovane spietato stava cominciando a scalare i ranghi dell'organizzazione. Si chiamava Matteo Messina Denaro, di 27 anni. Quando Provenzano fu arrestato nel 2006, Messina Denaro iniziò a dirigere il clan, ereditando tutti i segreti della mafia alla quale apparteneva. Questo lunedì, quando Vincenzo Agostino ha appreso che il padrino Messina Denaro, malato di cancro, era stato arrestato in una clinica di Palermo dopo una latitanza di 30 anni, si è rinvigorita in lui la speranza di riuscire a sapere “tutti i dettagli” dell'assassinio di Nino ed Ida.

 “Gli chiedo solo di parlare. Se lo avessi di fronte gli direi di avere il coraggio, che ormai è finito il tempo di fare il gallo”, afferma questo padre coraggio siciliano, seduto sul sofà della sala da pranzo di casa sua, mentre guarda un album di foto di famiglia. Matteo Messina Denaro è depositario di tutti i documenti e segreti di Cosa Nostra. Anche se sono sicuro che la cupola di quella mafia fosse d’accordo sull'assassinio di mio figlio, voglio che racconti tutto, come sono venuti a sapere del lavoro che stava facendo Nino e quando decisero di ammazzarlo e le persone coinvolte. Solo così riposerò in pace e anche mia moglie, che è già con Dio. Lei è andata via con quel dolore. Io spero di poterglielo raccontare quando ci incontreremo lassù”, racconta Vincenzo.


agostino nino idea sposi

Ida Castelluccio e Nino Agostino


I carabinieri hanno arrestato il capo Messina Denaro, di 60 anni, alle 09.18 di lunedì. Era andato alla clinica privata di Palermo, la Maddalena, specializzata in oncologia, dove i medici lo avevano in cura da un anno per un cancro al colon con metastasi al fegato. Lì si sottoponeva a sessioni cicliche di chemioterapia. Quel paziente di media altezza, magro, arrivato con un berretto bianco di lana in testa e una giacca marrone di pelle, si faceva passare per un'altra persona. Diceva di essere Andrea Bonafede. Al polso destro portava un orologio svizzero da 35.000 euro, della marcaCrónica. 

Non ha opposto resistenza. “Sono Matteo Messina Denaro”, ha affermato. Il suo arresto ha chiuso definitivamente una tappa nera dell'Italia in cui Cosa Nostra ha messo sotto scacco lo Stato. È opera di questo clan mafioso l'assassinio, tra altri centinaia, dei giudici antimafia Giovanni Falcone, ucciso nel 1992 con una bomba di 500 kg di dinamite piazzata in una tubatura che esplose quando passò con la sua automobile insieme a sua moglie, e Paolo Borsellino, deceduto a causa dell'esplosione di un altro artefatto 57 giorni dopo la morte del suo collega. Il mafioso detenuto ha partecipato ad entrambi gli attentati. Su di lui pesano diverse condanne che non gli permetteranno più di uscire di prigione. Una di queste, all’ergastolo, per aver ucciso il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito di mafia. Il bambino, di 12 anni, fu strangolato e sciolto nell’acido dopo due anni di sequestro. 

“NESSUNO SAPEVA CHE QUEL VICINO ERA MESSINA DENARO?”
Messina Denaro ha soddisfatto una delle premesse dei mafiosi siciliani: il potere e la sicurezza sono vicino a casa, te le danno i tuoi. Il suo rifugio negli ultimi mesi, forse anni, è stata un'abitazione di Campobello di Mazara, un paese di 10.800 abitanti della provincia di Trapani, all’estremo ovest dell'isola. A soli nove chilometri di strada dalla sua località natale, Castelvetrano, e 70 da Corleone, dove nacquero i suoi predecessori alla guida di Cosa Nostra. 

I tre paesi si trovano in un territorio, la metà meridionale e centrale dell'isola, dove questa mafia ha radici profonde e un maggiore controllo. Le diverse famiglie mafiose che vi abitano sono leali al loro capo. Non sono mancati sguardi protettivi o silenzi necessari per Diabolik, personaggio del fumetto italiano, soprannome con cui Messina Denaro era conosciuto. Precisamente, Vincenzo Agostino allude a quella tacita protezione che Messina Denaro deve aver ricevuto durante la sua permanenza a Campobello di Mazara. Insiste più volte sul fatto che, a suo giudizio, “molti” abitanti del paese hanno taciuto, per paura o per complicità. E non punta solo su di loro, ma segnala anche le autorità del luogo: “Il sindaco, il capo di polizia.. Nessuno sapeva che quel vicino era Messina Denaro? Non ci credo! In un paese così piccolo, un volto strano suscita sempre pettegolezzi e sospetti. Questo mi dimostra che lo Stato, le istituzioni del paese, alcuni politici e in ambito della polizia hanno contribuito a proteggerlo in questi 30 anni di latitanza. Nessuno vive tanto tempo in un nascondiglio come un fantasma”

Alcune delle persone che negli ultimi tempi hanno aiutato Messina Denaro risiedono a Campobello di Mazara. L'agricoltore Giovanni Luppino, che non aveva alcun precedente, era il suo autista e guardia del corpo. È stato lui a portarlo fino alla clinica Maddalena. È stato arrestato in un bar vicino dove aspettava il suo capo.


agostino vin schiera augusta

L'ANZIANO DOTTORE
Lì vive anche il fratello del capo di Cosa Nostra, Salvatore, che era un impiegato di banca, uscito dal carcere di recente, dopo aver trascorso 15 anni dietro le sbarre. E il medico Alfonso Tumbarello, che ha curato e seguito per anni Matteo Messina Denaro. Questo dottore aveva tra i suoi pazienti, appunto, il topografo Andrea Bonafede, il nome reale di un abitante del paese che Messina Denaro ha usato per crearsi una nuova identità grazie alla documentazione falsa che utilizzava per sottoporsi alle cure contro il cancro. Bonafede è, inoltre, il proprietario della casa nella quale risiedeva il boss. Essendo un paese piccolo, gli investigatori pensano che sia quasi impossibile che il dottore Tumbarello, di 70 anni, molto conosciuto in zona, non sapesse che il capo stava utilizzando il nome di Bonafede, un altro dei suoi pazienti, quando gli prescriveva delle medicine.

La polizia italiana ha trovato nella casa di Messina Denaro, arredata con “eleganza”, il lusso che l'abitazione non dimostrava esternamente. L'appartamento, a pianterreno di un edificio giallo di due piani, si trova in un vicolo cieco. Aveva il frigorifero pieno, gli armadi strapieni di scarpe e di abiti delle firme più raffinate, preservativi e viagra. Si intende che, o le sue amanti lo visitavano, o era lui ad andare da loro. Conservava anche un poster con la foto di Marlon Brando nel film Il Padrino, di Coppola. 

“Crediamo che sia una casa che è stata utilizzata in modo continuativo nell'ultimo periodo”, ha spiegato il generale Pasquale Angelosanto, capo del nucleo speciale dei ROS dei Carabinieri. Messina Denaro non aveva problemi a comprare ‘favoreggiamenti’. La fortuna della mafia di cui è il capo potrebbe ammontare a 4.000 milioni. 

La polizia italiana ha perquisito un’altra abitazione che Messina Denaro avrebbe usato a Campobello. Si trova a circa 300 metri dall'abitazione nella quale passava più tempo. L’hanno scoperta mercoledì e, a differenza dell'altra, questa aveva porte blindate. All’interno, dietro un doppio muro, si nascondeva un bunker, dove hanno trovato delle scatole vuote.  

Gli investigatori poi hanno trovato una terza abitazione. Cercavano i segreti di questa mafia ereditati dall'archivio di Totò Riina. Messina Denaro sarebbe riuscito a rubarlo dopo l’arresto del suo capo, nel gennaio del 1993. Trent’anni fa si lasciarono trascorrere 18 giorni senza perquisire il nascondiglio di Riina. Gli investigatori non riuscirono ad entrare in possesso della sua documentazione, riguardante alcuni degli enigmi più occulti di questa mafia. Ora, per non commettere lo stesso errore, i carabinieri lavorano contro il tempo.


agostino nino vin abito


“PATTO TRA MAFIA E STATO”
Nonostante gli sforzi degli investigatori, i cui progressi investigativi sono stati riportati con il contagocce, Vincenzo non si fida. Pensa che tutto sia parte di “una messa in scena” e che, se sapevano dove viveva, avrebbe dovuto essere fermato nel suo nascondiglio. “Temo che, avendolo arrestato in una clinica, si sia persa l'opportunità di trovare la sua documentazione. Perché lo hanno fermato in una clinica e non a casa sua? Penso che ci sia stato un patto tra la mafia e lo Stato e che il suo arresto sia stato organizzato”

Vincenzo Agostino sa che il tempo non gioca a suo favore. È rimasto vedovo di Augusta tre anni fa. La sua salute non è delle migliori. Ha problemi di cuore, al quale fu operato a rischio di vita o morte alcuni anni fa. Dice che “un padre non può dimenticare l'assassinio di suo figlio ucciso davanti ai suoi occhi”. Ricorda ancora Nino a terra, con la mano sul petto che tentava di tamponare l'emorragia provocata dai colpi. E Ida, che strisciava a terra, ferita, che tentava di arrivare al marito per proteggerlo.  

Vincenzo non aveva mai saputo che Nino indagava su Cosa Nostra. Lo ha saputo dopo la sua morte. Racconta che quel giorno, all'ultimo minuto, Nino cambiò il turno per potere andare al compleanno di sua sorella. Per questo motivo suo padre pensa che “uno o più” colleghi del corpo, lo abbiamo venduto”. “Soltanto loro sapevano dove stava andando”, dice.  Dopo aver ucciso Nino Agostino, Vincenzo e i poliziotti trovarono nel suo portafoglio un bigliettino che diceva “se un giorno dovesse accadermi qualcosa di brutto”, di guardare in un armadio della sua abitazione. Gli investigatori accorsero a casa sua insieme a Flora, la sorella.  

Trovarono diversi documenti che, dopo il funerale, scomparirono. “Chi li ha? Dove sono andati a finire? Cosa dicevano? A chi implicavano nella mafia?”, si chiede l'anziano con lo sguardo perso.  

Trentadue anni dopo gli omicidi di Nino e Ida, nel 2021, un tribunale di Palermo ha condannato all’ergastolo il mafioso Nino Madonia. Il processo si è svolto unicamente per l'insistenza di Vincenzo Agostino, che riuscì ad incontrare Papa Francesco per raccontargli il suo caso. Ma ancora devono essere processati altri due imputati, uno dei quali, un vecchio collega di Nino nella polizia.  

Nonostante i processi in tribunale, non si è mai saputo perché è stato ucciso il figlio di Vincenzo, chi l’abbia ordinato e cosa avesse scoperto quel giovane agente di 28 anni. Suo padre non vuole morire senza saperlo. “Ho ancora la speranza di radermi la barba un giorno e compiere la promessa che feci davanti al feretro di mio figlio e di mia nuora. Matteo Messina Denaro ce l’ha nelle sue mani”

Dossier Arresto Matteo Messina Denaro

Foto di copertina © Our Voice

ARTICOLI CORRELATI

''Io lo so chi siete'', Palermo: presentato il film sulla storia di Vincenzo Agostino

Processo Agostino, tra coraggio e dolore, la forza di papà Vincenzo

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos